Virus, c’era vita nella Milano da bere degli 80s

Se con Fiamme e rock’n’roll di cinque anni fa si era tornati a parlare del celeberrimo sgombero del Leoncavallo del 16 agosto 1989 (e di tutte le vicende umane, artistiche e politiche che hanno ruotato attorno a quella vicenda), è da poco arrivata in libreria un’opera che ci riporta diritti in quel decennio complesso e dibattuto. Si tratta di Virus – il punk è rumore 1982-1989 (Goodfellas edizioni).

Il libro è un’incredibile raccolta di materiale d’epoca – volantini, manifesti, fanzine e flyer di concerti – e racconta in presa diretta lo sviluppo del movimento punk milanese nell’arco di un decennio: dalle prime aggregazioni di strada alla prepotente esigenza di uno spazio fisico dove riunirsi e agire che porterà alla nascita del Virus, alle peregrinazioni di metà anni Ottanta dopo lo sgombero dello stabile di via Correggio 18.

Nell’immaginario comune, ma anche in quello di molte e molti militanti, se gli anni Settanta sono gli anni delle lotte, le parole chiave associate agli Ottanta sono lotta armata, eroina e riflusso. Il decennio “rosso” è fatto finire infatti tra il 1978 e il 1980 con il sequestro Moro e la sconfitta della lotta operaia dei 35 giorni alla FIAT, sancita dalla Marcia dei quarantamila. Ma se questa può essere accettata come caratterizzazione generale, mettendo più a fuoco il nostro punto di osservazione si può vedere che quel periodo rappresenta in realtà una fase storia tutt’altro che pacificata.

Quello che si affaccia agli anni Ottanta è un mondo terremotato, sia a livello di movimento e di autogestione (sono migliaia i militanti in carcere in quel periodo) che a livello planetario con l’uno-due neoliberista conseguente all’elezione della Thatcher nel Regno Unito e di Reagan negli Stati Uniti. Ma non tutto è deserto, semplicemente si sta vivendo una fase di trasformazione e cambiamento dei linguaggi. Qualcosa bolle in pentola. E che i linguaggi siano prepotentemente cambiati lo si vede già dal primo volantino con cui si apre il libro. Si tratta di un foglio intitolato non a caso “La rabbia”, datato novembre 1980 e firmato “Punks anarchici”, ciclostilato in proprio a un indirizzo che tuttora è un punto di riferimento politico in città: viale Monza 255. Il testo è incazzato, e dipinge un quadro spietato della condizione giovanile nella metropoli: si parla del proliferare di bande giovanili e di concertoni come pura strategia di mercato; si affronta il tema del fiorire come funghi di locali alternativi aperti da ex militanti politici con prezzi tutt’altro che popolari. Niente a che vedere, insomma, con le raffinate analisi di “Rosso”, le risoluzioni strategiche delle Brigate Rosse o con un volantino di fabbrica del decennio precedente. Diverso il contenuto, diverso il linguaggio, diverso lo stile, diversa la grafica. La stessa apertura è lapidaria, e la riportiamo qui perché ci sembra descrivere perfettamente il passaggio epocale che stiamo descrivendo.

da “Virus – il punk è rumore 1982-1989”

L’esperienza del Virus è un’innovativa esperienza di autogestione che coinvolge giovani e giovanissimi milanesi alle soglie del nuovo decennio. Ragazzi e ragazze che spesso non hanno vissuto il decennio precedente (col peso del suo portato sia in termini politici e repressivi che esistenziali). Il Virus sorge all’interno dell’occupazione di via Correggio 18 (in zona Fiera), che esisteva già dal 1975 e la cui storia è stata meritoriamente narrata in Le radici del glicine (AgenziaX). Inaugurato ufficialmente nel febbraio dell’82, il Virus sarà per più di due anni uno dei più importanti punti di riferimento italiani, europei, ma perché no, anche mondiali del movimento punk e non solo. La seconda ondata punk si differenzia dalla prima, partita a metà dei Settanta, perché incrociando e contaminandosi con ambiti più classicamente militanti darà vita a una progettualità interessantissima e peculiare. Non è un caso che proprio in quel periodo esploda il movimento pacifista contro l’installazione in Europa dei missili nucleari Cruise, voluta da Reagan come risposta (a detta della NATO) al dispiegamento da parte dell’Unione Sovietica degli SS20. Il mondo rivivrà per alcuni anni un acuirsi della Guerra Fredda, arrivando (senza saperlo) sull’orlo del conflitto nucleare nel 1983. Le piazze europee, proprio in quel periodo sono attraversate da manifestazioni moltitudinarie. Rimasto nella memoria l’assedio alla base militare di Comiso in Sicilia, in cui i punk giocheranno un ruolo importante. E probabilmente non è un caso che nel 1985 sia esploso fragorosamente un nuovo movimento (velocemente dimenticato) degli studenti medi, che in qualche modo ha preceduto di circa un quinquennio il grande movimento universitario della Pantera.

Il libro è un succedersi incalzante di materiale d’epoca, che testimonia anche come, in soli due anni, il palco di via Correggio abbia ospitato il meglio della musica punk e hardcore (ma non solo) dell’epoca, dai Wretched ad alcuni importanti gruppi internazionali. Il Virus, dopo una serie di concerti epici, sarà sgomberato il 15 maggio 1984, ma i semi gettati nella metropoli daranno buoni frutti negli anni successivi. Ci sarà, infatti, una parte di Virus in tante delle esperienze di autogestione che nasceranno a Milano nella seconda metà del decennio.

da “Virus – il punk è rumore 1982-1989”

 

In conclusione, si tratta di un libro pensato per chi ha vissuto quelle esperienze, ma anche per la generazione cresciuta con Costretti a sanguinare e i concerti hardcore degli anni Novanta. E, perché no, per chi ha da poco iniziato a fare politica o musica in uno scantinato.


Un documentario sullo sgombero del 1984

Un articolo di Rolling Stone sul libro

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Una risposta a “Virus, c’era vita nella Milano da bere degli 80s”

  1. Marco Teatro ha detto:

    grazie per questa recensione, avete colto magistralmente il senso storico che volevo condividere quando ho pensato questo libro.

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