Justice 4 Emma, we fight for rights
Nella notte tra sabato 13 e domenica 14 giugno che cosa è successo alla stazione Greco Pirelli di Milano? Trenord che il giorno prima aveva promesso carrozze con le bici nelle fasce da pendolari indicate da noi ha mantenuto una linea ambigua sulla questione trasporto biciclette, togliendo un servizio necessario che andava implementato visto il numero di richieste, con l’aggiunta di vagoni che permettessero l’accesso a rider, ciclisti e cicloamatori e non vietato come ha fatto la compagnia dei trasporto ferroviario lombardo.
La responsabilità della decisione di quante bici far salire a questo punto, fino a quando non verranno introdotti i vagoni per ciclisti, dopo il divieto di Trenord è diventata discrezionale del capotreno. A Greco Pirelli non volevano far salire i fattorini con le biciclette, nonostante fosse chiaro che la risoluzione al problema fosse vicina, soprattutto grazie alle proteste dei rider e all’interrogazione sollevata in Consiglio regionale che ha aperto lo spiraglio per una trattativa tra RiderXiDiritti e Trenord.
Emma, insieme ad altri ragazzi, trovandosi in stazione, dopo aver passato tutto il giorno in strada e aver consegnato per molte ore, voleva solo tornare a casa. È stata questa la sua unica colpa. Ha protestato con il capotreno detto che si trattava di un’ingiustizia e che non voleva né lasciare la bici in stazione incustodita rischiando di subire un furto, perché non poteva permetterselo (è il suo strumento di lavoro), né tanto meno era disposto a dormire su una panchina.
Di fronte ad un ragazzo di 28 anni nigeriano, titolare di un regolare permesso di soggiorno (ma non è questo il punto per noi) la Polizia cosa ha fatto? Per sedare la discussione che si faceva animata e spaventare gli altri (che avrebbero dormito in strada) ha deciso di portare via Emma in Questura, dove è stato trattenuto per più di 6 ore, interrogato, intimidito e picchiato con calci e pugni lungo tutto il corpo. Calci nelle parti intime, botte sulla schiena, sulle gambe (un rider ci lavora con le gambe), sulle braccia.
La Polizia ha dichiarato all’Ansa che gli hanno trovato addosso 43 g di hashish, facendolo passare per uno spacciatore, in modo tale che l’equazione fosse perfetta, rider nero, drogato e spacciatore che protesta perché è pericoloso socialmente. Non è così. Emma è un fattorino che lavora da tempo nel delivery e come molti altri di noi ha lavorato no stop durante il lockdown, senza protezioni e senza diritti a causa dell’assenza di un contratto. Aveva con sé (abbiamo il verbale della Questura) 0,43 g di hashish per uso personale, meno di una sigaretta.
Qualcuno ha pensato evidentemente che ad un corriere africano si potesse fare questo. Diffamazione, violenze. Gli hanno rotto il telefono, altro strumento di lavoro per un rider. Nel video si vede chiaramente che chiede prima di essere ammanettato di poter chiudere la sua bici, ma gli agenti non glielo permettono. Senza telefono, isolato da tutti, Emma si è dovuto trascinare su una gamba all’ospedale più vicino. Lo hanno dimesso dal Pronto Soccorso, dopo qualche esame, ancora dolorante.
Siamo riusciti a metterci in contatto con lui attraverso altri colleghi, solo a metà pomeriggio, dopo che la rete solidale di lavoratori si è mossa per cercarlo. Lo abbiamo incontrato e ricostruito l’accaduto insieme a lui. Poi uno di noi gli ha lasciato un telefono. Abbiamo chiamato di nuovo un’ambulanza perché non stava bene e aveva ancora bisogno di cure. Lo hanno ricoverato ieri sera per accertamenti, aveva la febbre, un brutto ginocchio. Era ancora sotto shock per le violenze subite.
Questa situazione non passerà sotto silenzio. I colpevoli devono pagare. Pretendiamo giustizia per Emma. Emma non è solo. Tramite la rete delle ciclofficine popolari abbiamo già trovato una bici per lui. Faremo una colletta per un telefono nuovo. E ci organizzeremo per non abbandonarlo. Nessun rider è solo.
