Lavorare nell’accoglienza nel QUI e MAI PIU’ di Salvini

A poche ore dal corteo NoCpr di domani un’importante testimonianza dal mondo dell’accoglienza sui giganteschi danni prodotti dal Decreto Salvini.

Lavoro come operatrice nell’accoglienza da 2 anni e ho conosciuto due tipi di utenze: minori stranieri non accompagnati e adulti, ospiti nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) di Milano. È arrivato un momento in cui sento il dovere di esprimermi e di urlare a gran voce le circostanze in cui, assieme ai miei colleghi, mi trovo a operare a causa di queste manovre politiche assassine e neo-fasciste. Approfondirò dunque qui di seguito la situazione che stanno vivendo gli ospiti dei CAS, realtà che ora è a me più vicina, e al contempo le difficoltà che incontriamo noi operatori dell’accoglienza.

Nonostante il decreto Minniti-Orlando nel 2017 avesse già ridotto e leso gran parte dei minimi diritti riservati ai migranti sul nostro territorio italiano, dopo il 4 ottobre 2018, con l’approvazione del Decreto Legge Salvini, la situazione si è deteriorata inesorabilmente andando a generare il caos. Le rette destinate a ogni ospite vengono ridotte da 35 euro al giorno a 21 (da notare che in questi soldi rientrano anche gli stipendi degli operatori). In nome della “sicurezza” la tendenza è quella di chiudere le reti degli appartamenti a disposizione per l’accoglienza diffusa, in favore dei Grandi Centri CAS, così da poter pagare circa 150.000 operatori in meno su tutto il territorio italiano e, di conseguenza, lasciando in carico molti più ospiti ai pochi superstiti del mestiere, indotti a svolgere sostanzialmente un mero lavoro di “sorveglianza”. Anche le ore di assistenza sociale, da bando, verranno ridotte a 8 per ogni settimana, quasi 1/5 di un normale tempo pieno. L’unico ruolo che si prevede rimanga inalterato è dunque quello del Custode diurno e notturno.

L’obiettivo di questa legge consiste nella trasformazione dei Centri di Accoglienza a parcheggi per albergatori che dell’accoglienza fanno un mero business, annichilendo l’importanza del ruolo dell’operatore sociale. L’approvazione di questo bando della Prefettura per il rinnovo della rete CAS di Milano, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lunedì scorso, 11 febbraio, segue esattamente queste linee guida inducendo così le associazioni e le cooperative più valide a scegliere di non parteciparvi per una questione morale e, soprattutto, politica. Incentiverà invece il magna magna per tutti coloro che lucrano sull’immigrazione, perché in fondo, per loro, la riduzione della retta giornaliera incide “solo” sugli utenti, e della qualità del servizio chissenefrega! Gli operatori magari poi mai manco li hanno mai avuti…

Oltre a questo si aggiunge lo spaesamento degli ospiti, e sono in tanti, che un permesso l’hanno anche ottenuto, ma purtroppo, grazie a questo decreto, non ha più nessun valore, il famoso “permesso per motivi umanitari”. Questo tipo di permesso avrebbe valenza di 2 anni, è convertibile in permesso di lavoro e fino ad ora era quello maggiormente rilasciato in Italia. Esso prevedeva che: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”. Dal 5 ottobre questo tipo di permesso non esiste più (per fortuna non in maniera retroattiva) e viene sostituito con la salviniana “Protezione Speciale”, ovvero un permesso da rinnovare ogni anno, previo parere Commissione Territoriale e che non è convertibile in lavoro subordinato o autonomo, nonostante preveda la possibilità di lavorare in maniera subordinata. Che poi, detto fra noi, meglio quasi non ottenere questo tipo di “protezione” e rimanere richiedenti asilo… Si hanno più diritti e soprattutto si ha ancora la possibilità di sperare in un futuro migliore. Grazie a  queste manovre succede che le persone che hanno ottenuto il permesso umanitario prima del 5 ottobre riceveranno le cosiddette “revoche dell’accoglienza”. La politica “per la sicurezza” odierna chiederebbe dunque di accompagnare gentilmente tutte queste persone alla porta  e, poco importa che questi siano donne con a carico più bambini piccoli o interi nuclei familiari. La domanda dovrebbe poi sorgere spontanea: “Cosa faranno dopo queste persone sotto un ponte?” Ma ai leghisti e al Movimento 5 Stelle questo non sembra essere un problema, l’importante è togliere la casa a queste persone.

Io da operatrice dell’accoglienza, credo ci debba essere un rifiuto generalizzato e categorico di complicità a questo sistema e ritengo che, in casi come questi, sia un dovere morale disobbedire a costo di risultare illegale.

Tengo inoltre a sottolineare che, ebbene sì, siamo pagati anche noi operatori dell’accoglienza, non siamo tutti solo volontari perbenisti. Tuttavia queste professioni sono così svalutate da indurre le persone a guardare chi le pratica, prima con cautela e diffidenza, perché queste professionalità continuano a rimanere un mistero, oppure ancor peggio, con disprezzo, quando incontri gente medievale e becera. Siamo abituati infatti a dover intavolare una discussione politica ogni volta che rispondi alla prima domanda classica dei convenevoli: “Che lavoro fai?”… al panificio, dal parrucchiere, all’ATS, all’Agenzia delle Entrate, ovunque si vada si innescano puntualmente le solite chiacchiere da bar, le generalizzazioni a cui, in certi momenti, sarebbe anche bello riuscirci a sottrarre e staccare la spina… Ma poi non ce la si fa e forse meglio così; far sentire la nostra voce è una delle armi più forti che abbiamo e che nessuno ci potrà mai togliere, far sentire l’orgoglio che proviamo nel scegliere da che parte stare ogni giorno e in ogni momento, superando le difficoltà che questo comporta. Ad Maiora!

Sole

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