Firenze, sciopero dei rider: basta con il lavoro a cottimo
Quelli tutelati da un contratto di lavoro da Just Et e da Runner Pizza in genere hanno scioperato, gli pseudo autonomi pagati a cottimo dalle altre catene del food delivery no, a parte alcune eccezioni. Questa l’impressione data all’ora di pranzo e nel primo pomeriggio dai rider fiorentini, che negli abituali punti di raccolta delle ordinazioni, piazza Stazione in primis dove in un fazzoletto ci sono due McDonald’s e un Burger King, sono stati meno del solito, così come nelle vie del centro e nella cerchia dei viali. Per capire se lo sciopero ha inciso sugli affari ci vorranno i dati serali, nelle ore di punta delle ordinazioni e delle consegne.
Ilaria Lani, Nidil Cgil, cerca comunque di trarre un primo bilancio: «Secondo noi l’agitazione sta andando bene, tenendo conto che il 90% dei rider sono migranti con la quotidiana necessità di guadagnare qualche decina di euro. Loro sanno bene che una giornata di non-lavoro viene subito registrata dall’algoritmo, che li penalizzerà nelle ordinazioni dei giorni seguenti. Per questo è necessario riaprire il tavolo con le aziende che aderiscono ad Assodelivery, che in due anni di trattative hanno fatto qualche apertura sulle dotazioni di sicurezza e le assicurazioni, ma continuano a far muro sull’inquadramento professionale dei rider».
Anche Lani è in piazza Sant’Ambrogio alle sei del pomeriggio, dove è stato indetto un presidio dalla Camera del lavoro per ricordare Sebastian Galassi, 26 anni, rider morto in un incidente stradale lo scorso fine settimana, e a cui Glovo, che poi si è scusata, ha disattivato in automatico l’account «per mancato rispetto di termini e condizioni». Sulla scalinata della chiesa lo striscione bianco con scritto «Non si può morire per una consegna» è accompagnato dai cubi portavivande di Glovo e Deliveroo, le due multinazionali più riottose ad aprire a un modello contrattuale per i fattorini. «La mia vita vale più di un panino», c’è scritto su un cubo, e sugli altri viene ribadito il concetto: «La nostra vita vale più dei vostri profitti», «Basta cottimo».
Una ventina di rider sono arrivati in piazza, alcuni di loro prendono la parola: «La vita del rider è questa, siamo dominati da un algoritmo – spiega Andrea con indosso il giubbotto di Deliveroo – anch’io come Sebastian faccio questo lavoro per essere indipendente, ma è evidente che il modello che impone di essere sempre più veloci nelle consegne non è sostenibile».
Ad ascoltare c’è Gulshea, 29 anni, pakistano, che in inglese ribadisce il concetto: «Se non vai veloce, sei penalizzato. Ma per molti di noi non c’è un’alternativa a questo lavoro, se si vuole cercare di migliorare la propria esistenza». Mentre Federico non fa sconti all’intero sistema: «Ci vogliono come pupazzetti, e anche le attività commerciali e gli stessi clienti finiscono per diventare complici di questo stato di cose».
I massicci investimenti pubblicitari da parte delle multinazionali del settore sono un altro fattore che stride terribilmente, rispetto alla quotidianità di un lavoro stressante, pericoloso e pagato con un cottimo di tre, al massimo quattro euro a consegna. I segretari confederali Tania Scacchetti, Tiziana Bocchi e Giulio Romani lo evidenziano: «Tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, lavoro dignitoso e contrattualizzato non possono essere considerati privilegi. Dei ciclofattorini si parla tanto, ma per molti la realtà di tutti i giorni è ancora il cottimo. Non è accettabile, le aziende aprano un confronto serio».
In piazza Sant’Ambrogio si notano gli assessori comunali Giorgio e Albanese, e i consiglieri della sinistra Antonella Bundu e Dmitrij Palagi: «Non sono solo le multinazionali a sfruttare – rileva Palagi – c’è un’intera fascia di popolazione che ogni giorno deve correre per restare a galla, fra affitti altissimi e reti di protezione sociale sempre più deboli». «L’ultimo incontro con Assodelivery è stato a luglio – chiude il segretario Cgil Bernardo Marasco – ed è finito con un nulla di fatto. Un intervento legislativo come è accaduto in Spagna, dove Glovo deve pagare 79 milioni perché i suoi rider sono stati considerati lavoratori dipendenti? Certo, è sempre più necessario. Ma chi lo propone?».
di Riccardo Chiari
da il Manifesto del 6 ottobre 2022
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