Per chi balla con la morte – Nikos Romanos

romanos-nikos-greek-13In Grecia di nuovo scoppia la rivolta anarchica, non che si sia mai placata, a dire il vero.

La scintilla parte dalla vicenda di Nikos Romanos, coetaneo e amico di Alexis, in carcere per una rapina di cui se ne rivendica la responsabilità come anarchico militante.

Dal suo arresto si dichiara prigioniero politico pur negando l’affiliazione alla Cospirazione delle Cellule di Fuoco, formazione insurrezionalista. Rifiuta persino di denunciare i poliziotti che hanno torturato lui e i suoi compagni nelle prime ventiquattro ore del suo arresto: rifiuta perchè ribadisce: “..io non sono una vittima”. Nonostante circolino le foto dei loro visi orribilmente tumefatti.

Dopo più di venti giorni di sciopero della fame il ministero della giustizia continua a negargli il permesso per studiare, secondo il regolare corso degli studi universitari.

Nikos ha risposto con la ferma volontà di rifiutare ogni tipo di alimentazione forzata.

È bene ricordare che la sua vicenda ha riacceso le luci sugli abusi della polizia e, più in generale, sul livello della repressione in corso in Grecia.

Tra le numerose voci intervenute, anche Amnesty International ha ribadito il fatto che l’alimentazione forzata è da considerarsi a tutti gli effetti una forma di tortura.

Quindi o lo stato cede o lui muore.

Il punto è che in Grecia oramai da tempo si è rotto il patto sociale e non sono solo gli anarchici a dirlo ma anche economisti e sociologi. Quindi lo stato non ha più alcuna legittimità e impone la propria autorità con la forza e la violenza.

Perchè, da sempre, più lo stato è debole più è pericoloso.

La richiesta legittima e sostenuta da gran parte della società civile greca di esercitare un diritto riconosciuto per legge, mette in crisi un governo e ne svela la propria inettitudine e codardia.

Questa vicenda ricorda una storia drammatica e gloriosa allo stesso tempo: la morte di Bobby Sands e di altri nove volontari repubblicani irlandesi nel carcere di long kesh nel 1981, in seguito a uno sciopero della fame per essere riconosciuti come prigionieri di guerra. Questo fatto aprì la strada, molto lentamente, a un processo di pace che dura ancora adesso nonostante le gli esiti incerti.

Altri tempi, altri contesti, altri conflitti. Inutile sovrapporre situazioni diverse.

Proprio qualche giorno fà ricorreva il sesto anniversario dell’uccisione di Alexis. Nikos era un suo amico.

Lui e gran parte della sua generazione hanno perso l’innocenza quel 6 dicembre di sei anni fa.

Le strade di Atene e della Grecia tracimano di questa rabbia oscura ed esplosiva, chi c’è stato ha potuto vedere i ragazzi più giovani protagonisti sulle linee del fuoco.

Le parole che narrano questi tempi in Grecia riecheggiano immagini di guerra: quella della macelleria sociale imposta dalla Trojka al popolo greco.

Nella sua ultima lettera Nikos in un passaggio scrive:

La lotta comporta anche delle perdite. Lungo i sentieri che conducono verso una vita dignitosa dobbiamo prendere la morte per mano, rischiando di perdere tutto o di vincere tutto. La lotta continua con il pugno sul coltello, ancora e ancora…

la durezza di queste parole, la determinazione spinta fino all’estremo sacrificio di un ragazzo di vent’anni impongono rispetto. Da qualunque punto di vista lo si guardi, anche da parte di chi guarda da lontano, geograficamente e politicamente, questa storia. Dove la rabbia giusta e degna può viaggiare a braccetto con il culto della morte di un certo anarchismo.

per approfondire:

atenecalling.org

 

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *