[DallaRete] Come può una foto vicino ad un blindato in fiamme tramutarsi in una condanna a 6 anni di carcere?
Il 6 Giugno la Corte di Cassazione ha confermato in Appello le condanne formulate contro Davide Rosci uno dei ragazzi imputati per gli scontri a Roma del 15 Ottobre 2011. Viene posto agli arresti domiciliari nell’Aprile 2012 in attesa di giudizio tra lo stupore di molti perché nelle foto che lo individuavano non stava facendo un bel niente. Non tirava pietre, non si scagliava contro nessuno, non faceva alcuna cosa che potesse implicarlo penalmente ma venne fotografato vicino al blindato in fiamme mentre stava ridendo. Questa foto gli costerà una condanna a 6 anni di reclusione per il reato di devastazione e saccheggio.
Che cos’è il reato di devastazione e saccheggio? E’ un reato nato nel 1930 per combattere gli antifascisti ed ancora vigente nel nostro ordinamento nonostante siano passati più di 80 anni e combattuta una guerra di liberazione. Viene definito come incostituzionale da molte persone dato che è un reato indeterminato che punisce non una specifica condotta ma l’insieme di più azioni, anche se compiute da terzi, ed è un reato che prevede pene spropositate dagli 8 ai 15 anni. Va precisato che dal dopoguerra al 2000 è stato contestato solo 3 volte e sappiamo tutti quelli che sono stati il ‘68 e i gravi scontri di piazza con morti e feriti che hanno caratterizzato quegli anni. Nell’ultimo decennio però è “tornato di moda” e viene in modo sempre più arbitrario utilizzato contro chiunque scende in piazza a manifestare.
Quanto successo a Roma quel giorno è ben noto, Davide comunque è tranquillo, sa di aver si partecipato, ma di non essersi reso protagonista di atti di violenza. Come detto, tuttavia, il 20 Aprile del 2012 viene posto agli arresti domiciliari e ci resterà con serenità fino al 7 Gennaio 2013 quando affronta il giudizio di primo grado. In quella sede il giudice Battistini, dopo 15 minuti di orologio di camera di consiglio, esce con un verdetto già scritto condannando Davide e gli altri 5 imputati a 9 anni di reclusione (6 per aver scelto il rito abbreviato) e dal giorno seguente Davide inizia lo sciopero della fame per ribellarsi all’applicazione di un reato fascista.
Il 26 Gennaio 2013 però gli costerà caro. E’ sabato e Davide è solo a casa visto che entrambi i genitori sono ricoverati all’ospedale, così come risulterà dalla documentazione fornita agli organi inquirenti, esce di casa alle 8 e 30 per andare a lavorare, così come concessogli, fa 300 metri con la macchina ma viene fermato fuori dalle poste dove aveva fatto la ricarica per avvisare i carabinieri così come disposto dalle autorità. E’ con il cellulare in mano mentre stà chiamando in caserma e viene bloccato. Lui spiega di esser convinto che fosse venerdì e che stava solo andando a lavoro, ma i carabinieri gli fanno notare che era sabato. I carabinieri accertano che è in orario di lavoro, sta chiamando per avvisare in caserma e che ha fatto solo pochi metri da casa e lo riportano a casa capendo che quello è stato solo un errore, sì grave, ma umano. Sono le 9 e rincasa, alle 10 tornano i carabinieri e lo tranquillizzano dicendo che non sarebbe successo niente, comunicano di aver fatto un’informativa che archivierà questo sua svista. Lo salutano dicendogli che errare è umano e di stare tranquillo… Il 18 Febbraio del 2013 alle 10 di mattina si presentano sul luogo di lavoro con il mandato di arresto da parte di quel giudice che lo aveva condannato grazie a un ipotesi di reato residuo del fascismo. Gli stessi carabinieri si dicono sconcertati della decisione. Si aprono le porte del carcere e con esse un calvario infinito per lui e la sua famiglia.
