Quando il Corriere indossa l’elmetto
Il quotidiano/salotto di via Solferino è da sempre voce di una precisa parte della città (e più in generale del Paese): un agglomerato di interessi economico-finanziari e, a ricaduta, immobiliari, sociali e culturali.
Un soggetto, un attore, un pensatoio o più semplicemente il luogo dove una parte della governance metropolitana si esprime, progetta, rivendica, minaccia o pretende.
Non rappresenta quindi un semplice episodio il fatto che il caporedattore della cronaca di Milano (Fabio Finazzi) scriva un grintoso editoriale (“Milano a due velocità. Il rischio di una città bipolare” – 13 Ottobre 2016): una chiamata alle armi molto chiara.
Per i grandi salotti del cemento e del denaro ci sono due Milano: “una città che ha messo la quinta” e “una città quasi immobile, uguale a se stessa che resta a guardare”, producendo una preoccupante duplicità, dal momento che “si rischia di cristallizzare una Milano bella, invidiata ma pericolosamente bipolare”. Eppure il Corriere, solo due giorni prima (11 Ottobre, a pag. 21), concedeva ad un euforico Sala un paginone sulla “Milano che per il terzo anno consecutivo ha superato la Capitale per numero di visitatori”, con tanto di foto patinate e infografiche, volte ad esporre le virtù della metropoli lombarda post-Expo.
Apprendiamo infatti che l’amministratore delegato Sala (pardon…il Sindaco) dichiara che la sua azienda (pardon…città) è al “quattordicesimo posto nella classifica mondiale 2016 delle metropoli più visitate, battuta in Europa solo da Londra e Parigi”, secondo il centro studi della carta di credito MasterCard.
Inoltre l’ambasciatrice del brand Milano Guaineri (pardon…l’Assessore al Turismo) parla del “nuovo skyline”, della “fama acquisita anche in Cina e Giappone” e dei punti di “forza della città” (“nuove linee metro, qualità della vita, i servizi e l’offerta culturale”).
Insomma, per Palazzo Marino tutto è perfetto, altro che Roma e l’incompetente Raggi; Milano è il futuro, la locomotiva: lo sa bene Renzi che quando deve annunciare qualcosa corre qui; del resto nella nostra città sfavillante, si è sempre detto, se sta mai coi man in man. Ma allora dove saranno mai queste due città di cui parla il Corriere? Dopo il grande evento degli eventi da Agosto abbiamo letto di tutto sui media: c’è la Brexit? “a Milano porte aperte all’Agenzia Europea del Farmaco”, l’area Expo? “Nuova cittadella della scienza, prima pietra a Gennaio” (a proposito, Magnifico Rettore, quanto frutterà la svendita di Città Studi?!), la Raggi non vuole le Olimpiadi? “Milano è la candidata naturale”, alla corporazione degli editori non piace più Torino? “Fiera del Libro a Milano ad Aprile 2017”, “Porta Volta a Dicembre 2016 arriva la Piramide della Fondazione Feltrinelli”, “Microsoft: sede a Milano nel 2017”. Anche la concorrenza del resto è concorde, il bollettino della Giunta Sala (pardon…Repubblica Milano) stampa solo mappe/prospetti colorati su: “un canale sotterraneo per accelerare la riapertura dei Navigli” (18 Settembre), nuove linee delle metropolitana (22 Settembre), ponti che sorvoleranno lo scalo di Porta Romana (25 Settembre) o “la nuova vita dell’Ex-Ansaldo tra residenza e coworking” (27 Settembre); meglio di così?!
E qui arriva il punto, sottolineato da Finazzi nel suo editoriale guerriero: troppo poco! Non basta correre a 300 km/h all’interno della cerchia della 90/91 (o peggio, solo dei Bastioni); gli affari si fanno anche in periferia, in primis a livello immobiliare.
Del resto, ricordano da via Solferino a Sala, “la vera partita della sua amministrazione si gioca al Corvetto, al Lorenteggio, a San Siro”, con “investimenti incisivi e un visibile cambio di passo nelle periferie: nei prossimi due mesi si entra nel vivo”. E le indicazioni, a chi di dovere, sono molto dettagliate anche su chi vive e blocca questa seconda Milano, che va velocizzata: “scippatori”, “vandali”, “abusivi”, “700 case occupate illegalmente”, ma soprattutto “il fenomeno degli spazi occupati dai centri sociali”. Badate bene (continuano da via Solferino) “è un’occasione storica”, “una strada obbligata, perché due velocità così diverse non sono a lungo sostenibili: la forza propulsiva di una città può (deve) tirare fuori l’altra dalla secca”; la road map è semplice, “via l’altro skyline”!
Del resto ce lo insegnava già la filosofia del decoro di Palazzo Marino: stabili occupati, cortei in centro, scritte sui muri, senza casa, migranti lasciati liberi di muoversi, producono degrado urbano, crimine, insicurezza e inciviltà.
L’articolo ricorda insomma le promesse elettorali, lo sappia bene la Giunta: carta bianca a Questura, Prefettura e Tribunali; si va in guerra e, ancora una volta, la carica la suona il Corriere, come nell’Autunno 2014 quando venne tentata una muscolare offensiva contro i movimenti per l’abitare e i centri sociali.
Al tempo, in prima pagina nazionale Giangiacomo Schiavi ruggiva: “in una periferia che grida vergogna per l’inerzia e l’abbandono di anni, la legalità è l’elmetto con la visiera di un poliziotto. Milano è una trincea” (18 Novembre 2014), mentre il Prefetto prometteva di eliminare le occupazioni di case entro Natale.
Allora, nonostante l’esercito, quel tentativo venne bloccato dal basso, ma gli appetiti dei soliti noti sono ancora vivi; come ci ricordava, un anno dopo, sempre il Corriere in uno speciale, snocciolando cifre ed esponendo una mappa della città e delle occupazioni dei “furbetti” (“Microcriminalità e nuove tensioni con abusivi e centri sociali”, 21 Dicembre 2015). Ci permettiamo di dire, però, che la differenza sta nel fatto che oggi, forse, per fermare tutto questo occorre, oltre alla mobilitazione, costruire un’altra narrazione su cos’è davvero e cosa sta diventando questa città: “una metropoli devastata dalla vita e dal lavoro, devota al profitto e giurata alla cieca obbedienza all’olimpo”.
Tuttavia parliamo anche di una città in cui la ricchezza sociale costruita dal basso (anche dai centri sociali) spesso non riesce a raccontarsi e riscoprire/produrre relazioni virtuose e intelligenti.
Il solo conflitto, comunque indispensabile, potrebbe non bastare più per rispondere all’ennesima guerra.
Non esistono due Milano: “la città che mette la quinta” (che tanto piace alla governance metropolitana) si regge sullo sfruttamento, l’abbandono, l’atomizzazione ed il disciplinamento di tante e tanti di cui non si parla mai; così come molteplici sono le resistenze a questa situazione.
E’ ora forse che tutto questo emerga con forza e con la massima chiarezza, perché ne ha la piena legittimità. Io vengo dal mondo di sotto, il grande criminale viene dal grande salotto
(Assalti Frontali).
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