Milano: «Basta armi, investire sulla transizione ecologica»
«People not profit», scritto bello grande in verde su uno striscione bianco. A Milano come nelle altre decine di città dove migliaia di studenti e attivisti per il clima hanno manifestato in questo venerdì di sciopero globale convocato da Fridays For Future. «Basta guerra e basta fossili» sintetizza una liceale milanese, «e non è uno slogan ma una scelta vitale per la sopravvivenza di tutti».
La giornata di protesta di Fridays For Future ha tenuto insieme questi due grandi temi: la giustizia climatica e la contrarietà alla guerra. Criticato il governo Draghi «colpevole di finanziare la guerra attraverso l’acquisto del gas russo». A Milano, città che cinque mesi fa ha ospitato la pre Cop 26 per il clima e le proteste di decine di migliaia di persone, si è visto il corteo principale della giornata. Un po’ meno partecipato di quelli a cui ci avevano abituati gli attivisti per il clima prima della pandemia, ma con numeri comunque importanti: almeno 5 mila persone per gli organizzatori. Davanti allo striscione d’apertura un risciò a pedali, scelta ecologica alternativa al classico furgoncino, con sopra montato un piccolo impianto audio e il cartello «non chiamatelo maltempo». Poi un’enorme bandiera della pace. Questa è la generazione che ha capito che stiamo andando incontro a un disastro climatico prima degli adulti che il disastro climatico l’hanno provocato. E che ora si ritrova a vivere nell’incubo della terza guerra mondiale atomica dopo due anni di pandemia. «Non mi fido di nessuno di quelli che stanno al governo del mondo» dice un ragazzo. «Ma forse manifestazione come questa possono servire a influenzarli» aggiunge la ragazza che ha di fianco.
«Con la scusa della guerra stanno riabilitando carbone e nucleare, sono pazzi» dice un altro ragazzo vicino al centro sociale Lambretta. Bersagli degli slogan del corteo milanese il Presidente del Consiglio Draghi, il Ministro della Transizione Ecologica Cingolani e Confindustria. Critiche al passaggio del corteo vicino al palazzo del Comune di Milano anche al Sindaco Beppe Sala, colpevole di stare «brandizzando l’acqua pubblica». Il riferimento è a una recente iniziativa del Comune che ha attivato una linea di brik in cartone con tappo di plastica di acqua pubblica per rifornire eventi e iniziative del Comune di Milano. «Sindaco bastano brocche di vetro, bicchieri e borracce, riutilizzare è meglio di riciclare» hanno detto ragazzi e ragazze rivolti verso Palazzo Marino. Questioni locali e globali, la crisi climatica e quella energetica, la guerra. «Ogni tipo di conflitto è legato all’approvvigionamento di fonti energetiche» dice un ragazzo al megafono. «Ogni singolo settore dell’economia deve pensare a come cambiare per diventare più sostenibile. Meno fossili significherà anche meno guerre». Messaggi simili anche nelle altre piazze, da Nord a Sud.
A Napoli sullo striscione d’apertura del corteo c’era scritto: «Non vi stiamo chiedendo il futuro. Stiamo venendo a riprendercelo». A Torino su uno degli striscioni era scritto «effetto serra, effetto guerra». Dice Luca Sardo di Fridays Torino: «Con questo sciopero vogliamo sottolineare le cause comuni tra la guerra in Ucraina e la crisi climatica. L’Europa ogni giorno finanzia con 800 milioni di euro il governo russo, Putin, per attaccare l’Ucraina e non riesce a slegarsi da questa dipendenza dai combustibili fossili. È questo che noi chiediamo oggi: di slegarsi dai combustibili che finanziano le guerre e devastano il nostro pianeta».
Un migliaio di attivisti anche a Roma, a Bari hanno manifestato in 500, cortei anche a Bologna, Bari, Palermo e a Trieste, sit in a Udine e Gorizia, terre di confine dove gli studenti hanno parlato molto di confini e pace, oltre che di clima. Anche a Firenze tante bandiere della pace e striscioni contro la guerra in Ucraina. A chiudere il corteo c’erano i lavoratori della Gkn che oggi manifesteranno a Firenze anche insieme agli attivisti per il clima. Un gruppo dei Fridays milanesi parteciperà alla manifestazione: «saremo in piazza a Firenze con il collettivo di fabbrica Gkn perché ambiente e lavoro devono stare insieme» spiega Jacopo. «Il lavoro va riscritto e lo riscriveremo insieme ai lavoratori. Basta col produttivismo, il lavoro deve essere un buon lavoro e deve essere un lavoro che consenta la transizione ecologica».
Per gli attivisti di Fridays quella del Governo Draghi non è vera transizione ecologica e la corsa al riarmo, ora forse rallentata dalle parole del Papa contro il 2% del Pil agli armamenti, non fa che dimostrarlo, secondo chi è in piazza. «Ci sono importanti risorse economiche che stanno andando verso le armi» dice ancora Jacopo. «È inaccettabile pensare che 13 miliardi siano spuntati in poche ore per gli armamenti e lo stesso non sia accaduto per la transizione ecologica». Dietro di lui gli fa eco uno dei cori più gettonati: «come mai come mai i soldi per l’ambiente non ci sono mai».
di Roberto Maggioni
da il Manifesto del 26/03/2022
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