Mi bombo es mio

AbortoIn Spagna è in discussione un disegno di legge che propone di proibire l’aborto rendendolo un reato che verrebbe depenalizzato solo in particolari e specifiche situazioni. L’aborto sarà concesso fino alla 14esima settimana in caso di stupro e fino alla 22esima in caso di pericolo per la saluta psico-fisica della donna, con una complessa procedura per stabilire quando questo rischio sussista, scompare totalmente la riflessione sulle condizioni del feto (la legge in vigore prevede la possibilità di abortire fino alla 22esima settimana in caso di gravi malformazioni). La Spagna torna al 1985, cancellando anni di riforme e di conquiste.

Il 1 febbraio le donne spagnole manifesteranno a Madrid contro questa legge con lo slogan, semplice ed efficace, “Porque yo decido” (perché decido io) e numerose manifestazioni di solidarietà sono state organizzate in tutta Europa, anche a Milano, di fronte al Consolato spagnolo.

Questa solidarietà europea non è solo il moto sentito di vicinanza con alcune donne che si vedono private dei loro diritti, ma esprime la possibilità di un’Europa capace di portare avanti campagne politiche comuni, capaci di non essere solo critiche, ma anche affermative e propositive. Quell’Europa che a dicembre si è vista affossare davanti agli occhi la risoluzione Estrela (dal nome della proponente) che riconosceva un diritto non solo nell’aborto ma anche in una corretta educazione sessuale e criticava fortemente l’obiezione di coscienza. Questa risoluzione è stata respinta anche per l’astensione di 6 parlamentari del PD che hanno votato diversamente dal gruppo dei socialisti europei e hanno permesso che passasse la risoluzione dei popolari che lascia libertà in materia di diritti riproduttivi ai singoli Stati. La frammentazione europea in materia di diritti riproduttivi è evidente e drammatica e consente/costringe le persone a spostarsi in altri Stati per accedere a diritti negati nel proprio, relegando la possibilità di usufruirne a seconda delle disponibilità economiche, producendo diseguaglianze ed ingiustizie.

La solidarietà alla Spagna, anche, un modo per porre in questione un processo revisionista che in maniera più subdola agisce anche in Italia, dove la legge 194 è costantemente negata dall’altissima percentuale di medici e farmacisti obiettori di coscienza che negano anche la pillola del giorno dopo, nonostante sia contraccettiva e non abortiva e dove, ad esempio in Lombardia, vengono costantemente tagliati i fondi ai consultori pubblici e ne vengono stanziati altri per i Centri di Aiuto alla Vita. In questa Italia sempre più retrograda ritorna prepotentemente la domanda che Carla Lonzi si poneva nel 1971: “le donne abortiscono perché restano incinte. Ma perché restano incinte?” che sposta l’attenzione dal diritto all’aborto a quello dell’autodeterminazione e ad una sessualità libera, consapevole e felice.

La battaglia per l’aborto, infatti, è una battaglia per la possibilità di scegliere, sempre, dal primo bacio alla sala operatoria, senza subire scelte di altri. Non a caso, infatti, l’attacco al diritto all’aborto in Italia passa anche dalla scomparsa dell’educazione sessuale nelle scuole e si accompagna alle difficoltà di poter accedere alla procreazione assistita ed alla mancanza di servizi per la maternità che non si basino sulla famiglia.

La battaglia per il diritto all’aborto, e la solidarietà alla Spagna, è una battaglia per non dover abortire, per poter ricercare il proprio piacere senza norme dettate da altri, in incontri il più possibile liberi da paure e tabù, e per poter decidere del proprio corpo, riappropriandosene con gioia.

Presidio “Yo decido” in solidarietà con le manifestazioni spagnole

1 febbraio, h 14.30, davanti al Consolato spagnolo, via Fatebenefratelli 26

 

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