Milano – Beni comuni vendesi?
Dopo gli attacchi di questa estate agli spazi autogestiti e le prime risposte da parte delle realtà autorganizzate, la vicenda “spazi sociali a Milano” sembra essersi inabissata, in una città alle prese con la seconda ondata della pandemia. Ma non è così. In questi giorni ci sono novità importanti (e negative) sulla questione che riguara Ri-Make.
Qui il comunicato.
Arrivano novità importanti dal Comune di Milano!
Saranno interventi d’urgenza per l’emergenza Covid-19? Investimenti economici per sostegni al reddito, alla spesa, alla casa, alla cura dei bambini?
Macché! Si tratta, come spesso ormai ci capita di ricevere, brutte e minacciose notizie per alcuni spazi sociali autogestiti e solidali della città…
Lo scorso 2 novembre sul sito istituzionale del Comune di Milano viene pubblicato questo comunicato: “Con 25 voti a favore il Consiglio comunale ha votato l’integrazione al Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari del 2020. La delibera modifica il Documento unico di programmazione del Bilancio di previsione 2020-2022 e consente un’integrazione delle dismissioni immobiliari che serviranno al Comune per attivare processi virtuosi di rigenerazione urbana come Reinventing cities e rimettere nel circuito cittadino sin da subito 25 immobili in disuso, oggi abbandonati sul territorio”.
Questa delibera, e un’altra di pochi giorni precedenti, riguardano anche la struttura dell’ex-Liceo Omero di via del Volga 4 per la quale si trovano due precisioni:
– l’anticipo della demolizione (prevista nel Piano Triennale delle Opere) dal 2021 al 2020 (!?) – con una spesa prevista di 2,500,000 di Euro.
– la vendita dell’area con pieno diritto di proprietà e di superficie.
In sostanza l’ex-liceo verrà demolito e l’area venduta a chi vincerà un bando specifico che ne potrà quindi disporre su un proprio progetto.
Obiettivo dell’Amministrazione Comunale? Fare cassa “per fare politiche di investimento senza ricorrere all’indebitamento”. Ovvero rinuncia a spazi e strutture che potrebbero rispondere a esigenze sociali nei vari quartieri affidando al privato rispondere (forse) a queste esigenza.
Un anno fa, parlando della demolizione, l’Assessore Granelli scriveva: “Come usare quello spazio sarà un tema di partecipazione dei cittadini, a partire dallo studio delle esigenze della popolazione e pensando i cambiamenti del quartiere”.
La realtà è ben diversa: la progettazione sarà fatta da un privato, che ovviamente prevederà la “risposta a bisogni sociali”, ma non ci sarà alcuna discussione con il quartiere per valutare quali siano quelle esigenze.
Come avevamo comunicato pubblicamente, alla fine del mese di settembre abbiamo inviato una nostra manifestazione d’interesse (dopo le due precedenti inviate già nel 2018 e nel 2019) presentando il progetto di Ri-Make Bene Comune, attraverso l’associazione Fuorimercato, attiva da tempo nello spazio, e un insieme di realtà associative e informali che volevano continuare a dar vita all’ex liceo Omero recuperato come spazio aperto e non esclusivo, partecipato, autogestito, mutualistico.
Una manifestazione d’interesse che presentavamo nel quadro dell’avviso pubblico aperto dal Comune di Milano, che riguardava appunto i 25 spazi “in disuso” (sic!) con un progetto che prevedeva una soluzione in due tempi per l’ex-Omero: il riconoscimento in tempi brevi come Bene Comune dello spazio – che quindi potrebbe continuare le attività sociali, culturali e mutualistiche con una gestione aperta – fino alla demolizione (di cui comprendiamo la necessità, date le difficoltà di una efficace e complessiva ristrutturazione dello stabile); l’utilizzo del tempo in attesa della demolizione per aprire un tavolo di co-progettazione tra le associazioni interessate, le/i cittadine/i del quartiere e l’Amministrazione Comunale per decidere insieme quali siano davvero le esigenze comuni e cosa si potrebbe realizzare nello spazio, anche attraverso finanziamenti europei e solidali.
