Trump, l’attacco del secolo al diritto internazionale

Trump annuncia il suo piano e offre uno Stato ai palestinesi. In realtà ciò che propone è solo una entità fantoccio, senza sovranità. E l’ambasciatore Usa Friedman spiega che Israele può annettersi subito le colonie che ha costruito illegalmente in Cisgiordania.

Donald Trump ha usato un tono mellifluo rivolgendosi ai palestinesi che respingono con rabbia il suo presunto «piano di pace». Li ha esortati ad accettare la proposta che, sostiene, offre una opportunità storica, l’ultima, per realizzare le loro aspirazioni. Ha ripetuto la promessa fatta dal genero e suo consigliere Jared Kuchner la scorsa estate a Manama di finanziamenti per 50 miliardi di dollari ai palestinesi e ad alcuni Stati arabi.

Ma l’Accordo del secolo, il piano al quale l’Amministrazione Trump ha lavorato per quasi tre anni, a conti fatti è solo la negazione del diritto internazionale e del principio sancito dalle Nazioni Unite dell’uguaglianza dei popoli e del loro diritto alla libertà e alla dignità. Con il premier israeliano Netanyahu al suo fianco, Trump ieri a Washington ha delineato la soluzione con cui gli Stati uniti assegnano in via ufficiale – perché sul terreno è già così dal 1967 – quasi tutto il territorio della Palestina storica a Israele. Ad eccezione di qualche frammento di terra entro i quali il presidente americano prevedono la nascita di uno Stato palestinese senza sovranità, senza controllo del suo spazio aereo e dei suoi confini (di fatto non avrà confini) che di fatto sarà sotto il controllo di Israele.

Trump ai palestinesi offre una serie bantustan in Cisgiordania e la Striscia di Gaza – collegati da una combinazione di strade e tunnel – che saranno chiamati «Stato di Palestina». Peraltro solo se Hamas disarmerà e i palestinesi rispetteranno una serie di rigide condizioni di sicurezza e di gestione amministrativa.  Questo Stato, ha detto, avrà come capitale Gerusalemme Est, la zona araba della città occupata da Israele nel 1967 assieme a Cisgiordania e Gaza. Come ciò potrà avvenire è un mistero se, come ha enfatizzato, tutta Gerusalemme resterà la capitale indivisa dello Stato di Israele. Funzionari statunitensi spiegano che la capitale palestinese in realtà sarà soltanto in alcune porzioni periferiche di Gerusalemme Est.

Aggiungono che sarà riconosciuta la sovranità israeliana sugli insediamenti coloniali ebraici in Cisgiordania (costruiti in violazione delle leggi internazionali) ma per quattro anni in essi non dovranno realizzarsi nuove costruzioni, per dare la possibilità alle due parti di definire con una trattativa i dettagli di un accordo globale. Ma su questo punto i dubbi sono molto forti, anche perché i coloni e il blocco dei partiti di destra guidato da Netanyahu non accetteranno mai un congelamento delle costruzioni.

Yesha, il consiglio delle colonie ebraiche, ieri si è espresso quasi in blocco contro il piano Trump, sostenendo che non accetterà mai l’esistenza di uno Stato palestinese, anche se fantoccio. E considerando che diversi ministri israeliani sono essi stessi coloni e rappresentanti degli insediamenti, Netanyahu non può spaccare la coalizione di destra proprio durante la campagna elettorale per il voto del 2 marzo. Avvalendosi dello scontato rifiuto palestinese di una proposta messa a punto solo per fare gli interessi di Israele, Netanyahu applicherà la parte del piano che mette d’accordo i partiti della destra (ma anche il suo avversario “centrista” Gantz ha approvato la proposta di Trump), ovvero l’annessione unilaterale della Valle del Giordano e delle ampie porzioni di Cisgiordania che le mappe presentate dall’Amministrazione Usa assegnano allo Stato di Israele. Il primo ministro lo ha detto ieri e forse già la prossima settimana il governo Netanyahu metterà a punto una legge per l’estensione ufficiale della sovranità israeliana sui territori palestinesi che sono sotto occupazione militare da oltre 50 anni. L’ambasciatore Usa David Friedman ieri sera ha spiegato che Israele è libero di annettersi le colonie in qualsiasi momento.

Manifestazioni e raduni palestinesi a Gaza, Ramallah e altre località hanno segnato ieri la “giornata della collera” contro l’Accordo del secolo. Il presidente dell’Anp, Abu Mazen, ha rifiutato di ricevere una copia delle 50 pagine del piano Usa e ha chiesto la convocazione d’urgenza della Lega araba. C’è anche stato un incontro tra dirigenti del suo partito Fatah con rappresentanti del movimento rivale Hamas. Ma gli appelli palestinesi al mondo, ai paesi arabi e all’Ue in particolare, a respingere l’inganno americano per ora cadono nel vuoto.

Il premier britannico Boris Johnson, uno stretto alleato di Trump, ha già dato un giudizio positivo del piano e nell’ombra le monarchie del Golfo, con in testa Arabia Saudita ed Emirati, guardano con favore alla proposta di Trump che mette fine alla questione palestinese e apre la strada ad accordi tra mondo arabo e Stato ebraico. Paradossalmente Giordania ed Egitto, unici due Stati arabi ad avere relazioni piene con Israele, sono quelli che si mostrano più cauti o contrari al piano. Trump assicura che la Giordania manterrà le sue responsabilità sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme ma questo non basta a rassicurare Amman.

di Michele Giorgio

da il Manifesto del 29 gennaio 2020

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