Chiediamo Casa, dalla parte del diritto all’abitare
Sabato 13 aprile alle 17 mobilitazione sotto la sede di AIRBNB in via Sassetti 32.
Mentre i valori immobiliari schizzano alle stelle (caro affitti a + 40%) e la città di Milano si agghinda a festa per la settimana del Design, a Milano qualcosa è cambiato, un nuovo movimento di base si candida a far sentire la propria voce attorno a parole d’ordine come partecipazione, diritto alla casa e diritto alla città: sono una decina ormai le realtà sociali, sindacali, studentesche e associative che hanno promosso la campagna Chiediamo Casa negli ultimi sei mesi, connettendosi tra i quartieri e promuovendo discussioni pubbliche, picchetti antisfratto, sportelli informativi, presidi e una mobilitazione diffusa sui temi dell’abitare.
A distanza da quasi un anno dalla prima tenda piantata in “Piazza Leo” davanti al Politecnico di Milano e dalla nascita del movimento delle Tende in Piazza per l’Italia, poche sono state le reali novità messe in campo dall’amministrazione cittadina, seppur attualmente il PD metropolitano sia in fase di riposizionamento – quanto sinceramente è tutto da verificare – rispetto a certe istanze sociali e abbia fatto recentemente ammenda sul “Modello Milano” a guida Sala. Ad oggi la maggioranza, il Consiglio comunale e la Giunta hanno fatto poco e male per la città sul nodo abitativo: basti pensare al caos in cui vertono i servizi abitativi temporanei e alle mancate assegnazioni a chi sta in condizioni di emergenza abitativa nei quartieri, agli oltre duemila sfratti che ormai dal post pandemia colpiscono il perimetro urbano, all’assenza di una politica abitativa che favorisca il diritto allo studio al netto di una popolazione studentesca in crescita, al fallimento del rinnovo del contratto locale per il canone concordato – misura spuntata e inefficace – peggiorato perché portato verso i valori di mercato, all’inchiesta giudiziaria della Procura della Repubblica che è in corso sulle attività svolte dall’ufficio di urbanistica del Comune di Milano.
All’interno di questo quadro raccapricciante qualcosa si muove. Dopo la due giorni di luglio organizzata a Mosso dal comitato Abitare in Via Padova “Abitare è un diritto” e la costituzione di un nuovo coordinamento cittadino, ha preso vita la campagna “Chiediamo Casa” che da poco più di sei mesi prova a fare pressione sulle istituzioni contestando l’odierno modello di sviluppo urbano e avanzando proposte concrete su piani di quartiere, sui processi di partecipazione, sui progetti di riqualificazione urbana che generano processi di espulsione e non producono inclusione sociale, sulla necessità di un nuovo piano di acquisizione pubblica per il patrimonio residenziale milanese.
Di qualche giorno fa la notizia, ancora fresca, del presunto congelamento della proposta di far partire, dopo l’approvazione di una delibera di Giunta ad inizio anno, l’iter burocratico per avviare la finanziarizzazione delle case popolari a Milano, un progetto targato Invimit SGR, che ad oggi sembrerebbe essere stato messo da parte, fino a data da destinarsi (speriamo mai, nda), se non altro a dopo le elezioni europee. Elezioni europee che vedono l’attuale Assessore alla Casa, Pierfrancesco Maran, impegnato in un’intensa campagna elettorale che se dovesse culminare con una sua elezione a Bruxelles lascerebbe vacante il suo attuale incarico nella Giunta Sala, per cui è già partito un toto nomi.
Nel frattempo Chiediamo Casa, proprio in concomitanza con una giornata di grandi mobilitazioni cittadine per la Palestina contro la guerra, dei cicloamatori e cicloattivisti con gli ambientalisti contro il nuovo regolamento stradale approvato dal Parlamento, su proposta del Ministro delle Infrastrutture Salvini, chiama a raccolta tutta la cittadinanza per un presidio, questo sabato 13 aprile alle 17, sotto la sede di Airbnb, in via Sassetti 32, titolo della manifestazione “Questa città non è un albergo” in cui la campagna promuove una regolamentazione degli affitti brevi, all’indomani della Design Week che genera in città fino a 25 mila alloggi in locazione breve solo quella settimana, togliendo opportunità di residenza tutto l’anno a studentesse e studenti, lavoratrici e lavoratori, a famiglie e a pensionati delle fasce più fragili economicamente e al ceto medio, considerando che più della metà delle case, circa 10 mila, vengono gestite da società o da multiproprietari.
“Basta grandi eventi e affitti brevi!” sembrano suggerire dall’organizzazione, quello di cui c’è bisogno ora non è certo la città delle olimpiadi invernali (sic!) Milano – Cortina 2026 né della Milano del post Expo 2015, in grado di attrarre grandi capitali privati e investimenti finanziari da parte di multinazionali, insieme a torme di turisti, senza che nessuno poi, istituzioni e imprese, si misuri con la necessità di ridistribuire ricchezza e valuti gli impatti sociali che questi processi economici generano sugli abitanti e sul territorio. Attualmente stiamo invece al contrario assistendo ad ampio raggio, in maniera sempre più chiara ed evidente, da parte delle persone e dei cittadini, ad una richiesta esplicita di inversione di tendenza rispetto al recente passato, in una direzione più equa e sostenibile, verso la costruzione di una città solidale ed inclusiva, una Milano per tutt* e di tutt*, alla ricerca di una visione più nitida per la città che meglio ci rappresenti.
di Angelo Junior Avelli
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