Cpr a Milano? Signor Prefetto, a preoccuparci siamo noi!
“Il Prefetto non nasconde la preoccupazione per le proteste della Rete NoCPR che sabato 12 ottobre ha organizzato una manifestazione contro il nuovo centro dal quale verranno rimpatriati i rifugiati a cui vengono negati i documenti necessari a restare in Italia“.
Così si legge in un articolo sull’edizione di Milano de la Repubblica di qualche giorno fa dal quale apprendiamo che, “sbarre alle finestre e piccole stanze per 140 ospiti di entrambi i sessi”, i lavori sono conclusi e mancano solo i collaudi e altri passaggi tecnici (forse il completamento di un bando di assegnazione della gestione, che dal sito della Prefettura risulta ancora fermo allo scorso marzo?).
Sicché l’apertura non sarà per quest’anno, ma sicuramente per il prossimo, assicura…
Certo, è quantomeno singolare esprimere “preoccupazione”, anziché attenzione, per le rimostranze pacifiche della società civile – ma a quanto pare (almeno a parole), anche della Curia e del Comune – contro l’apertura di un nuovo CPR che, per come è concepito, costruito e come sarà gestito, promette a tutti gli effetti di replicare l’orrore di quel che accade negli altri già esistenti in Italia, per quel poco che riesce a trapelare dalle relative strutture impenetrabili, quanto all’ordinarietà di casi di suicidi, abusi, morti in isolamento, autolesionismo, malati non soccorsi, scioperi della fame, bagni che sono latrine, cibo servito per terra.
Tanto più che – correggiamo il Prefetto! – il CPR non è riservato ai soli “rifugiati a cui vengono negati i documenti”, come se ad esservi ingabbiati fossero solo richiedenti asilo appena sbarcati: questa è un’informazione scorretta o quantomeno incompleta, perché lo può essere e lo è qualsiasi altra persona, anche magari presente regolarmente sul territorio da decenni, che per qualche accidente, come la perdita del lavoro, non abbia potuto rinnovare il proprio titolo di soggiorno.
Il fattore comune è che nessuna delle persone recluse lo è per aver commesso un reato.
E allora, forse, a preoccupare è il fatto che si faccia informazione, che si racconti quel che non si deve sapere (nella maggior parte dei CPR, all’entrata le videocamere dei cellulari vengono rotte per evitare che si filmi e si fotografi quanto accade all’interno)? O lo è più il fatto che si possa svelare l’ipocrisia delle politiche che rappresentano quale problema un fenomeno fisiologico planetario (inarrestabile) come i flussi migratori, al fine di ingenerare la percezione di bisogno che qualcuno lo “gestisca” per la “sicurezza” di cittadini e cittadine? O preoccupa di più ancora che si comprenda che tale “gestione” sia basata sull’apertura di lager di Stato al di qua e al di là del Mediterraneo e su connivenze con dittatori senza scrupoli e criminali?
Che poi, tornando alle parole del Prefetto, i CPR servano davvero al rimpatrio, è un altro mito da sfatare, anzi sfatato dalla statistiche e dall’evidenza che i trattati che consentono la deportazione nei paesi di origine si contano sulle dita di una mano o poco più: si tratta quindi di strutture utili solo ad umiliare strumentalmente le vite dei malcapitati e l’intelligenza di chi, da fuori, non crede che questa sia una risposta degna di un paese civile del XXI secolo.
Signor Prefetto, ad essere preoccupati e preoccupate siamo noi!
Tag:
cpr migranti Milano no cpr proteste rifugiati via corelli