Tende in Piazza, tutti assolti per l’occupazione dell’ex Cinema Splendor

Ieri sentenza di assoluzione per 11 tra attivisti e attiviste denunciati durante le lotte del 2023 contro il caro affitti per gli studenti.

Ieri, mentre Milano finiva (anzi tornava) al centro della cronaca giudiziaria per le perquisizioni e le misure restrittive emesse su mandato della Procura meneghina nel quadro dell’inchiesta sull’urbanistica che nel giro di poche ore ha affondato, pare definitivamente, il discusso decreto “Salva Milano”, nello stesso esatto momento si chiudeva un’altra vicenda giudiziaria che in apparenza non ha nessun legame coi fatti della mattinata di ieri, ma in realtà ne ha molti di più di quanto si pensi.

Il 5 marzo la Settima sezione penale del Tribunale di Milano ha infatti assolto 11 tra studentesse e studenti accusati di “invasione d’edificio in concorso” per l’occupazione, nel settembre del 2023, dell’ex Cinema Splendor di viale Gran Sasso, a pochi metri dal Politecnico e da piazza Leonardo Da Vinci, dove a maggio dello stesso anno era partito il movimento delle Tende in Piazza che si era poi esteso a macchia d’olio in tutta Italia. Un movimento, quello delle tende, che seppur di breve durata era riuscito a far emergere con forza un tema importante e portarlo alla ribalta dell’opinione pubblica ovvero quello del caro affitti sempre più insopportabile che grava sulle spalle di studenti e studentesse universitarie.

L’assoluzione è arrivata “per la particolare tenuità del fatto” ed è stata richiesta dallo stesso pm Enrico Pavone che ricopriva il ruolo dell’accusa. Prima della sentenza, in una dichiarazione spontanea, una delle imputate ha spiegato che “l’obiettivo dell’azione era quello di denunciare la presenza di spazi abbandonati e non riqualificati, nonostante la necessità degli studenti”.

Scrivevamo a novembre, a inizio processo:

E’ passato più di un anno e nulla, assolutamente nulla è stato fatto per migliorare la situazione.
Né da destra né da sinistra che poi finge di stupirsi del motivo per cui più di metà dell’elettorato non va più a votare e se vota non vota una parte ritenuta incapace di venire incontro alle esigenze della sua base sociale di riferimento.
Non bastasse tutto questo però ci si è messa la repressione a mantenere viva la memoria di quella lotta.

Ecco perché le due vicende di ieri, seppur apparentemente distanti, sono strettamente legate. Perché parlano del modello di metropoli com’è e come invece potrebbe essere.

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