Nessuna risposta è ancora arrivata rispetto a questa manifestazione d’interesse ma il percorso avviato dall’Amministrazione Comunale è molto chiaro, e ci chiediamo dunque che valenza abbia avuto questo avviso pubblico e le proposte di “partecipazione” rivolte alla cittadinanza per la gestione degli spazi da recuperare, tanto decantate dalla giunta.
In un precedente comunicato parlavamo di “scelte amministrative che sembrano contraddittorie… rispetto alle stesse possibilità regolamentari e giuridiche che pure privilegiano chi può permettersi investimenti finanziari” e rilanciavamo una sfida politica e sociale all’Amministrazione stessa che riguardava tutti gli spazi sociali milanesi a rischio di sgombero o abbandono: “…riconoscere come “Bene comune” questi spazi, riconoscere il loro valore sociale, la loro “redditività civica”. Non dovrebbe essere semplicemente una scelta amministrativa, quanto il riconoscimento della necessità di questi spazi sul territorio. Necessità non per chi li “gestisce”, ma per le migliaia di persone che partecipano, abitano, usufruiscono di servizi e sostegno da questi spazi”.
L’Amministrazione Comunale non sembra in alcun modo interessata a sperimentare nuove strade di valorizzazione sociale di spazi non abbandonati ma fatti vivere in questi anni – e ancora oggi attivi nella solidarietà alle tante persone in difficoltà a causa dell’emergenza per il Covid 19 anche in questa seconda ondate.
L’unica soluzione è quella di vendere, fare cassa, senza confrontarsi seriamente – altro che dialogo con gli spazi; altro che “riconoscere che alla fine parliamo di spazi sociali che forniscono una produzione culturale alternativa, un’ aggregazione a basso costo, svolgono una funzione molto contemporanea”, come ha dichiarato il Sindaco Sala.
Ancora una volta parole al vento. Parole vuote di un’amministrazione indisponibile ad ascoltare le necessità e le progettualità che arrivano da questi territori e da questi spazi, nonostante siano arrivati attraverso quei canali istituzionali che il sindaco stesso indica come gli unici possibili.
Se non si può discutere seriamente del futuro e della tutela di queste esperienze solidali e autogestite, tanto di valore per l’amministrazione, neanche partecipando formalmente e correttamente a un avviso pubblico, che cosa bisogna fare?
Per neanche un minuto l’amministrazione si è davvero preoccupata non solo di tutelare ed evitare la cancellazione delle esperienze degli spazi recuperati, ma anche di come non condannare a chiusura certe associazioni, presenti in spazi di proprietà comunale, che sono attive sul territorio da decenni, e che per la crisi attuale non sono più in grado di sopravvivere.
La giunta Sala vive di una normalità della mercificazione e della svendita dei beni pubblici anche in questa situazione eccezionale. E noi abbiamo sempre pensato che è questa normalità ad essere il problema.
Per quanto ci riguarda continueremo a portare le nostre proposte in ogni sede, istituzionale e non. E lo faremo insieme alla rete degli spazi sociali e liberati, che in questi giorni è stata impegnata in tante iniziative – sia di mobilitazione (come il presidio del 4 novembre davanti a Palazzo Marino per Reddito-salute-istruzione e la nostra partecipazione alla mobilitazione online “Per una società della cura” di sabato 21 novembre) che di solidarietà concreta e diffusa in tutta la città.
Pretendiamo che ci sia una risposta formale all’avviso pubblico e alla nostra manifestazione d’interesse, e che si apra un tavolo di confronto pubblico tra l’amministrazione e tutte le realtà di autogestione, solidarietà e mutualismo interessate da queste minacce e che rischiano di essere cancellate da questa situazione.
Difendere gli spazi autogestiti per noi non è garantirci una sede privata, quanto aprirsi alla progettazione sociale e popolare, proprio quella che l’Amministrazione sembra aver deciso di evitare.
Per noi sono i Beni Comuni e le pratiche di autogestione dal basso che indicano le uniche vie per una città alternativa, fondata sulla cura reciproca e sulla risposta collettiva ai bisogni sociali.
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