Fondi europei: analizzare il presente per pretendere il futuro
“C’è un evidente bisogno generalizzato di sicurezza economica: soldi per continuare a fare una vita non sempre dignitosa. Il terrore e l’ansia psicologica dipendono da questo fatto qui. [..] Da un lato ci sono forme di redistribuzione che si possono fare subito [..] Dall’altro, però, dopo aver perso sei mesi di tempo, c’è un’urgenza storica di rimettere mano a questioni strutturali della nostra economia e della nostra società: distribuzione primaria, fisco progressivo su tutti i cespiti [..], diritto alla salute e dei lavoratori della sanità, della scuola, del trasporto, ecc…. La politica dei due tempi oggi non funziona. La crisi si gioca tutta nel primo tempo. A nulla servirà continuare a chiedere un po’ di più per la propria categoria (sociale, culturale, locale..) senza essere in grado di conquistare un terreno comune di consenso attorno a poche questioni chiave che rimangono le uniche per uscire da questa enorme vulnerabilità in cui la maggioranza si ritrova frammentata durante una crisi, che sarà lunga.” Scrive su Facebook Marta Fana, ricercatrice e saggista, il 25 ottobre 2020.
Torna, dunque, al centro del dibattito pubblico “la questione” dell’allocazione delle risorse economiche, ad ormai dieci anni dall’arrivo in Europa della crisi economica che da crisi dei titoli privati americani si trasforma in crisi dei debiti sovrani appena sbarca al di qua dell’Atlantico. Quindi, è importante ripartire da lì, la crisi economica si abbatte sui PIGS (Portugal, Italy, Greece and Spain) in maniera differente, a farne le spese maggiori sono soprattutto Grecia ed Italia a causa dell’elevato rapporto deficit/PIL. “Whatever it takes” è la celebre frase detta dall’allora direttore della Banca Centrale Europea, ex direttore della Banca di Italia, M. Draghi. Ma nel biennio 2012-14 cosa ha fatto la BCE per “combattere” la crisi del debito?
(Semplificando molto)
La BCE ha comprato titoli di stato italiani a prezzi vantaggiosi in cambio di riforme strutturali sul sistema di welfare e del lavoro in Italia (Legge Fornero sulle pensioni, Jobs Act di Renzi sono le più famose). La crisi del debito sovrano greco (come per l’Italia) parte da prima del 2010 e vi sono stati più “programmi” tra lo stato ellenico e la Commissione europea, quando la Grecia è ricorsa al MES (meccanismo europeo di stabilità) ha accettato prestiti immediati per far fronte alla mancanza di liquidità, firmando così il c.d. Patto col Diavolo con la troika (BCE+ Commissione europea + FMI- fondo monetario internazionale). Le richieste della troika (taglio valore dei debiti esistenti, ristrutturazione della spesa governativa) avevano come obiettivo ufficiale creare un sistema greco che non continuasse a far crescere il debito governativo. La liquidità immediata è stata barattata con una ristrutturazione integrale del sistema Grecia in un’ottica sicuramente rigorista e neoliberale, provocando una frattura tra cittadini ed istituzioni che non è ancora stata sanata (forse l’elemento che più colpì allora fu la vendita del porto del Pireo alla Cina, uno smacco enorme).
Arrivando alla crisi causata, o forse meglio dire accelerata, dal virus SARS-CoV-2 la domanda che tutti si fanno è come e soprattutto con quali strumenti combattere la crisi?
Gli strumenti fino ad ora proposti dagli esperti sono: MES, Next Generation EU (c.d. Recovery Fund, un mix di aiuti a fondo perduto-pochini- e prestiti agevolati-tanti) e aumento del debito pubblico. Il mondo politico si è diviso in modo molto “ideologico” tra liberisti (PD, Italia Viva, Forza Italia in testa) e populisti (M5S-sì no boh, Lega, Fratelli d’Italia).
Ma andiamo a capirci di più, Alessandro Lubello, giornalista di Internazionale, scrive: “Il principale vantaggio del ricorso al Mes è rappresentato soprattutto dalla possibilità di risparmiare. Attualmente l’Italia paga interessi dell’1,5-2 per cento sui titoli di stato a dieci anni: con gli interessi garantiti dal Mes, quindi, risparmierebbe circa 500 milioni all’anno per dieci anni. Non è una grande cifra per un paese che ha un debito pubblico di circa 2.500 miliardi di euro. Ma è innegabile il fatto che all’Italia 36 miliardi a tasso sostanzialmente nullo e a lunga scadenza concessi per rafforzare il sistema sanitario in un momento come questo facciano comodo.” Mentre sul giornale dei padroni (Sole 24h) Dino Pesole scrive: “il monitoraggio sullo “stato di avanzamento” delle riforme e degli investimenti, precondizione assoluta per accedere alle quote annuali del Recovery Fund, sarà preciso e cogente, con annesso il “freno di emergenza”, una sorta di warning che scatterà nei confronti di chi non rispetterà il timing concordato. I fondi del “New Generation Ue” sono esplicitamente subordinati a un piano di riforme che il Governo dovrà presentare entro metà ottobre dopo aver messo a punto la Nota di aggiornamento del Def. Una sorta di work in progress, dunque.”