Davide verrà trasferito nove volte in un anno dal carcere di Teramo al carcere Mammagialla di Viterbo mettendo in seria difficoltà la famiglia costretta a sobbarcarsi i costi del viaggio per andare a trovare Davide. Nei mesi di detenzione Davide è testimone di atti di autolesionismo, di una impiccagione, di pestaggi e del modo come i reclusi vengono trattati; sarà lui stesso protagonista di abusi all’interno del carcere: verrà messo in isolamento senza motivo e lasciato senza coperte per tre notti con una temperatura esterna di 3 gradi, improvvisamente non riceverà più lettere quando fino a quel momento erano oltre 30 le missive che si vedeva recapitare settimanalmente. In cella capita con un ragazzo che ha l’Aids. Davide protesta animatamente non per il povero detenuto, ma per il fatto l’amministrazione penitenziaria neanche lo abbia avvisato sul comportamento da tenere in caso di ferimento. Trasferito di sezione gli abusi non finiscono infatti nei primi due mesi gli viene anche negata la visita della ragazza, autorizzata tra l’altro a venire a casa quando era ai domiciliari dal giudice, e solo dopo diverse istanze può riabbracciala.
In carcere Davide si dà molto da fare per aiutare gli altri detenuti scrivendo istanze, dando un sostegno economico ai più bisognosi e insegnando l’italiano ad un ragazzo siriano.
Tra leggi fasciste, trattamenti inumani e insensibilità come queste possiamo dire di vivere in un paese civile? Dicono che le pene devono tendere al reinserimento ma potrà mai uscire dal carcere una persona migliore se lo stato la tratta in questo modo?
Davide sta ricevendo un’enorme mole di corrispondenza e ciò gli dà tanta forza.
“Carissim*,
giudicare in modo lucido quello che mi è accaduto in questo ultimo mese penso sia impossibile pertanto non cercherò di commentare o analizzare i singoli eventi.
Quando ti piombano addosso certe cose forse conviene solo prendere atto, quindi piano piano spero di realizzare e reagire così come ho sempre fatto.
Rientrare in carcere è stata per me una sorpresa, così come credo per tutti, e sinceramente mi sarei aspettato che questo Stato ‘’Democratico’’ mi avrebbe concesso il tempo tecnico per trovare un lavoro e quindi reinserirmi nella società, ma così non è stato.
Purtroppo loro credono di rieducarmi sbattendomi dentro e se la soluzione migliore gli appare questa veramente c’è da rimanere perplessi su quale metodo di misura sia stato adottato, la strada ora sarà tutta in salita e da qui non riesco a vedere la fine.
L’unica cosa che so di dover fare è di essere forte per me, ma soprattutto per i miei famigliari perché sono loro che subiscono di più ciò che è accaduto.
A loro va attualmente tutto il mio pensiero e proprio per loro devo restare calmo e lucido.
La cassazione ha chiuso l’ultimo capitolo di questo libro e il finale ha lasciato una morale chiara: in Italia il fascismo è vivo nelle istituzioni, le leggi fasciste servono a sbattere in carcere chi non si piega ad un sistema che premia chi ruba, inquina e lucra sulla povera gente e purtroppo che il sacrificio dei partigiani è servito a ben poco. Piangersi addosso non serve a nulla quindi c’è solo da augurarsi che dagli errori del passato si possano trarre insegnamenti per il futuro. Non farlo risulterebbe un regalo troppo grande a coloro che da sempre guidano l’Italia per i loro sporchi interessi. Sono certo che da domani si aprirà una discussione in merito.
Prima di congedarmi da questa missiva, e prendermi un caffè che il mio concellino Eddy ha fatto, voglio chiedere a tutti voi che avete sempre dimostrato tanta solidarietà di stare vicini soprattutto a mia madre. Vi chiedo di tenerla presente per un lavoretto come badante, donna delle pulizie o altro perché con la morte di mio padre non ha più un sostegno economico.
Siete stati tutti voi per me una famiglia e se una famiglia, in questo caso allargata, è unita nulla potrà piegarla.
Vi voglio bene.”
Davide Rosci
Vi invitiamo quindi a scrivere mettendo nella busta anche i francobolli per rispondere per portare solidarietà a Davide a questo indirizzo:
Davide Rosci
Casa Circondariale di Teramo
Strada Comunale Rotabile Castrogno 64100 Teramo (TE)
Per chi avesse la possibilità e volesse dare un aiuto economico alla famiglia di Davide :
iban: IT-36-V-02008-15304-000103781174
intestato a Di Febo Fiorella (mamma di Davide)
cod. Bic UNCRITM1775
La solidarietà è un’arma, usiamola per non lasciare solo Davide
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