Palestina, l’anno non poteva iniziare in modo peggiore
“Passeggiata” del suprematista Ben Gvir alla Spianata delle Moschee ed ennesima uccisione di un palestinese minorenne in Cisgiordania.
Il 2022 è stato un anno particolare per la Palestina per diversi motivi.
Si è toccato il record di uccisioni di palestinesi nei Territori Occupati da parte dell’esercito israeliano dai tempi della Seconda Intifada dei primi anni Duemila. Si parla di 167 persone uccise in Cisgiordania e 53 nella Striscia di Gaza (tra cui diverse decine di minori). La Palestina, giova ricordarlo per chi non è esperto di Medioriente è divisa in due parti: la Cisgiordania sotto occupazione militare frazionata e frammentata dal sorgere costante e continuo di colonie israeliane e l’enclave di Gaza al confine con l’Egitto spesso definita la più grande prigione a cielo aperto del mondo.
La maggior parte dei palestinesi uccisi sono caduti a Jenin e Nablus dove più forte è stata la resistenza armata all’esercito israeliano nell’ultimo anno. Sì perché uno degli altri elementi accaduti nel 2022 che saltano all’occhio è stata la ripresa della lotta armata in Cisgiordania come non si vedeva dai tempi della Seconda Intifada. Secondo i sondaggi anche l’opinione pubblica palestinese si è bruscamente e massicciamente spostata a sostegno dell’opzione armata. Secondo un articolo del giornalista del Manifesto Michele Giorgio del 17 dicembre:
“Scorrendo i risultati del sondaggio appena pubblicato dal Palestinian Center for Policy and Survey Research (Pcpsr), il sociologo Khalil Shikaki non esita a parlare di un «cambiamento radicale avvenuto in pochi mesi» nell’opinione pubblica palestinese, in particolare in Cisgiordania. Il dato che più di altri balza all’occhio è quello dell’aumento netto, rispetto al sondaggio precedente, del sostegno alla lotta armata contro l’occupazione israeliana. «Il 72% dei 1.200 intervistati si è detto favorevole alla nascita di gruppi armati simili alla Fossa dei Leoni», dice Shikaki riferendosi all’organizzazione che ha la sua roccaforte nella casbah di Nablus e che riunisce militanti di diversi orientamenti politici. Una crescita che Shikaki vede anche conseguenza anche dell’escalation in Cisgiordania dove si ripetono, quasi con frequenza quotidiana, i raid dell’esercito israeliano. Il bilancio provvisorio di palestinesi uccisi nel 2022 è di 166, tra i quali donne e minori. Di pari passo, sottolinea il sociologo, «Stiamo assistendo a un calo evidente nella percentuale di coloro che appoggiano la soluzione a due Stati (Israele e Palestina), data l’assenza di negoziati diplomatici». Il sostegno a una risoluzione negoziata del conflitto è ora al 32%. Un decennio fa il supporto si attestava al 55%”.
Secondo i già citati sondaggi la fiducia della popolazione palestinese nei confronti dell’Autorità Nazionale Palestinese è ai minimi storici. Tra corruzione e impotenza moltissimi giudicano l’ANP né più né meno che collaborazionisti degli occupanti.
Sempre nel 2022 l’ormai generalmente rimossa (in Occidente) “questione palestinese” è tornata per un momento all’attenzione dell’opinione pubblica con l’uccisione, l’11 maggio, della famosissima giornalista palestinese Shireen Abu Akleh avvenuta durante un raid dell’esercito israeliano nel campo profughi di Jenin. Il filmato delle insensate cariche della polizia israeliana contro il funerale della giornalista hanno fatto il giro del mondo sollevando interrogativi anche tra coloro che di solito difendono senza se e senza ma la causa israeliana.
Ultimo, ma non meno importante evento del 2022 sono state le ennesime elezioni politiche in Israele (le quinte in tre anni) che hanno visto una nuova resurrezione politica dell’intramontabile Benjamin Netanyahu e un grande successo dell’estrema-destra israeliana il cui volto più popolare è per l’appunto il nuovo Ministro per la Sicurezza Nazionale Ben Gvir. Lo Stato d’Israele non è mai stato così a destra dalla sua nascita. Una deriva che sta destando più di una preoccupazione anche a Washington. Le posizioni della destra suprematista israeliana non sono oltranziste solo nei confronti dei palestinesi e della minoranza arabo-israeliana, ma reazionarie e oscurantiste anche per quel che riguarda gli aspetti della politica interna e sociale del paese.
Di questa mattina la notizia della “passeggiata” di Ben Gvir sulla Spianata delle Moschee. Una mossa in tutto e per tutto identica a quella di Ariel Sharon il 28 settembre 2000. Una mossa che se da un lato portò fortuna all’ex generale israeliano e leader della destra del Likud che l’anno dopo stravinse le elezioni scalzando il labusita Barak dall’altro fece esplodere la Seconda Intifada che tra la fine del 2000 e l’inizio del 2005 provocherà la morte di 5.500 palestinesi e un migliaio di israeliani.
Sempre di oggi la notizia dell’ennesimo raid israeliano nel campo profughi di Dheisha che ha portato, come documentato dalla carovana di solidarietà West Climbing Bank presente nei Territori in questi giorni, all’uccisione di Adam Aydd, un ragazzo palestinese di 16 anni.
Se l’anno buono si vede dall’inizio questo 3 gennaio 2023 non testimonia bene.
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