Il professore Andrea Fumagalli, su Effimera.org, analizzando la proposta del Next Gen. EU, scrive: “Per l’Italia, il rapporto sovvenzioni/prestiti si riduce notevolmente rispetto alla media europea arrivando a 0,64, a riprova di come il nostro paese, considerato meno affidabile, si trovi già in una situazione penalizzata. A ciò si aggiunge il rischio che tali aiuti, secondo quanto richiesto, soprattutto dall’Olanda, siano fortemente condizionati dall’obbligo di fare delle riforme strutturali al fine di ridurre il rapporto debito/Pil.”
Non sembra, dunque, la “risoluzione di tutti i mali” auspicata dal nostro presidente del consiglio.
Fumagalli, nella conclusione del suo articolo nota come “l’Italia verserà 96,3 miliardi in più per il bilancio europeo per riceverne 82 come sussidi e 125 come prestiti. Quindi, se c’è qualcosa che viene dato “a fondo perduto”, sono i 13,3 miliardi che l’Italia mette in più rispetto a quelli che riceve come sussidio, mentre i soldi reali che ottiene sono tutti a prestito. 6/7 Non proprio un ottimo affare. E già sappiamo che i soldi che l’Italia riceverà (a partire dal 2021 e che dovrà restituire entro il 2058) non saranno gratis.” [per un approfondimento sulla questione debiti sovrani e fondi europei si raccomanda una lettura integrale dell’articolo di A. Fumagalli]
Sempre riprendendo l’analisi di Fumagalli si evince che non è implausibile che le condizioni poste per accedere invece al Fondo Salva Stati (MES) risultino meno stringenti, essendo tali risorse (però, di gran lunga inferiori) vincolate al solo uso per l’emergenza sanitaria. Paradossi della governance europea!
Per concludere, pare di capire che dove ci si gira sempre debito si parla. Per quanto è fuori discussione ignorare le proteste che a partire da Napoli attraversano l’Italia in questo periodo, vi è una duplice necessità: liquidità immediata a tutte le persone che hanno visto ridursi i redditi del 2020 a causa delle restrizioni ma soprattutto ripensare il sistema di welfare italiano.
Non mi dilungherò sulle carenze del welfare italiano ma è importante notare il passaggio dal welfare state del secondo novecento al “workfare” delle riforme post crisi del 2010 (su cui vi è un’enorme letteratura a riguardo, vedi tra gli altri: Fumagalli, Vercellone). Sarà quindi compito di chi vuole immaginare un mondo che verrà diverso dal presente riuscire a tenere insieme le seguenti richieste:
- Liquidità immediata, meglio se a fondo perduto ma in assenza anche prestiti.
- Un reddito di base incondizionato, perché la nostra esistenza è messa a valore dai giganti del capitalismo delle piattaforme senza che noi riceviamo neanche un briciolo dei profitti guadagnati. Addirittura, citato da Frattoianni (LeU) nell’edizione delle 20 del 25/10/2020 sul TGLa7 sotto forma di “reddito di cittadinanza universale”.
- Ribaltare i pilastri dell’unione a 27 ½, da un’unione ancora troppo economica ad un’unione di cittadini e cittadine, dove i diritti collettivi siano il motore e non un’appendice rispetto all’attuale impostazione nella quale merci e capitali (di paesi terzi) possono circolare liberamente a differenza delle persone.
- Rimettere mano a questioni strutturali della nostra economia e della nostra società, quindi come scrive Marta Fana: distribuzione primaria, fisco progressivo su tutti i cespiti (quindi Ires progressiva non flat perché un piccolo imprenditore non deve pagare la stessa aliquota di uno grande, …), diritto alla salute e dei lavoratori della sanità, della scuola, del trasporto, ecc…. La politica dei due tempi oggi non funziona. La crisi si gioca tutta nel primo tempo.
- Last but not least, una rivoluzione o transizione ecologica (dipende dall’approccio marxista o keynesiano) per ridurre l’impatto della nostra società sul pianeta senza che ciò venga fatto a spesa delle fasce più deboli della popolazione.
We won’t return to normality, because normality was the problem
(Non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema)
Riferimenti nel testo:
- Recovery Fund e Mes: quale dei due strumenti ha più condizionalità?, di Dino Pesole (sole 24 ore)
- Cos’è il Mes e perché l’Italia non dovrebbe averne paura, Alessandro Lubello, giornalista di Internazionale, 1 luglio 2020
- L’accordo europeo per il Recovery Fund | Paesi “frugali”, vantaggi per l’Italia e fake news – di Andrea Fumagalli, 25 luglio 2020
- Marta Fana, profilo facebook, post del 25/10/2020
Approfondimenti bibliografici:
- Il comune come modo di produzione, Vercellone
- Economia Politica del Comune, Fumagalli
- Basta salari da Fame, Marta e Simone Fana
- Platform capitalism, Nick Srnicek (prof. Kings College, London)
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