[DallaRete] Chinadown, lo choc globale

13est2-cina-yuan-cina-banche-borsaIntervista. L’economista svizzero: «La svalutazione dello Yuan creerà una situazione incompatibile con la rigidità di Schäuble. Con il venire meno della forza della Germania, cioè lo sbocco in Oriente, non vedo come potranno funzionare le sue politiche ossessivamente austeritarie.

L’Europa potrebbe rac­co­gliere la chance offerta dalla crisi cinese per rove­sciare l’assetto eco­no­mico impo­sto al con­ti­nente dall’austerità. Per l’economista Chri­stian Marazzi la sva­lu­ta­zione dello yuan voluta da Pechino mer­co­ledì scorso potrebbe aprire uno spi­ra­glio per il rilan­cio di poli­ti­che espan­sive nell’Eurozona. «Venendo meno la pos­si­bi­lità di espor­tare mas­sic­cia­mente in Cina – ragiona l’autore de E il denaro va (Bol­lati Borin­ghieri) e Dia­rio della crisi (Ombre Corte) — la Ger­ma­nia potrebbe avere inte­resse nel rilan­cio della domanda interna entrando così in una fase post-austeritaria”.
La Ger­ma­nia sof­fre da almeno un anno la crisi cinese, ma il suo governo non sem­bra inten­zio­nato a cam­biare impo­sta­zione. È uno sce­na­rio cre­di­bile?
In effetti ci con­fron­tiamo con un fana­ti­smo ordo­li­be­ri­sta sem­pre più poli­tico. La rigi­dità con la quale i tede­schi con­ti­nuano ad affron­tare la Gre­cia, osten­tando la loro ege­mo­nia, lascia in sospeso que­sta chance. Ma la situa­zione che è stata uffi­cia­liz­zata dalla Banca del popolo cinese (Bpc) è incom­pa­ti­bile con la rigi­dità di Schäu­ble. Con il venire meno della forza della Ger­ma­nia, cioè lo sbocco in Oriente, non vedo come potranno fun­zio­nare le sue poli­ti­che osses­si­va­mente auste­ri­ta­rie. Si potreb­bero addi­rit­tura imma­gi­nare le sue dimis­sioni o una crisi seria del governo.

Quali saranno i con­trac­colpi di que­sta deci­sione sull’Europa e le poli­ti­che di Dra­ghi?
La Bce sarà costretta a con­ti­nuare il quan­ti­ta­tive easing anche oltre il Set­tem­bre 2016 dato che uno degli effetti che avrà la deci­sione cinese sarà quello di espor­tare defla­zione pro­prio nel momento in cui la Bce sta cer­cando di debel­larla. Biso­gna dire che il Qe non genera neces­sa­ria­mente una cre­scita omo­ge­nea, que­sta situa­zione com­pli­cherà ancora di più l’obiettivo che intende rag­giun­gere Dra­ghi. Nei pros­simi mesi assi­ste­remo inol­tre alla recru­de­scenza degli attac­chi al sala­rio, alle pen­sioni e alla pre­ca­riz­za­zione dei lavo­ra­tori per far fronte ad uno sce­na­rio glo­bale desta­bi­liz­zato. Sarà come prima, ma più di prima. In que­sta cor­nice potreb­bero raf­for­zarsi una serie di riven­di­ca­zioni poli­ti­che anche in Ita­lia, ad esem­pio quella di sgan­ciare il costo del lavoro dalle con­di­zioni di vita, tra­sfor­mando il sala­rio in red­dito di esi­stenza e non più in costo del lavoro. Una situa­zione che potrebbe faci­li­tare una fase di costi­tu­zione di movi­menti tra­sver­sali e postsindacali.

Il fal­li­mento di Tsi­pras sem­bra avere invece raf­for­zato le posi­zioni sovra­ni­ste, noeuro e xeno­fobe, l’opposto di que­sto sce­na­rio…
Siamo tutti ancora stor­diti per quanto è suc­cesso in Gre­cia. La forza della neces­sità pre­vale ormai sull’ottimismo di una ver­ti­ca­liz­za­zione dei movi­menti. La sva­lu­ta­zione cinese e la realtà esplo­siva e tra­gica dei pro­fu­ghi sono i due aspetti più visi­bili di una situa­zione in equi­li­brio pre­ca­rio. Non so quanto potrà durare senza sca­te­nare rivolte che non avranno neces­sa­ria­mente un esito posi­tivo e costi­tuente. Detto que­sto, è il caso di notare che il piano Schäu­ble pre­vede l’uscita dall’euro della Gre­cia e di altri paesi, cioè la stessa cosa che vogliono i suoi avver­sari. Il dibat­tito euro sì-euro no mi sem­bra una grande trap­pola. È stato giu­sto inve­stire su Syriza, ora biso­gna pun­tare su una fase di con­creta soli­da­rietà, di spe­ri­men­ta­zione di monete di scam­bio locali. Non dev’essere il movi­mento a ver­ti­ca­liz­zarsi, com’è acca­duto in Gre­cia, ma la poli­tica a farsi oriz­zon­tale e a misu­rarsi inte­gral­mente con le sue istanze.