Nessuno è solo quando lotta insieme ai suoi fratelli per far valere i propri diritti. E se prima eravamo sparpagliati per la città, ora siamo uniti. Questo clima di tensione inaccettabile è stato creato da Trenord che ha preferito attaccare i rider al posto di riorganizzare le corse, da Regione Lombardia che non ha preso parola sulla vicenda e dalle piattaforme di delivery food che dovrebbero pagare strumenti di lavoro a tutti i rider in quanto siamo lavoratori subordinati e che invece scaricano il rischio d’impresa tutto su di noi, con paghe da fame e la partita IVA.
Tutto questo deve finire! Chiediamo giustizia per Emma e giustizia per tutti i rider! Chi ha sbagliato pagherà! Vogliamo subito vagoni per le biciclette su tutti i treni. Il tempo delle attese è finito. È nostro diritto.
#bicisultreno #rights4riders #unitedwestand
#justice4riders
In the night between Saturday 13 and Sunday 14 June what happened at the Greco Pirelli station in Milan? Trenord that the day before had promised carriages with bikes in the commuter bands indicated by us has maintained an ambiguous line on the bicycle transport issue, removing a necessary service that had to be implemented given the number of requests, with the addition of wagons that allowed the access to riders, cyclists and cycle amateurs and not forbidden as the Lombard railway transport company did.
The responsibility for deciding how many bikes to get on at this point, until the wagons for cyclists are introduced, after the Trenord ban has become the discretion of the train conductor. Greco Pirelli did not want to pick up the bellboys with bicycles, although it was clear that the resolution to the problem was close, especially thanks to the protests of the riders and the question raised in the Regional Council which opened the door for a negotiation between RiderXiDiritti and TrenordTrenord.
Emma, along with other boys, being in the station, after spending all day on the street and having delivered for many hours, just wanted to go home. This was his only fault. He protested with the conductor that it was an injustice and that he did not want to leave the bike in the station unattended, risking being stolen, because he could not afford it (it is his work tool), much less was he willing to sleep on a bench.
What did the police do in front of a 28-year-old Nigerian boy who holds a regular residence permit (but that’s not the point for us)? To quell the heated discussion and frighten the others (who would have slept on the street), he decided to take Emma away to the police station, where he was held for more than 6 hours, interrogated, intimidated and beaten with kicks and punches throughout the body. Kicks in the private parts, beaten on the back, on the legs (a rider works with his legs), on the arms.
The police told Ansa that they found 43 g of hash on him, making him pass for a drug dealer, so that the equation was perfect, black rider, drug addict and drug dealer who protests because he is socially dangerous. It is not so. Emma is a delivery boy who has been working for some time in delivery and like many of us he worked non-stop during the lockdown, without protections and without rights due to the absence of a contract. He had 0.43 g of hashish for personal use (we have the police report), less than a cigarette.
Someone evidently thought that an African courier could do this. Defamation, violence. They broke his phone, another work tool for a rider. In the video it is clearly seen that he asks before being handcuffed to be able to close his bike, but the agents do not allow him. Without a phone, isolated from everyone, Emma had to drag herself on one leg to the nearest hospital. They released him from the emergency room after some tests, still aching.
We managed to get in touch with him through other colleagues, only in the middle of the afternoon, after the solidarity network of workers moved to look for him. We met him and reconstructed what happened together with him. Then one of us left him a phone. We called an ambulance again because it was not well and still needed treatment. They hospitalized him last night for tests, he had a fever, a bad knee. He was still in shock from the violence he suffered. This situation will not go unnoticed. The culprits must pay. We demand justice for Emma. Emma is not alone. Through the network of popular bicycle workshops we have already found a bike for him. We will collect a new phone. And we will organize ourselves not to abandon it. No rider is alone.
Nobody is alone when they fight together with their brothers to assert their rights. And if before we were scattered around the city, now we are united. This climate of unacceptable tension was created by Trenord who preferred to attack the riders instead of reorganizing the races, from the Lombardy Region that did not take a word on the matter and from the delivery food platforms that should pay working tools to all the riders in how much we are employed and who instead download the business risk all on us, with starvation wages and VAT.
All this must end! We demand justice for Emma and justice for all riders! Whoever made a mistake will pay! We immediately want bicycle wagons on all trains. The time for waiting is over. It is our right.
Deliverance Milano
#RiderXiDiritti
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abusi arresto biciclette lavoratori polizia precarietà repressione rider sfruttamento treno trenord