Difendiamo le Case delle Donne: da Roma a Milano
Da Roma a Milano l’attitudine dei sindaci delle due grandi città è la stessa: è di qualche giorno fa la notizia che la Casa delle Donne, luogo di fondamentale importanza per tutte le donne di Milano e non, aperto nel 2013 grazie all’impegno di tante compagne rischia di chiudere. A dicembre 2019 è scaduto il contratto di comodato d’uso stipulato dalla giunta Pisapia e ad oggi l’unica possibilità è partecipare ad un bando e sperare di vincerlo. Ovviamente la Casa non è in grado di sostenere una spesa di 38 mila euro l’anno considerando che l’unica fonte di sostentamento deriva dalle donazioni e dalle tessere delle donne associate.
La giunta milanese non sembra sentire ragioni, in particolare la delegata del sindaco alle Pari Opportunità, Daria Colombo, ribadisce a gran voce la necessità di regolarizzare la condizione della Casa, avanzando la proposta di far confluire l’associazione nei “Centri Milano Donna”, realtà aperte in tutti i municipi. Ovviamente questa opzione non è praticabile, le donne della Casa vogliono e devono conservare la propria storia. Una storia fatta di lotte, dagli anni ’70 ad oggi per la conquista di diritti che purtroppo sistematicamente vengono negati.
Una storia simile è quella del centro anti-violenza e casa rifugio Lucha y Siesta, il quale andrà all’asta, come previsto dal tribunale fallimentare. Una realtà di riferimento per tutte le donne della capitale, un luogo sicuro per chi che scappa dalla violenza domestica. Lucha y Siesta come la Casa delle Donne di Milano e ancora la Casa Internazionale delle Donne di Roma rappresentano esattamente le contraddizioni delle due grandi città italiane. Non solo grazie ai meccanismi di solidarietà messi in atto tutelano da anni tutte quelle donne in situazioni di difficoltà, ma subiscono anche la repressione della burocrazia italiana. I servizi messi a disposizione della collettività sono infatti affidati all’autorganizzazione di associazioni e cittadini che paradossalmente sono repressi dalle stesse istituzioni che dovrebbero sostenerli.
In un paese dove i numeri dei femminicidi sono allarmanti, dall’inizio del 2020 le donne che hanno perso la vita per mano di chi “aveva le chiavi di casa” sono 14 e i dati Istat ci forniscono un quadro spaventoso, un report del 2019 parla di 88 vittime di atti di violenza ogni giorno: ogni 15 minuti è stata registrata una vittima di violenza di genere.
Osservando questa situazione è irragionevole il comportamento delle istituzioni, le quali al posto di difendere con tutti i mezzi necessari questi spazi e realtà dove ogni donna viene accolta, ascoltata e tutelata, mettono in atto meccanismi di repressione. E’ nostro dovere difendere con tutte le nostre forze queste realtà e non lasciarle sole.
Laila Sit Aboha
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