Gerusalemme – Altre truppe nei Territori, l’Onu condanna le violenze israeliane – Nena News
Altri due giovani palestinesi uccisi. Dopo la morte di tre palestinesi e tre israeliani ieri, le Nazioni Unite chiedono l’apertura di un’inchiesta. L’Anp congela i rapporti con Tel Aviv che aumenta i soldati in Cisgiordania. Manifestazioni nel mondo a sostegno di al-Aqsa.
AGGIORNAMENTI:
ore 21.30 – UN SECONDO PALESTINESE UCCISO AD ABU-DIS
Ad Abu Dis è morto poco fa sotto il fuoco israeliano un altro giovane palestinese di 18 anni
ore 20.45 – UCCISO UN PALESTINESE A EL-AZARIYA
Poco fa un palestinese di 24 anni, Yousef Kasur, è morto per le ferite riportate: era stato colpito dal fuoco sparato dall’esercito israeliano nel villaggio di El-Azariya, in Cisgiordania. Un altro manifestante, a cui è stato sparato, versa in gravi condizioni. Manifestazioni di protesta sono proseguite oggi sia a Gerusalemme che nelle comunità della Cisgiordania. Ad Umm al-Fahem, città palestinese nello Stato di Israele, la polizia ha disperso i manifestanti con la forza.
Per domani è prevista una nuova “giornata della rabbia”, proclamata oggi da Ramallah dai leader dei vari partiti politici palestinesi.
I negozi di Gerusalemme est hanno abbassato le saracinesche oggi per commemorare i tre giovani palestinesi uccisi ieri durante le manifestazioni di piazza. Prosegue anche oggi la protesta fuori dalla Spianata: come ieri e i giorni precedenti i fedeli hanno pregato di fronte alle porte di Damasco e dei Leoni.
ore 13.50 – BILANCIO DEI FERITI: 450 QUELLI CURATI FINO A QUESTA MATTINA
Con gli scontri tra manifestanti palestinesi e polizia e esercito israeliani proseguiti fino all’alba, la Mezzaluna Rossa ha emesso il bilancio delle persone curate: 450 i feriti tra Gerusalemme e Cisgiordania di cui 23 da pallottole, 147 da proiettili di gomma, 65 per fratture dovuti a aggressioni delle forze israeliane e 215 da inalazione di gas lacrimogeni.
ore 12 – SPARI CONTRO UNA SINAGOGA IN UNA COLONIA
I residenti della colonia israeliana di Avnei Hefetz hanno riportato – scrive il Jerusalem Post – di colpi di arma da fuoco sparati nella notte vicino alla sinagoga dell’insediamento. L’esercito ha trovato una pallottola.
ore 11.20 – MEDIA ISRAELIANI: IN PREPARAZIONE LA DEMOLIZIONE DELLA CASA DI AL-ABED
della redazione
Roma, 22 luglio 2017, Nena News – Il giorno dopo il venerdì della rabbia e la durissima repressione delle forze militari israeliane si contano le vittime. Tre palestinesi uccisi(Muhammad Mahmoud Sharaf, 18 anni del quartiere di Ras al-Amud; Muhammad Hasan Abu Ghanam, 20 anni; e Muhamad Mahmoud Khalaf, 17) durante le proteste per al-Aqsa e tre coloni israelian accoltellati a morte nella loro casa nell’insediamento di Halamish, in Cisgiordania (il padre di circa 60 anni e i due figli di 40 di cui non sono stati pubblicati i nomi).
Stavano cenando quando sono stati colpiti da un palestinese, Omar al-Abed, infilitratosi nella colonia. Un soldato in riserva ha sentito le grida ed è intervenuto, sparando all’aggressore, ora in ospedale.
Morti che hanno subito provocato un innalzamento delle tensioni: l’esercito israeliano ha già dispiegato un maggior numero di truppe, un numero non specificato da Tel Aviv, in Cisgiordania. E arrivano i primi arresti: il fratello 20enne dell’aggressore, Monir, è stato portato via nella notte dopo una perquisizione della casa di famiglia nel villaggio di Kobar.
La situazione è esplosiva: la repressione vista ieri a Gerusalemme non si vedeva da anni, dal 2014 e dagli anni dell’Intifada, con la polizia di frontiera che sparava ad altezza d’uomo contro le migliaia di manifestanti palestinesi accorsi intorno alla Città Vecchia per protestare i cambiamenti dello status quo della Spianata delle Moschee. Nella giornata di ieri, secondo il Palestinian Prisoners Club, sono stati arrestati 21 palestinesi, di cui 10 residenti a Gerusalemme. Quasi 400 i feriti.
Questa mattina è intervenuto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha “duramente criticato” l’uccisione di tre palestinesi e chiesto un’inchiesta immediata sulle violenze della polizia. Ha poi fatto appello a entrambe le parti perché evitino azioni che possano generare l’escalation di una situazione già volatile. E il suo portavoce, Farhan Haq, ha aggiunto che l’Onu comprende “le preoccupazioni sulla sicurezza ma ritiene importante che lo status quo del sito non sia modificato”.
Reazioni giungono anche dal mondo arabo e islamico dove, alle attese condanne a parole delle leadership, hanno fatto da contraltare le migliaia di persone scese in piazza per manifestare solidarietà al popolo palestinese: in Yemen, Giordania, Turchia, Malesia, Sudan e Indonesia, migliaia di persone hanno marciato per al-Aqsa, mentre in Sudafrica – paese da decenni al fianco della causa palestinese, con cui condivide una storia di segregazione – la società civile ha chiamato al digiuno, ogni giovedì, “finché al-Aqsa non sarà liberata”.
Parlano anche le chiese cristiane di Gerusalemme che con un comunicato congiunto(firmato dai patriarcati greco-ortodosso, cattolico, armeno ortodosso, copto, siriano ortodosso, etiope ortodosso, maronita, luterano evangelico, greco-melchita-cattolico, siriano cattolico e armeno cattolico e dalla Custodia di Terra Santa e la Chiesa episcopale di Gerusalemme e Medio Oriente) ribadiscono il sostegno al diritto dei musulmani ad accedere ad al-Aqsa e a pregare liberamente e l’appoggio alla custodia del sito religioso riconosciuta al regno hashemita di Giordania.
Ma una presa di posizione dura arriva soprattutto dall’Autorità Nazionale Palestinese: il presidente Abbas ieri sera ha annunciato la sospensione di tutti i contatti con Israele “ad ogni livello” e dei negoziati “fino a quando non cancellerà le misure su al-Aqsa e ne preserverà lo status quo”. Nessun accenno specifico alla cooperazione alla sicurezza, vero cuore dei rapporti tra Israele e Anp.
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