Cosa succede in Tunisia?

Dicembre 2010: Mohamed Bouzizi, un giovane ambulante a cui la Polizia aveva sequestrato la merce, la licenza e la bancarella su cui lavorava, si è dato fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid.
Il suo gesto disperato accende ulteriormente le piazze tunisine, già infiammate dalle proteste per la crisi economica e la corruzione di poliziotti e politici.
Gennaio 2011: dopo mesi di manifestazioni, violenti scontri e arresti in piazza, il Presidente Ben Ali scappa dal Paese.
Ottobre 2011: a 23 anni dalle ultime elezioni, il popolo tunisino torna alle urne e il partito conservatore Ennahdha, appartenente all’opposizione a Ben Ali, entra in Parlamento con la maggioranza.
L’Assemblea costituente elegge Presidente della Repubblica Moncef Marzouki, vecchio oppositore di Ben Ali e leader del Congresso per la Repubblica, che nomina primo ministro Hamadi Jebali, anch’egli un vecchio oppositore di Ben Ali, segretario di Ennahdha.
Nel corso degli anni la Tunisia viene colpita da attacchi terroristici dei miliziani di Daesh e la crisi economica si è ulteriormente aggravata fino a diventare catastrofica con lo scoppio della Pandemia.
Attivisti politici come Chokri Belaid, membro del Fronte popolare tunisino, sono stati assassinati, dando vita a ulteriori proteste di massa contro i mandanti, identificati in esponenti del partito di maggioranza Ennahdha, e la corruzione nei luoghi di potere diventa capillare.
Ottobre 2019: il nuovo Presidente eletto è Kais Saied, un professore universitario della lista Indipendente che ha fatto presa sui giovani con il suo programma anti-corruzione.

Il 25 luglio 2021, nel 64esimo anniversario della nascita della Repubblica tunisina, migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la gestione della Pandemia da parte del Governo e contro la crisi economica in corso da anni che ha colpito maggiormente le strutture sanitarie e scolastiche.
I manifestanti hanno sfidato le restrizioni imposte e il caldo torrido nella capitale, Tunisi, per chiedere lo scioglimento del Parlamento e nuove riforme economiche; gli agenti hanno risposto con gas lacrimogeni e con diversi arresti.
Il Presidente allora, con un video messaggio diffuso in tarda serata alla popolazione, ha fatto ricorso all’art.80 della Costituzione che gli consente di sospendere l’attività del Parlamento in caso di pericolo imminente, congelando così il Parlamento per 30 giorni e licenziando il Primo Ministro Hichem Mechichi. La rimozione del governo da parte del Presidente è arrivata al culmine di una dura lotta politica tra Saied, e il governo guidato dal partito islamista moderato Ennahda, che dal 2011 si è imposto come la più importante formazione politica della Tunisia.
Saied ha assunto temporaneamente la guida del governo “fino alla nomina del nuovo premier”, togliendo l’immunità a tutti i membri dell’Assemblea.

Subito dopo il proclama di Saied, migliaia di cittadini festanti si sono riversati nelle strade suonando i clacson delle automobili in segno di giubilo. Ma se i sostenitori di Saied hanno festeggiato, il Presidente del Parlamento Rached Ghannouchi, leader del partito islamico Ennhadha, prima forza in aula, ha inizialmente chiamato i suoi a scendere in piazza per “ripristinare la democrazia” e preservare la rivoluzione, bollando quello di Saied come “un Colpo di Stato”.

I sostenitori di Ghannouchi hanno risposto alla chiamata ma, forse anche a causa delle temperature oltre i 40 gradi, le folle oceaniche previste da Ennhadha non si sono viste.

Dopo mesi di stallo istituzionale che ha visto il Presidente tunisino contrapposto al Primo Ministro Mechichi per via di un rimpasto governativo già approvato dal Parlamento a fine gennaio e mai accettato dal Capo dello Stato, ora l’ormai ex Primo Ministro Hichem Mechichi è totalmente vulnerabile davanti al potere esecutivo del Presidente. Con l’eliminazione dell’immunità parlamentare, secondo fonti locali, circa 150 parlamentari sono in attesa di un processo politico e non possono lasciare il paese a causa del blocco dei voli dagli aereoporti.

In queste, ore Saied sta incontrando rappresentanti di vari gruppi della società civile e sindacati, nonché rappresentanti dei consigli giudiziari; il potente sindacato dei lavoratori, l’UGTT, si è espresso a sostegno di Saied ma ha sottolineato che devono essere garantite che queste misure eccezionali saranno limitate e non diventeranno permanenti.
Ecco perchè risulta difficile accettare la retorica dei titoloni che chiamano al “Colpo di Stato”, all’intervento europeo e alla svolta autoritaria, ma è necessario mettersi in una posizione di ascolto dei divers attivist tunisini.
La Tunisia rimane l’unico paese del Nordafrica che è riuscito a conservare – seppur con incalcolabili difficoltà – il sistema democratico voluto dal popolo e ottenuto nel 2011 con le cosiddette Primavere Arabe.
Dal sacrificio del giovane commerciante che si è dato fuoco a Sidi Bouzid, alle battaglie in piazza contro la violenza poliziesca, alla cacciata di Ben Ali fino ad arrivare alle prime elezioni e ai primi presidenti democraticamente eletti; oggi la sfida è mantenere in piedi i sani principi della costituzione tunisina, e recuperare la dignità mancata a causa della crisi economica schiacciante.

Nassi LaRage
Sara Ben Hamouda

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *