La protesta politica in Iran va avanti

Nel 42esimo giorno dalla morte di Mahsa Amini per mano della polizia morale iraniana, montano le proteste nel paese nonostante la dura repressione rivendicata dal governo e messa a segno dalle forze dell’ordine.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani, finora la repressione ha causato 266 vittime, tra cui 33 minorenni e più di 14mila arresti. A quasi un mese e mezzo dalla prima scintilla, il movimento si è trasformato in un incendio e nella principale sfida alla leadeship religiosa alla guida del paese da 44 anni.

Una rabbia che è partita dalle donne e che ha presto contagiato trasversalmente gli iraniani di diverse estrazioni sociali e di diverse etnie. In un paese già stremato dalle difficoltà economiche aggravate peraltro dalle sanzioni internazionali, disposte dagli Stati Uniti in risposta ai piani sul nucleare di Teheran, è la giovane generazione quella che ha dato lo strappo: stanche di dover sopportare i divieti, le costrizioni, la violenza, gli arresti, le torture e gli assassini legalizzati, le condanne a morte.
Del resto il regime stesso aveva annunciato, all’inizio di settembre, una “stretta” sui comportamenti delle donne, annunciando che avrebbe perfino installato un programma di riconoscimento facciale sui trasporti pubblici per identificare le donne che non rispettano la legge, sempre più severa, sul corretto modo di indossare l’hijab.

Il 75% delle persone iraniane è al di sotto dei 30 anni di età, e questo dato diventa importante nella misura in cui anche l’età contribuisce ad aumentare il distacco con i principi e le ferree regole dell’autorità religiosa post rivoluzione.
I giovani di oggi hanno legami lontani con la Rivoluzione khomenista, e i loro riferimenti ideologici sono distanti anche dall’esperienza bellica del paese contro l’Iraq. Oggi chiedono riforme, l’abolizione della polizia religiosa, libertà di espressione e di informazione e non vogliono più sacrificarsi in nome dell’unità nazionale.

Dall’inizio delle proteste, le scuole e le università sono i luoghi in cui la polizia ha organizzato i più grandi blitz.
Giusto due giorni fa gli agenti iraniani hanno lanciato gas lacrimogeni fuori da una scuola femminile a Teheran dove si erano verificati disordini dopo che il personale ha tentato di ispezionare i telefoni cellulari degli studenti. E oggi centinaia di studenti dell’università nel Kurdistan iraniano hanno fronteggiato la polizia che ha provato ad entrare per impedire una protesta contro la divisione di genere delle classi.
Il coraggio di questa giovane generazione supera i confini del loro paese in rivolta, e la protesta politica del popolo iraniano non sembra aver intenzione di fermarsi.

 

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