Partigian* in ogni strada – I fucilati al Poligono della Cagnola

“Cara mamma,
quando riceverai questa, io non ci sarò più, il piombo nemico mi avrà già freddato, perciò mi raccomando a te i miei cari figlioli, baciali tanto per me, come pure Tilde ed istruiscili finché siano buoni patrioti come lo fui io e che facciano di tutto per vendicarmi. Caramente bacio tutti per l’ultima volta, addio evviva l’Italia evviva l’idea comune.
Vostro Arturo”.
Queste sono le ultime parole di Arturo Capettini , uno dei quattro partigiani fucilati il 31 dicembre 1943 al Poligono della Cagnola, in piazzale Accursio a Milano. Insieme a lui furono uccisi Cesare Poli, Gaetano Andreoli e Angelo Scotti, dopo aver subito un processo-commedia al Tribunale di Milano durante il quale ai quattro vengono mosse le accuse di: “aver capeggiato Comitati di Liberazione, aver organizzato il movimento partigiano, aver fatto propaganda al fine di provocare l’insurrezione armata contro gli invasori ed essere in collegamento con i partigiani di San Martino”. Al momento della sentenza Poli gridò “Voi ci uccidete, ma presto ci seguirete; Viva l’Italia!”.

Capettini aveva aderito al Comitato di Liberazione Volontari subito dopo l’invasione tedesca prendendo il nome di battaglia “Giuseppe”, mentre il cognato Cesare Poli era conosciuto nella Resistenza come “Gardena”. I due furono arrestati in seguito all’uccisione di Aldo Resega, segretario politico del Partito fascista a Milano. La casa e il negozio di Arturo furono perquisiti, la moglie arrestata e picchiata rispose così alle minacce di un repubblichino: “Ma fucilatemi subito, so cosa può succedermi ora che sono in vostre mani”.

L’avvocato Angelo Scotti faceva parte del Comitato Militare Lombardo, una delle prime organizzazioni della Resistenza a carattere militare, arrestato il 9 novembre 1943 dalle SS, subì torture talmente violente che al termine dell’interrogatorio dovette essere trasportato di peso nella sua cella, perché incapace di muoversi.

Gaetano Andreoli fu arrestato il 13 novembre del 1943, era membro del Comitato “5 Giornate” e curava il collegamento con i partigiani del colonnello Croce, a San Martino.

Davanti al plotone d’esecuzione della Muti i quattro condannati congedarono il prete al grido di: “Noi moriamo al grido di <<Viva l’Italia libera!>>”.


Scheda sulla  fucilazione del 31 dicembre 1943 dell’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia

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