Contro ogni aspettativa, Mayday 2016
Mayday 2016.
Non era scontato, ma c’eravamo. E circa 2.000 persone erano in piazza con noi.
Sembrano lontanissimi i tempi dei “pionieri” quando per la prima volta, nel 2001, il faccione sorridente di Yuri Gagarin annunciava la prima Parade del precariato metropolitano.
All’epoca nessuno parlava di precarietà ed anzi, molti, anche a sinistra, tessevano le lodi della flessibilità (all’epoca la chiamavano così) sostenendo che sarebbe stata una grande opportunità di vita per un’intera generazione.
A 15 anni da quel Primo Maggio 2001 abbiam visto tutti com’è andata a finire e quanto fossero profetiche le idee visionarie della prima Mayday Parade.
Il 2001 sembra lontano, ma in qualche modo è anche vicino.
2016. Mayday anno zero si potrebbe scrivere.
Perché la Parade dei precari, in tutti gli anni 2000 è cresciuta a dismisura vedendo sfilare anche 150.000 persone.
Forte, in quel periodo, la dimensione festosa.
Poi, nel 2011, i temi politici sono tornati in prima fila.
E così si è arrivati alla Mayday 2014 che lanciava la volata lunga per il NoExpo con l’occupazione di The Ned.
Poi il Primo Maggio NoExpo dell’anno scorso.
In qualche modo uno spartiacque che ha chiuso molti spazi di agibilità e consenso in città.
Oggi si è rilanciato.
Si è rilanciato, ma bisognerà reinventarsi. Il contrasto all’idea del decoro come estetica della pulizia e come tappeto scintillante sotto cui nascondere la polvere dei problemi sociali, il protagonismo delle periferie e delle loro reti di attivismo, l’accoglienza e il rispetto dei diritti delle persone che migrano e… ovviamente il precariato, inteso come soggetto sociale, sono i temi di un futuro possibile.
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