Amazon – Ci mancava il braccialetto elettronico!

Amazon brevetta un braccialetto per controllare merce e dipendenti.

“E’ che io in fabbrica mi annoio, mi rompo i coglioni…allora lavoro! Lavoro…cosa devo fare!? Senti il concetto: la vita…traguardo, striscione, tutti dentro in pista! Qui dentro siam tutti in corsa! Io sono un campioncino qui dentro, lei lo sa! (…) Io son riuscito a tirar su 25.000 lire in un mese di cottimo! 25 carte! Ma pedalare! Pedalare!!!! Perché io mi concentro! Io sono concentrato! Sono concentrato! Io ho una tecnica per concentrarmi lei lo sa… Mi fisso col cervello. Penso a un culo! Il culo di quella lì! Qui dentro non c’è mica altro da fare! Cosa vuoi fare!? Visto che dobbiam lavorare lavoriamo no!? Senza tante storie!”.

Questo il celebre monologo di Lulù, interpretato magistralmente da Gian Maria Voltontè in “La classe operaia va in Paradiso”. Film di Petri dell’ormai lontanissimo 1971.
Nel monologo Lulù, prima di perdere un dito in catena di montaggio e cambiare totalmente atteggiamento, spiega la sua filosofia di vita da cottimista (e crumiro) sempre pronto ad adattarsi ai ritmi di lavoro feroci imposti dalla fabbrica e dalla sua dirigenza.
Sono passati 50 anni e sicuramente la classe operaia non è andata in Paradiso…
Se un tempo c’era la ferocia della catena di montaggio e dei cronometristi, a fare da contraltare alla prepotenza del capitale c’era l’organizzazione dei lavoratori.

Oggi il modello della fabbrica fordista non è più il centro del mondo del lavoro occidentale e la forza politica dei lavoratori ha subito un forte ridimensionamento.
Le fabbriche sono state sostituite da nuove “cattedrali” dello sfruttamento dove lavorano migliaia di lavoratori, spesso in condizioni di precarietà e con posizioni contrattuali a dir poco frantumante: mega-centri commerciali, call-center, centri della logistica…
Aumento della produttività a discapito dei diritti e dei salari. Questo il grande mantra degli ultimi decenni. Un mantra che, dopo la crisi del 2008, è diventato un vero e proprio dogma. Di fronte alla minaccia della perdita del posto di lavoro infatti, gli ultimi paletti di tutela dei diritti sono saltati uno dopo l’altro.

Nell’ultimo anno si sono imposte alle cronache (per quel poco che si parla del mondo del lavoro, ormai scomparso dall’orizzonte dei media) le lotte dei riders e quelle dei lavoratori di Amazon di fine 2017.

E proprio Amazon è tornata sotto i riflettori mediatici in questi ultimi giorni.

Nel 2016 il colosso americano ha depositato l’idea di un braccialetto da polso per ogni singolo dipendente capace di monitorare mansioni, spostamenti, ritmi, merce lavorata e via dicendo. Nei giorni passati il brevetto è stato riconosciuto ufficialmente.

Il tutto ha sollevato più di una perplessità (per usare un eufemismo) in un’azienda già conosciuta universalmente per i suoi ritmi di lavoro esasperati e una produttività altissima.

Molti sostengono che il rischio concreto e assai poco fantascientifico è quello di avere dei lavoratori in carne ed ossa le cui funzioni siano assimilabili a quelle dei robot!

E proprio contro i ritmi di lavoro forsennati (e per un loro riconoscimento) economico si erano mobilitati i lavoratori Amazon italiani con il primo sciopero del Black Friday.

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