[DallaRete] SIRIA. Tal Abyad, battaglia curdi-Isis: in migliaia in fuga in Turchia
Almeno 2mila persone stanno attraversando il confine dopo l’apertura dei valichi da parte di Ankara. Le Ypg curde avanzano e minacciano l’assedio islamista. Erdogan strepita: i curdi fanno più paura del califfo.
Roma, 15 giugno 2015, Nena News – L’ennesimo esodo, l’ennesima fuga dalla polveriera siriana e le barbarie dell’Isis: le foto scattate al confine tra Siria e Turchia ricordano le masse di rifugiati iracheni che raggiunse il Kurdistan un anno fa, dopo la caduta di Mosul; o ancora, la fuga degli yazidi rimasti intrappolati per settimane dall’assedio islamista sul Monte Sinjar; o quella dei curdi di Kobane, costretti ad abbandonare le proprie case mentre i combattenti delle Ypg le difendevano dal califfato.
Le mille guerre che vengono combattute in Siria sono le guerre dei profughi: quasi 4 milioni secondo l’Unchr quelli fuggiti all’estero, su una popolazione totale di 23 milioni. A questi se ne sono aggiunti in pochi giorni altri 2-3mila scappati dalla battaglia in corso a Tal Abyad, città siriana al confine con la Turchia, tra Stato Islamico e combattenti curdi.
Ieri le autorità di Ankara, dopo aver chiuso le frontiere nei mesi passati per impedire nuovi flussi di rifugiati curdi siriani (considerati minaccia alla stabilità interna perché per lo più provenienti dai cantoni di Rojava, vicini ideologicamente al Pkk), ha deciso di permettere il passaggio di circa 2mila persone attraverso il valico di Akcakale. Molte famiglie, in attesa da giorni, non hanno aspettato che il valico venisse aperto e hanno attraversato il filo spinato del confine, con poche borse e valige con sé mentre dall’altro lato si continuava a combattere.
Sono infatti quasi due milioni i profughi siriani in Turchia, molti dei quali curdi del nord che hanno trovato accoglienza nei comuni del Kurdistan turco, che forniscono loro tende, cibo e medicinali senza ricevere spesso alcun sostegno finanziario da Ankara. Un’accusa a cui il governo ha risposto due mesi fa, affermando di aver speso 4.8 milioni di euro per l’assistenza ai rifugiati dalla Siria. E di nuovo pochi giorni fa: Ankara avrebbe fatto entrare già 13mila siriani e turkmeni in fuga da Tal Abyad.
Sul terreno, intanto, la battaglia a Tal Abyad continua: nelle ultime ore i curdi hanno guadagnato terreno e sono avanzati verso l’ingresso della città prima occupata dallo Stato Islamico. Una città strategica perché via di rifornimento per i miliziani islamisti dalla Turchia a Raqqa, “capitale” del califfato”, e perché a metà tra il cantone di Kobane a la città curda di Hassakeh a nord est. Ieri un comandante delle Ypg curde, Hussein Khojer, ha detto che i suoi combattenti sono a 50 metri dall’ingresso sud di Tal Abyad: “Stiamo combattendo per il controllo del primo checkpoint”.
L’Isis tenta di resistere: ha fatto saltare in aria due ponti per impedire il passaggio curdo, ma – sottolinea il funzionario curdo Idris Naasan – lo Stato Islamico ha già abbandonato la vicina comunità di Suluk, ripresa dalle Ypg. Alle armi curde si stanno aggiungendo i raid Usa: le Ypg si starebbe coordinando con la coalizione per la riconquista di Tal Abyad.
Erdogan non sa chi scegliere: il presidente turco si è chiaramente detto preoccupato dall’avanzata curda al confine, per gli stretti legami con il Pkk di Ocalan. “Non è un buon segno. Questo potrebbe condurre alla creazione di una struttura che minaccia i nostri confini”. Così, da mesi, Ankara giustifica il mancato sostegno alla lotta curda nel nord della Siria: nel lungo periodo di assedio di Kobane, dalla Turchia non sono giunti aiuti né finanziari né militari e l’esercito di Ankara è stato istruito perché aprisse il fuoco contro i combattenti curdi siriani e turchi che tentavano di passare il confine per sostenere la battaglia di Kobane.
Un’accusa a cui si aggiungono le tante prove, video e foto, di sostegno diretto ai miliziani dell’Isis che dall’esercito turco avrebbero ricevuto non solo libertà di movimento, ma anche armi. Tutto per garantire una chance al sogno del sultano Erdogan, diventare punto di riferimento mediorientale attraverso la distruzione della Siria e l’annichilimento del progetto nazionale curdo.
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