Quali sono invece gli sce­nari che si aprono in Cina?
Già pro­spet­tando le con­se­guenze sul governo tede­sco delle deci­sioni della Bcp di Pechino abbiamo com­preso che la Cina è, non da oggi, un attore estre­ma­mente potente dell’economia glo­bale. Non lo è solo dal punto di vista degli scambi com­mer­ciali, ma ormai anche da quello mone­ta­rio inter­na­zio­nale e degli equi­li­bri dei mer­cati finan­ziari. Que­sta deci­sione è stata presa per rime­diare al ter­re­moto avve­nuto sulla borsa di Shan­gai e ha molto a che fare con una lotta nel Par­tito Comu­ni­sta. Il ven­tre del Pcc si è ven­di­cato con­tro Xi Jin­ping ven­dendo in massa i titoli. La base del par­tito non sop­porta la cam­pa­gna con­tro la cor­ru­zione voluta dai ver­tici. È in atto una lotta interna che Xi Jin­ping sta vin­cendo, almeno per il momento. La banca cen­trale agi­sce secondo le diret­tive del par­tito per con­te­nere que­sta resi­stenza della base.

Quella cinese è una mossa pre­ven­tiva con­tro il rialzo dei tassi che la Fede­ral Reserve ame­ri­cana dovrebbe deci­dere in autunno?
Janet Yel­len, la gover­na­trice della Fed, ha seguito una poli­tica intel­li­gente orien­tata all’uscita gra­duale dalle poli­ti­che di tassi di inte­resse nulli. Sem­brava che si fosse pros­simi alla pos­si­bi­lità di farlo, ma quanto suc­cesso in Cina l’ha azze­rata o posti­ci­pata. Non è cosa da poco per­ché l’aumento dei tassi è neces­sa­rio per gli Usa in vista di una pros­sima di crisi. Per gli ame­ri­cani è neces­sa­rio avere un mar­gine di mano­vra per con­tra­stare la reces­sione. Se non pos­sono aumen­tare i tassi, non avranno que­sti mar­gini nel futuro. Que­sti eventi pos­sono avere risvolti anche preoccupanti.

Quali?
Si sono visti subito quando il ren­di­mento dei buoni del tesoro Usa a due anni è calato in pre­vi­sione dell’impossibilità della Fed di aumen­tare a breve i tassi per gli effetti defla­zio­ni­sti della sva­lu­ta­zione cinese. Pen­siamo alle con­se­guenze sui fondi pen­sione, cioè i mag­giori acqui­renti di buoni del tesoro al mondo. Con que­sti tassi di ren­di­mento nulli o addi­rit­tura nega­tivi si tro­ve­ranno nei pasticci quando dovranno ero­gare le ren­dite pen­sio­ni­sti­che. Poi c’è l’effetto sulle mate­rie prime, come l’oro o il rame che subi­scono con­trac­colpi forti per il calo della domanda mon­diale. Infine c’è il calo del petro­lio che dall’anno scorso ha pesanti effetti sull’industria del frac­king. L’unica cosa che potrebbe con­tro­bi­lan­ciare la rigi­dità dei tassi di inte­resse pros­simi allo zero è che in que­sti mesi sono stati fatte tante fusioni e acqui­si­zioni visto che il denaro costa nulla. Tutti teme­vano un rialzo dei tassi di inte­resse e quindi un effetto peri­co­loso sulle grandi cor­po­ra­tion che si sono com­prate a vicenda, indebitandosi.

Per­ché il Fondo Mone­ta­rio man­tiene la calma in que­sta situa­zione?
Per­ché un cam­bio più fles­si­bile per­mette di avere un’economia dina­mica e favo­ri­sce l’entrata del ren­minbi nel paniere dei diritti spe­ciali di pre­lievo, costi­tuito dal dol­laro, l’euro, la ster­lina e lo yen. Dall’inizio del 2014 il ren­minbi si è riva­lu­tato di oltre il 10 % a causa del suo legame con il dol­laro. La terza sva­lu­ta­zione della moneta cinese rie­qui­li­bra in maniera nor­male la parità con le valute dei part­ner com­mer­ciali occi­den­tali ed è un primo passo verso la mer­ca­tiz­za­zione di quella cinese che non sarà più una moneta cir­co­scritta agli scambi con i paesi asia­tici più vicini. Secondo la loro tra­di­zione, i cinesi hanno astu­ta­mente rove­sciato la cri­tica degli ame­ri­cani (rigi­dità del ren­minbi) a loro van­tag­gio. Oggi il loro van­tag­gio sta nella sva­lu­ta­zione che com­pensa il calo della pro­du­zione e delle espor­ta­zioni che è molto più grave di quella annunciata.

Si raf­forza allora la trap­pola dell’economia finan­zia­ria: tassi bassi, cre­scita bassa e liqui­dità a go go?
Sì, l’economia è desta­bi­liz­zata e lo resterà. In que­sto sce­na­rio va inteso il con­trat­tacco cinese con­tro una poli­tica finan­zia­ria ame­ri­cana che ha voluto pena­liz­zare i paesi emer­genti, e la Cina in primo luogo.

http://ilmanifesto.info/chiristian-marazzi-chinadown-lo-choc-globale/

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