La guerra permanente per la terra

Il ritorno alla terra delle origini è l’ideale che ha forgiato il sionismo dal lontano Ottocento. Il poeta Naftali Herz Imber incitava gli ebrei a lottare con la spada e l’arco per ereditare la terra dei padri.

Paolo Di Motoli, autore di I mastini della Terra ha scavato nel passato del movimento sionista e ci mostra gli attriti e gli scontri tra le sue varie componenti. La fazione socialista che poneva l’accento sul socialismo e la lavorazione della terra e la fazione revisionista che metteva al centro il possesso della terra e la potenza; l’ebreo nuovo doveva configurarsi come ebreo combattente.

Il sentimento dell’identità nazionale che poggiava sul sangue e sulla razza era presente in tutto il movimento sionista. L’esaltazione della violenza e del militarismo ha sempre accompagnato il compito di costruire una Nazione, fondare lo Stato ebraico nell’antica patria, in un territorio abitato diffusamente da popolazioni arabe. L’avversario, il nemico gioca un ruolo contrapposto nella costruzione dell’identità.

Dopo la risoluzione 181 dell’ONU (1947) e la nascita dello Stato di Israele (1948), alcune organizzazioni sioniste continuarono con le attività militari clandestine, ma la maggioranza dei nazionalisti perseguiva l’obiettivo della sovranità completa della patria e l’accoglienza piena degli ebrei arabi nello Stato di Israele. In continuità con il legame religioso, il sionismo aveva sempre rivendicato la conquista di uno Stato ebraico esteso su ‘ambedue le rive del Giordano’ come compimento del carattere nazionale del popolo di Israele.

Anche dopo la guerra dei Sei Giorni (1967), i sionisti rivendicavano la giustizia della loro lotta per lo Stato ebraico e bollavano come ingiuste le azioni armate degli arabi. Veniva negato persino il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Infatti, mentre gli ebrei avevano un solo paese dove vivere, i palestinesi potevano scegliere di vivere in tanti paesi arabi.

L’OLP veniva considerata un’organizzazione di assassini al servizio degli Stati arabi e dell’Unione Sovietica. Con l’invasione del Libano del 1982, l’esercito israeliano si servì dei falangisti cristiani per massacrare migliaia di persone nei campi profughi di Sabra e Chatila.

Dopo l’11 settembre 2001, si fa più stretto il legame tra Stati Uniti e Israele. Nella proclamata guerra al terrorismo viene individuato un ‘nemico comune’ e ‘la vittoria di Israele è parte importante della nostra vittoria’. In questo contesto si inserisce anche l’accettazione da parte di Washington degli insediamenti ebraici illegali in Cisgiordania. Israele intanto avvia la campagna degli ‘omicidi mirati’ dei leader di Hamas e della Jihad.

Con Trump (2015-2020) il governo di Netanyahu ha stretto accordi fondamentali per Israele; il trasferimento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare con l’Iran, il riconoscimento della sovranità israeliana sulle alture del Golan e infine gli Accordi di Abramo tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan.

Il ‘Diluvio di al-Aqsa’ del 7 ottobre 2023, così chiamato da Hamas, ha provocato la morte di 1.200 ebrei e la cattura di 240 prigionieri. Lo Stato di Israele ha risposto con una durissima offensiva chiamata ‘Spade di ferro’ contro la Striscia di Gaza. Questa guerra di terra e di aria ha causato almeno 50.000 morti e 100.000 feriti palestinesi, la distruzione di case, ospedali e scuole.

L’ideologia nazionalista e religiosa così forte nella destra israeliana tocca anche la sinistra laburista. Il culto del passato glorioso, l’enfasi della forza contro il mondo arabo e il diritto storico e ‘divino’ degli ebrei sulla terra di Israele accomuna tutte le rappresentanze politiche. L’idea prevalente è che ogni attacco ad Israele provenga da un fondo essenzialmente antisemita. Il linguaggio messianico si intreccia con quello sulla sicurezza. ‘Il continente europeo è bagnato di sangue ebraico’, questa dichiarazione scritta per protestare contro il riconoscimento dell’OLP, serve a riconoscere e discriminare i nuovi nemici arabi.

Il sionismo odierno come quello del passato rifiuta le risoluzioni dell’Onu e le decisioni dei tribunali internazionali nel nome dell’antisemitismo. Vale ancora l’incitamento nazionalista ‘Da un cumulo di rovine e polvere…emergerà una generazione generosa e feroce’.

 

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