[DallaRete] Siria – L’Onu esclude i Kurdi dal negoziato
Dopo il diktat della Turchia (“Boicotteremmo se le Ypg parteciperanno), le Nazioni Unite non invitano Rojava a Ginevra. Che traballa: le opposizioni vicine al Golfo non hanno ancora deciso. –
Roma, 27 Gennaio 2016, Nena News – Le opposizioni siriane, riunite sotto l’ombrello dell’Alto Comitato per i Negoziati (HNC), non hanno ancora risposto alle Nazioni Unite. Ieri a Riyadh avrebbero dovuto decidere se volare o meno a Ginevra dove venerdì dovrebbe aprirsi il negoziato siriano, dopo il rinvio di lunedì. Ma non ha comunicato nulla, la decisione – dicono dall’Arabia Saudita – sarà resa nota oggi. Non mancano voci pessimiste tra i partecipanti al vertice: non ci sarebbe consenso perché una parte dei gruppi anti-Assad vogliono prima il rispetto delle precondizioni poste, ovvero lo stop dei raid russi, la fine degli assedi nelle città controllate dai ribelli e la liberazione dei prigionieri politici.
Nella serata ieri il portavoce dell’HNC, Salim al-Muslat, ha sciolto un po’ di dubbi parlando di “visione positiva del negoziato” da parte delle opposizioni: “Ci sono alcune domande, una lettera è stata inviata al segretario generale Ban Ki-moon e all’inviato per la Siria de Mistura. Non poniamo ostacoli di fronte alla soluzione politica, ma vogliamo alcune spiegazioni: ad esempio cos’è un governo ad interim”.
Un percorso che resta quantomeno accidentato e che non fa ben sperare i promotori del dialogo, Onu, Usa e Russia. Dopo l’accordo trovato a Vienna a novembre dalla comunità internazionale e dopo la risoluzione delle Nazioni Unite di dicembre che suggellava il processo negoziale come soluzione alla crisi, il mondo si è accorto che non poteva fare i conti senza l’oste. Ovvero con chi poi è chiamato a negoziare: le opposizioni siriane.
Se il governo di Damasco si è da tempo detto pronto al dialogo, le opposizioni continuano a tirare la corda, sostenute dal Golfo a cui tanti rinvii non fanno che bene: ad oggi il potere contrattuale dell’Arabia Saudita e in parte della Turchia non è consistente quanto quello iraniano e russo, sia per le vittorie registrate dal cosiddetto asse sciita sul terreno che per il comportamento diplomatico delle potenze regionali.
Ne è chiaro esempio il diktat lanciato ieri dalla Turchia: il premier Davutoglu, in un incontro con i parlamentari dell’Akp, ha ribadito il boicottaggio da parte di Ankara del negoziato di Ginevra se al tavolo saranno presenti anche i kurdi siriani del Pyd, Partito dell’Unione Democratica.
«Crediamo che debbano esserci kurdi, arabi, turkmeni, sunniti, cristiani. Tuttavia siamo contrari a Ypg e Pyd». Perché sono terroristi come il Pkk: questa è la visione che la Turchia intende imporre ad un Occidente “confuso”: gli Stati Uniti hanno da qualche mese preferito all’alleanza militare con i gruppi moderati anti-Assad quella con le Unità di Difesa Popolare kurde, le Ypg, braccio del Pyd. Eppure è lo stesso paese che ha definito pochi giorni fa il Pkk “organizzazione terroristica”, fingendo di non vedere i legami strettissimi, politici, ideologici e militari tra Rojava e Pkk.
È la realpolitik. Che potrebbe però produrre seri danni: ieri sera il co-presidente del Pyd, Saleh Muslim, ha detto alla stampa di non aver ancora ricevuto nessun invito dall’Onu per partecipare al negoziato di Ginevra. Eppure ieri de Mistura lo aveva annunciato pubblicamente: tutti gli inviti sono stati recapitati, l’Onu ha invitato 15 negoziatori e 12 esperti. I nomi non sono stati resi noti, si aspetta che le varie parti invitate accettino.
Ha vinto Ankara e la sua brutale campagna contro il popolo kurdo. Poco fa il ministro degli Esteri francese Fabius ha detto di averne avuto la conferma dall’inviato per la Siria Staffan de Mistura: i kurdi del Pyd sono stati esclusi da Ginevra per “non creare troppi problemi”. Una posizione quantomeno particolare: potrebbero esserci i salafiti di Jaysh al-Islam, ora alleati dei moderati, ma non chi ha strenuamente combattutto l’Isis sul terreno.
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