I Turchi entrano in Siria – Erdogan vs. Rojava – Una raccolta di articoli
Ecco alcuni articoli sulle ultime evoluzioni della questione siriana che ha visto l’intervento diretto dell’esercito turco nel Nord della Siria con lo scopo ufficiale di contrapporsi a ISIS e con quello reale di impedire l’unificazione dei vari cantoni curdi della Rojava.
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“Assalto a Jarablus” (da ReteKurdistan)
Mercoledì alle 16.00 ora locale è iniziata l’operazione militare »Scudo dell’Eufrate«. Dopo un fitto fuoco di artiglieria e lancio di missili dalla città turca di Karkamis sulla città di confine siriana di Jarablus, ruspe protette da unità speciali turche hanno rotto le installazioni al confine con la Siria. Due ore dopo sono iniziati attacchi aerei sul territorio siriano. Le forze militari turche hanno prima aperto un corridoio in direzione della città fino ad ora controllata da »Stato Islamico« (IS), poi unità di milizie siriane alleate con Ankara sono entrate da un campo appositamente costruito dal territorio turco a Jarablus.
Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan che governa in modo autoritario ha proclamato che l’obiettivo della guerra di aggressione è di scacciare diversi »gruppi terroristici« dalla zona di confine. »Minacce« da parte di questi gruppi – si intendono le milizie curde delle YPG e IS – vanno stroncate una volta per tutte. Obiettivo ufficiale dell’operazione: si vogliono eliminare »elementi terroristici«, portare »aiuti umanitari« e fermare »una nuova ondata di profughi«, ha dichiarato l’agenzia stampa statale Anadolu.
È palese che l’attacco militare è indirizzato in primo luogo contro le forze curde nel nord della Siria (Rojava). Queste ultime poco tempo fa insieme a milizie arabe locali aveva cacciato IS dalla città di Manbij a 35 km di distanza da Jarablus. Il governo turco che non si è mai mosso per liberare la città di confine occupata da IS dal 2013, vuole unicamente impedire la conquista di altro territorio da parte dei curdi siriani vicini al »Partito dei Lavoratori del Kurdistan« (PKK).
Che le forze armate di Erdogan non sono entrate in Siria per combattere terroristi jihadisti, si vede già dalla coalizione di ribelli »moderati« che fungono da truppe di terra di Ankara: Ci sono bande jihadiste come »Ahrar Al-Sham« e le »Brigate Sultan-Murad« turkmene. Perfino la milizia islamista »Harka Nur Al-Din Al-Senki«, che da poco ha conquistato una fama mondiale perché suoi componenti hanno decapitato un bambino di dodici anni davanti a una telecamera, prende ufficialmente parte all’operazione. La parte prevalente dei fati di Ankara è unita da uno stretto legame con il governo turco dell’AKP, così come il desiderio di costruire in Siria uno stato islamico basato sulla Sharia.
Facendo riferimento a testimoni oculari civili fuggiti da Jarablus a Manbij, l’agenzia stampa ANF riferisce inoltre che la città viene in larga misura »consegnata« senza combattimenti da IS agli altri gruppi jihadisti. Commentatori parlano di un »cambio della guardia« al confine.
Nel »Great Game« intorno alla Siria l’attacco indubbiamente lesivo della legalità internazionale segna una svolta: da un lato gli Stati Uniti e con essi tutto l’occidente con il sostegno all’attacco per la prima volta si schierano contro i loro fino ad ora presunti più stretti alleati: le YPG curde e le »Forze Democratiche della Siria« (FDS) da loro guidate. Dall’altro né la Turchia né gli jihadisti da lei posizionati a Jarablus si accontenteranno della conquista della città di confine.
Il governo siriano a Damasco nel frattempo si è rivolto agli Stati Uniti e parla di una »grave lesione della sovranità«. Anche portavoce delle forze curde hanno preso la parola. Aldar Khalil del »Partito di Unione Democratica« (PYD) maggioritario nel Rojava ha parlato di una »dichiarazione di guerra« della Turchia.
di Peter Schaber
Junge Welt
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Proviamo a riassumere le ultime evoluzioni del conflitto siriano, che da alcuni giorni vede l’intervento diretto delle forze armate turche sul territorio del #Rojava.
In poche ore l’operazione “scudo dell’Eufrate” lanciata dalla #Turchiacontro #Daesh e #YPG pare abbia liberato la città di Jarablus. L’agenzia di stampa turca dichiara che “i ribelli dell’Esercito siriano libero (FSA), sostenuti dall’esercito turco e dalla coalizione anti-Isis, sono entrati a Jarablus, la città nel nord della Siria sotto il controllo dell’Isis al centro di una massiccia operazione lanciata all’alba di oggi da Ankara”.
L’ISIS si ritira in buon ordine e non combatte. Aerei militari USA bombardano a sud di Jarablus, e con 5 raid aerei colpiscono postazioni curde SDF (Forze democratiche siriane) a nord di Manbij, dando un segnale inequivocabile ai combattenti e alle combattenti di YPG/YPJ e SDF: “a nord di Manbij non si va”. La risposta delle Forze Democratiche Siriane, guidata soprattutto da brigate arabe alleate, è l’avanzata di 7 km verso Jarablus, tanto che nel pomeriggio del 24 agosto si sono registrati scontri tra SDF e FSA.
Biden, vice presidente USA, elogia l’operazione.
Oltre la cronaca esiste la partita dei giochi di alleanze, rapporti geopolitici e accordi sotto banco. La situazione nel nord della Siria diventa ancora di più incandescente: #Erdogan si appoggia alle milizie “ribelli” siriane, ritenute da Damasco (e molti altri), filo-jihadiste. Bisogna ricordare che il governo di Ankara aveva salutato con gioia gli attacchi del regime di#Assad contro le forze autonomiste del SDF ad Hasakah, la scorsa settimana. Il vero obiettivo dell’operazione militare turca in Siria sembra essere “spezzare la continuità territoriale delle zone occupate dalle milizie di “Unità di protezione del popolo” (Ypg), una fascia di circa 400 chilometri che si estende dal Nord della Siria fino ai confini con l’Iraq” come scrive bene Alberto Negri. Perché la verità è che, oltre ad Erdogan, nemmeno Assad e Barzani (presidente del #KRG, Governo regionale del Kurdistan irakeno) vedono di buon occhio l’avanzata liberatrice di YPG/SDF.
Tutto questo avviene nella settimana successiva al sanguinoso attentato di #Gaziantep, al matrimonio di un esponente locale di #HDP e in un periodo di intensa e violenta repressione da parte di Erdogan, nella cornice dello stato d’emergenza instaurato dopo il fallito golpe del 15 luglio. Jarablus è l’ultimo tassello che manca per l’unificazione dei tre cantoni confederati: l’ultranazionalismo di Ankara si unisce agli interessi del KRG e al rinnovato accordo con Damasco (tramite Putin), trascinando lentamente anche la Turchia nel pantano siriano in cui già molti nemici della rivoluzione del Rojava hanno conosciuto sconfitte e ritirate.
Da parte nostra, oggi più di ieri, al fianco dei popoli liberi uniti sotto la bandiera del confederalismo democratico.
Cuori e mani.
#rojavaresiste
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“Blitz delle forze turche in Siria. Bombe su curdi e Isis” un interessante e lucido articolo di Alberto Negri sull’intervento turco uscito il 24 Agosto sul Sole 24 Ore.
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