Città Studi e Milano est, cavie da laboratorio
Il contributo sul futuro di Città Studi e Lambrate di Jacopo di ILight per il dibattito sulla metropoli aperto da MilanoInMovimento.
Seguiamo ormai da tempo la vicenda del trasferimento delle facoltà scientifiche della Statale dal quartiere di Città Studi. Spesso, da studenti di UniMi, l’abbiamo descritta da un punto di vista interno, dando ampio risalto alle vicende che riguardavano l’Università in maniera diretta. Stavolta però vogliamo parlare come cittadini che il quartiere di Città Studi, e più in generale la porzione est di Milano, la vivono tutti i giorni, per i motivi più disparati.
In questi mesi, chi sta ancora seguendo la vicenda si sta rendendo conto che il quartiere di Città Studi è del tutto sparito dall’agenda del Comune di Milano, mentre fino ad un anno fa si susseguivano annunci sempre più mirabolanti sul futuro di Città Studi: da città del jazz, a città dei teatri, alla biblioteca Sormani e via dicendo. Anche il famoso “mantenimento della vocazione universitaria”, maldestro espediente per far rientrare il dissenso della cittadinanza, sembra sia destinato a rimanere niente più che uno slogan.
Vogliamo però allargare il nostro sguardo e inquadrare il trasferimento dell’Università come soltanto una parte, per quanto molto corposa, delle dinamiche che coinvolgono e coinvolgeranno il nostro quartiere.
Un luogo che sta andando incontro a una trasformazione radicale è il vecchio scalo merci di Lambrate, adiacente a Città Studi, per il quale il Comune di Milano aveva avviato una serie di dibattiti di facciata, chiudendo poi la vicenda con un accordo di programma nell’estate 2017.
Incastonato tra un quartiere universitario dal futuro avvolto nell’ombra e la periferia piena di contraddizioni di Lambrate/Rubattino, per lo scalo si prevede uno sviluppo di “edilizia sociale” (ovvero palazzine) con generiche rassicurazioni su delle porzioni a verde che ovviamente non costituiscono per nulla una garanzia sulla vivibilità dell’area.
L’ultima vicenda in ordine temporale è quella che riguarda l’ormai nota apertura del CPR in Via Corelli. Da un lato vengono riproposti i meccanismi di esclusione e reclusione nei confronti dei rifugiati che sono uno dei principali motivi per cui nascono quelle tensioni sociali che stanno portando al potere la destra, in Italia ed anche fuori. Dall’altro, il luogo che viene scelto per parcheggiare dei migranti lontano da tutto e tutti è proprio Milano est, evidenziando come, nell’ottica della Milano a cui piace sentirsi aperta e “senza muri”, in realtà la periferia è soltanto un luogo dove stipare ciò di cui ci si vergogna.
Con questo non si vuole certo dire che al momento Città Studi sia un paradiso che rischia di essere stravolto. La noncuranza delle istituzioni sia verso i luoghi della formazione sia verso i luoghi periferici si sta manifestando da tempo: è stato già detto varie volte che il polo di Città Studi necessita di massicci investimenti, un welfare studentesco degno di questo nome e di una reale integrazione con il quartiere, attraverso aperture serali ed eventi rivolti alla cittadinanza. Lo stesso scalo di Lambrate continua a essere un muro fisico che contribuisce a spezzare ulteriormente il tessuto urbano e sociale, costituendo un ulteriore ostacolo allo sviluppo delle potenzialità
dell’area.
D’altronde per rendersi conto degli effetti nefasti dell’assenza di una politica urbana basta fare un giro nelle zone di cui si sta parlando: mentre le zone immediatamente limitrofe all’Università, soprattutto quelle rivolte verso il centro città, hanno dei chiari benefici dalla promiscuità con la più grande zona universitaria di Milano (e una delle più importanti d’Italia), basta muoversi verso la stazione di Lambrate o via Porpora per trovare contesti completamente diversi, multietnici ma carichi di piccole tensioni. O anche la zona a sud di Città Studi, tra Argonne e Gorini, che al di là di alcune attività nelle vie principali è un vero e proprio quartiere dormitorio.
Avendo ora descritto sinteticamente qual’è il contesto della nostra zona e cosa si sta preparando per il futuro, ciò che balza all’occhio è una totale spregiudicatezza nell’uso del territorio. Quelli che sono delicati ecosistemi urbani e sociali rischiano di essere spazzati via da politicanti e affaristi che vedono la città come un luogo da ritagliare, incollare e rimescolare a proprio piacimento, avendo come fini il marketing quando va bene e la speculazione quando va male. Solo che all’interno dei quei ritagli passano la vita e le relazioni di centinaia di migliaia di persone, e queste persone andrebbero non solo ascoltate ma dovrebbero avere tutto il diritto di decidere sul futuro del loro territorio.
Eppure, in questo scenario apparentemente desolante, si sono create delle speranze. Esse sono tutti i comitati di cittadini e di lavoratori, le reti di quartiere, i collettivi studenteschi che stanno cercando tra tante difficoltà di fare un lavoro condiviso per opporsi alle scriteriate scelte imposte dall’alto, dal CPR a Città Studi, e creare un senso di appartenenza ad una comunità, da sempre uno degli strumenti migliori se l’obiettivo comune è quello di pretendere spazio decisionale sul proprio territorio e sulle proprie vite.
In questo percorso, il prossimo appuntamento è ormai imminente: infatti sabato 1 dicembre alle 14.30 si terrà la prima manifestazione regionale contro l’apertura del CPR di Via Corelli, che partirà da Piazzale Piola e attraverserà gran parte delle zone di cui abbiamo appena parlato. E ci auguriamo che sia un ulteriore passo verso una presa di coscienza collettiva che il destino dei nostri quartieri e delle persone che vi abitano può, e deve, essere nelle nostre mani.
Jacopo Ciccoianni di ILight Città Studi
SPECIALE “DIBATTITO SULLA METROPOLI”
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area expo città studi cittadinanza cpr lambrate periferia speculazione trasferimento università
Condivido pienamente l’articolo. Il progressivo abbandono della zona da parte delle istituzioni è ormai palese come anche la volontà di confinare in autentici ghetti periferici la crescente ondata di extracomunitari. La politica della nostra città è solo marketing di basso livello, si rischia di creare una frattura insanabile tra centro e periferia.