Il G8 non finisce mai. A 20 anni dai fatti Luca torna in carcere

Manca poco più di un mese al ventennale delle tragiche giornate del luglio 2001 e una pessima notizia arriva a riportarci mani e piedi a quella vicenda che sembra non voler finire mai.

In un post di ieri 8 giugno Supporto Legale che in tutti questi anni ha continuato a tenere viva la solidarietà e la vicinanza nei confronti di coloro che hanno visto le proprie vite travolte dalla repressione legata ai fatti di piazza del G8 annuncia che Luca Finotti, uno dei condannati in via definitiva al processo contro i manifestanti, è tornato in carcere.

Queste le parole con cui si annuncia il ritorno in carcere a Cremona di Luca:

Da ormai due settimane a Luca è stato revocato il permesso per stare in comunità. Di conseguenza è rientrato in carcere per terminare di scontare la pena relativa ai fatti del G8 di Genova. A lui va tutta la nostra solidarietà. Tieni duro, presto sarai libero! (…)

Per contattarlo direttamente scrivete a: “Luca Finotti – Casa circondariale di Cremona – Via Palosca, 2, 26100 Cremona CR”

Luca aveva scritto un bellissimo racconto della sua vicenda per Zapruder di cui riprendiamo un piccolissimo stralcio:

“Quei tre giorni me li ricordo tutti, per filo e per segno, sono stati raccontati in tutte le salse, nei documentari, nei libri, nelle aule di tribunale e sinceramente, come testimone, non credo di poter aggiungere qualcosa che non sia già stato detto, già visto e rivisto; più interessante può essere sapere cosa è successo dopo e il mio dopo inizia nel febbraio 2002, un venerdì, quando un amico mi chiama la mattina presto e chiede di incontrarmi per discutere a quattrocchi di una questione urgente. Mi vesto ed esco pensando a cosa possa essere successo, arrivato alla fermata del bus sulla locandina del giornale cittadino fuori l’edicola adiacente leggo: «Un pavese in piazza Alimonda». Dalle pagine del giornale non esce nessun nome ma solo il più stretto riserbo degli uffici della Questura, salgo sul bus e incontro l’amico che mi chiede che intenzioni ho trovandomi totalmente impreparato, non so cosa rispondergli, prendo tempo e comincio a guardarmi le spalle quando sono in giro”.

L’ultima volta che si era parlato delle condanne inflitte ai manifestanti che sfidarono gli otto potenti a Genova era stato per la vicenda di Vincenzo Vecchi, arrestato in Francia con un’operazione poliziesca congiunta in grande stile l’8 agosto 2019 sulla cui testa pendeva un mandato di cattura europeo (utilizzato anche per i manifestanti greci indagati per i fatto del Primo Maggio NoExpo 2015 a Milano) successivamente annullato e sulla cui posizione si esprimerà la Corte di Giustizia europea visto che l’Italia continua a pretendere la sua estradizione.

Luca era invece stato arrestato in Svizzera nell’ottobre 2017 e si trovava in comunità dal settembre 2019 come racconta il suo avvocato Laura Tartarini, figura storica della difesa degli imputati per i fatti di strada di quei giorni. I motivi della revoca del permesso di scontare la condanna in comunità sono tuttora piuttosto vaghi e nebulosi.

Manifesto affisso a Milano in occasione delle sentenze sui fatti del G8 nel 2012

Ogni volta che si parla dei fatti del G8 va ricordata la sostanziale disparità di trattamento tra i manifestanti e i responsabili delle Forze dell’Ordine.

I primi, nel luglio 2012 (con successive riformulazioni che però non hanno cambiato la sostanza della sentenza) sono stati condannati a pene durissime per il famigerato reato di devastazione e saccheggio che prevede pene tra gli 8 e i 15 anni di carcere. Tra loro Marina Cugnaschi, Vincenzo Vecchi, Francesco Puglisi, Alberto Funaro e appunto Luca Finotti a pene tra i 10 e i 14 anni di reclusione che hanno aperto a tutti, in periodi diversi, le porte del carcere.

I secondi, nonostante le gravissime responsabilità dimostrate in sede giudiziaria per la mattanza della scuola Diaz e per le torture della Caserma di Bolzaneto a pene ridotte che hanno garantito una sostanziale impunità generalizzata.

Il che fa dire, come recitava una celebre scritta su un muro: “Vale più una vetrina rotta che una vita spezzata”.

 

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