Ventimiglia – Liberté, egalité, fraternité vuol dire ouvrir les frontières
Nella giornata internazionale del profugo, il 20 Giugno, abbiamo deciso di andare a Ventimiglia per sostenere la manifestazione indetta per chiedere alla Francia l’apertura dei confini.
Da diversi mesi infatti le coste europee si sono trovate a gestire un flusso migratorio che non avveniva da decenni, dal Sudan all’Eritrea hanno iniziato a fuggire verso l’Italia migliaia di persone a causa della guerra, della miseria ma soprattutto a causa delle persecuzioni – politiche, razziali e di genere.
Sono tantissimi i barconi e i pescherecci con centinaia di persone che l’Italia ha tratto in salvo sulle proprie coste. 800 sono le morti nel Mediterraneo di chi non ce l’ha fatta solo dell’ultimo grande naufragio salito agli onori della cronaca.
La lunga odissea di alcuni di questi profughi arriva fino a Ventimiglia, dove una volta giunti al confine tra l’Italia e la Francia si scontrano contro la sospensione del Trattato di Schengen, con la polizia che si schiera su una linea immaginaria e impedisce di passare.
Da ormai tre settimane sugli scogli di Ventimiglia Confine dormono a turno 200 migranti in attesa che qualcosa si mobiliti ai piani alti d’Europa.
Vogliono passare. Tra i piani del loro lungo viaggio non è previsto il tornare indietro, e per questo motivo si sono organizzati per darsi il cambio, e aiutati dagli attivisti e dalla protezione civile, sopravvivono con dignità alle intemperie.
Loro sanno bene cosa vogliono, non lo sa però la Francia e in maniera più grave non lo sa l’Europa, e si arriva a questa situazione di stallo.
La manifestazione di sabato scorso partita dalla stazione di Ventimiglia ha messo in campo un grosso atto di forza, mentre la risposta dalle istituzioni è stata la militarizzazione delle strade e il blocco di macchine e treni in arrivo da altre città solidali alla causa.
Nonostante questo infatti sono scese in piazza migliaia di persone, una grossa fetta del corteo comprendeva i migranti che da giorni dormono in stazione, e anche la partecipazione cittadina ha colorato e arricchito la manifestazione.
Una manifestazione da giorni criminalizzata dai media, mescolatori di frasi vuote come “arrivano i black bloc”.
La forza del corteo ha travolto la città, c’è chi ne ha tratto energia per resistere sugli scogli e chi ha capito che i migranti non sono soli in questa lotta; dai ragazzi e dalle ragazze che a Ventimiglia, Imperia e San Remo lottano da anni per i diritti degli immigrati ai solidali venuti da altre città.
La questione comunque rimane ancora aperta, l’unica preoccupazione della Francia è di non far passare quella bassissima percentuale di migranti nei suoi territori.
Il gesto di non tornare indietro è anche un gesto politico per porre ai paesi europei il problema di un’emergenza umanitaria che loro stessi hanno contribuito a creare.
L’Eritrea e il Sudan, i paesi con più persone in fuga verso l’Europa, sono governati da dittature militari sostenute dagli stessi che adesso creano barriere per respingerli.
Questo problema deve essere affrontato, chiudere gli occhi di fronte a uomini e donne che chiedono di passare per riniziare una vita è un comportamento schifoso, poiché noi abbiamo un debito nei loro confronti, il debito di sangue, sparso dell’Occidente attraverso il colonialismo e il neocolonialismo che ha fatto passare degli “assassini tecnici” per “degli assistenti tecnici”, distruggendo l’economia di decine di paesi africani, come ci ha insegnato il compagno Thomas Sankara.
“Liberté, Egalité, Fraternité” vuol dire “ouvrir les frontières!”
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