Ventimiglia – Una giornata da ordinario Stato di Polizia
Ieri mattina verso le 11.00 sono arrivata a Ventimiglia per vedere con i miei occhi ciò che accade al confine con la Francia.
Mi ci vuole poco per capire come vanno le cose. In stazione ci sono 2 agenti della Polfer e 3 alpini che impediscono ai migranti di raggiungere i treni. Mi reco subito alla frontiera e mentre mi avvicino al confine passano due pullman pieni di rifugiati scortati da mezzi della Polizia. È una deportazione. La destinazione è ignota, i ragazzi verranno spediti come dei pacchi postali in giro per l’Italia. Altri ancora hanno provato ad arrivare in Francia, ma sconfitti sono tornati indietro.
Tutto questo accade in meno di un’ora.
Verso il centro della città la situazione è apparentemente tranquilla. La Polizia tenta di nascondere il problema ai turisti in vacanza come si fa con la polvere spazzata sotto i tappeti. I profughi vengono deportati e le iniziative di solidarietà pubbliche represse consegnando fogli di via ai solidali.
Tre giorni fa è stato sgomberato il campo informale che si era creato nelle vicinanze di quello ufficiale della Croce Rossa. Questo ha costretto i profughi a passare al campo istituzionale e tesserarsi per ottenere i servizi minimi. Intorno alle 13 ci arriva la notizia che all’interno del centro sono stati serviti 750 pasti, assurdo se si pensa che nominalmente esso potrebbe ospitare solo 300 persone. Il pranzo consiste in: mezzo pezzo di pane, un cucchiaio di riso e una mela.
Quello che dovrebbe essere un centro di accoglienza somiglia sempre di più ad un centro di detenzione.
I profughi sono costretti a vivere ammassati all’interno di una struttura recintata, in condizioni squallide, rispettando gli orari del coprifuoco e sotto il costante controllato dalla Polizia. Tutto questo contro la loro volontà.
Anche per i solidali le cose non sono facili: raccolgono cibo, abiti e medicinali per i profughi e li accompagnano in ospedale se hanno bisogno di cure mediche, ma per fare tutto questo rischiano quotidianamente di ricevere denunce o fogli di via.
Questa è l’Italia che si vanta di essere un paese alfiere dei diritti umani, ma che di fatto nega la libertà di movimento a chi scappa da guerre, miseria e povertà.
Concludo la giornata prendendo il treno delle 19:00. A bordo l’unico pensiero fisso riguarda la giornata appena passata e la situazione vissuta. Il pensiero va a quei profughi che non vengono trattati come esseri umani e ai solidali che per quanto vogliano aiutare non riescono a dare un grande sostegno. Pensare e ripensare a come la situazione possa essere risolta. E non nego il disprezzo nel pensare a una società che si spaccia per democratica ma che, vista la situazione, così non sembra. La cosa che forse fa più riflettere, è che queste azioni, sono agli occhi di tutti, ma effettivamente pochi le vedono, o forse non vogliono vederle.
Martina
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