Contagi e morti sul lavoro peggio nella seconda ondata
Il Covid sui posti di lavoro ha fatto più danni nella seconda ondata rispetto alla prima. Lo certifica l’Inail nel bollettino sui dati di denunce di contagio e di morti sul lavoro dei mesi di ottobre e novembre.
La «seconda ondata» dei contagi da Covid – sottolinea l’istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro – ha avuto un impatto più significativo della prima anche in ambito lavorativo. Tra ottobre e novembre ci sono state 49.000 denunce di infortunio – pari al 47% del totale – rispetto alle circa 46.500 registrate nel bimestre marzo-aprile. Il divario «è destinato ad aumentare nella prossima rilevazione – precisa l’Inail – per effetto del consolidamento particolarmente influente sull’ultimo mese della serie».
Confermando che se non si è lavorato bene nella sanità per prepararsi alla seconda ondata, anche sui posti di lavoro l’attenzione ai protocolli anti Covid è scemata con gravi conseguenze per i lavoratori.
Le infezioni da Covid-19 di origine professionale denunciate all’Inail alla data del 30 novembre sono 104.328, pari al 20,9% del complesso delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute dall’inizio dell’anno e al 13% dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. Rispetto alle 66.781 denunce rilevate a fine ottobre i casi in più sono 37.547, di cui 27.788 riferiti a novembre e 9.399 a ottobre.
I morti sono 366, pari a circa un terzo del totale dei decessi denunciati all’Inail dall’inizio dell’anno, con un’incidenza dello 0,7% sul totale dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Istituto superiore di sanità alla stessa data. Rispetto ai 332 decessi rilevati dal monitoraggio al 31 ottobre, i casi mortali segnalati all’Inail sono 34 in più, di cui 20 nel solo mese di novembre. La metà dei decessi (50,3%) è avvenuta ad aprile, il 33,1% a marzo, il 6,0% a maggio, il 5,5% a novembre, mentre in estate i numeri sono stati sensibilmente più bassi: l’1,6% a luglio e a ottobre, l’1,4% a giugno e lo 0,3% ad agosto e settembre.
Quasi sette contagiati su 10 sul lavoro sono donne (il 69,4%) mentre l’età media dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi. Il rapporto tra uomini e donne si capovolge se si vanno a guardare i casi mortali. Sulle 366 denunce l’84,2% riguarda gli uomini e solo il 15,8% le donne. L’età media dei deceduti è 59 anni (57 per le donne, 59 per gli uomini). Il dato, come da norma, non tiene conto dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta, dei farmacisti e in generale delle categorie che non sono assicurate all’Inail ma hanno una assicurazione privata.
Se gli italiani sono l’85,6% dei contagiati, notevole dunque il numero dei migranti che lavorano in settori a rischio come logistica e agricoltura. Le denunce di contagio ricadono soprattutto nel Nord del paese con il 71,3%: il 50,3% delle denunce arriva dal Nord-Ovest (il 30,5% dalla Lombardia), il 21% dal Nord-Est, il 13,7% dal Centro, l’11,1% dal Sud e il 3,9% dalle Isole. Le province con il maggior numero di contagi sono Milano (11,9%), Torino (7,6%), Roma (4,2%), e Napoli (3,9%). I due terzi dei morti sul lavoro è al Nord (il 39,3% in Lombardia.
I settori economici con il numero maggiore di contagi sono quelle della sanità e assistenza sociale – ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – con il 68,7% delle denunce e il 23,7% dei casi mortali. Nella pubblica amministrazione ricadono il 9,2% delle infezioni denunciate e il 10,3% dei decessi. Per la sanità e l’amministrazione pubblica i contagi hanno avuto un’incidenza significativa soprattutto tra marzo e maggio e tra settembre e novembre mentre gli altri settori come la ristorazione e i trasporti hanno visto aumentare l’incidenza dei casi nel periodo in cui sono state riaperte tutte le attività e il virus ha circolato meno come il trimestre giugno-agosto. L’incidenza delle denunce per la sanità e l’amministrazione pubblica è passata dall’80,5% dei casi codificati nel primo periodo al 49,2% del trimestre giugno-agosto, per poi risalire al 76,3% nel trimestre settembre-novembre. La categoria professionale più colpita continua a essere quella dei tecnici della salute, con il 38,6% delle infezioni denunciate, circa l’82% delle quali relative a infermieri, e il 9,3% dei casi mortali, seguita dagli operatori socio-sanitari (18,6%), dai medici (9,5%), dagli operatori socio-assistenziali (7,6%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%).
di Massimo Franchi
da il Manifesto del 23 dicembre 2020
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