[DallaRete] La marcia dei No Expo
Grandi Opere. I movimenti contro Vie d’acqua: 22km che sventrano la città. n quattro mila sfilano per denunciare lo scandalo delle tangenti e il progetto di un fiume di cemento
Se «#Expo fa male» i movimenti e le realtà che da 7 anni si battono contro la grande Esposizione Universale del 2015, portano la ricetta per le strade di Milano.
Nonostante i milioni di soldi pubblici spesi, gli scandali corruzione, la cupola degli appalti, gli arresti, le bustarelle e il rischio fallimento denunciato dalle associazioni di albergatori, la macchina di Expo non si ferma, rischiando di uccidere il paziente pur di salvare la credibilità del medico. La diagnosi degli attivisti si articola in 16 punti che spiegano, dati alla mano, perchè Expo non porterà nulla di buono: 10 miliardi di soldi pubblici finiti nelle tasche dei privati, oltre 1000 ettari di terreni agricoli cementificati, una ventina finora gli arresti per tangenti per un volume di 2 milioni di euro, quasi 50 le imprese vicino a mafia e a ndrangheta pizzicate nei cantieri, 18 mila i volontari al posto dei 37 mila posti di lavoro promessi. Il tutto gestito da un commissario straordinario cui è permesso di derogare le leggi.
Le due giornate contro il mega evento dedicato a «Nutrire il pianeta» si sono inaugurate con un presidio davanti a Eataly, il supermercato di lusso, accusato, di non valorizzare e proteggere le piccole produzioni agricole alimentando una cultura del falso che ti spaccia come a «Km 0» un prosciutto che arriva dall’Australia. La denuncia arriva da «Terre in moto», «Genuino Clandestino», la «Terra Trema», realtà che ai codici a barre preferiscono i trattori e pensano — e praticano– un’idea di produzione e distribuzione del cibo basata sull’autogestione e la cooperazione, oltre le logiche del mercato. Sanno quello di cui parlano e vogliono riappropriarsi di termini come «sostenibilità, ambiente e nutrizione» che — dicono — sono stati scippati dal modello Farinetti. Tra un bicchiere di vino, una birra artigianale e una fetta di pane biologico, in una cinquantina hanno aspettato di unirsi al corteo partito dal piazzale della Stazione Centrale.
Prima di muoversi per le vie del centro, in 4 mila hanno fatto una promessa: giorno dopo giorno, nelle 30 settimane che mancano al taglio del nastro alla Fiera di Rho, organizzeranno una serie di iniziative per inceppare la macchina di Expo.
La prima, in apertura del corteo. Un grande striscione è stato strotolato lungo il traliccio della gru nel cantiere della Maltauro spa — la società commissariata lo scorso luglio su richiesta di Cantone — che, grazie alla garanzia dei protocolli di legalità e nonostante le inchieste della magistratura per tangenti, continua a gestire il cantiere delle Vie d’acqua e quello sulle architetture di servizio: ristoranti, bar e qualsiasi altro edificio da realizzare in vista del primo maggio del 2105.
«600 mila euro di tangenti, 4 parchi devastati» si legge sul lenzuolo che sventolava sulle teste dei manifestanti pronti a partire diretti verso Piazzale Cadorna. La giunta Pisapia si era spesa in prima persona per dare il foglio di via alla società vicentina. Ma nulla è successo e dal microfono gli attivisti hanno assicurato che quel foglio di via saranno loro a darglielo. Il Comitato No Canal, una delle anime del Movimento No Expo, si oppone al progetto delle Vie d’acqua, un canale di scolo di 22 km che vorrebbe sventrare la cintura verde — 4 parchi appunto — a ovest della città.
L’immagine che la piazza di ieri restituiva parlava di un movimento di rivendicazione — contro debito, cementificazione e precarietà — che, negli anni, è stato in grado di far rete con tutte quelle realtà che, sparpagliate per l’Italia, si battono per la difesa dei territori. «No alle grandi opere inutili, si alle piccole opere utili» ha detto Alberto Perino dei No Tav, uno dei tanti tasselli di quel mosaico che vuole raffigurare un mondo diverso in cui i diritti non si bistrattano, il lavoro viene retribuito e i beni comuni non sono appannaggio di pochi.
Sono arrivati dalla Val Susa, dal nord est, da Bologna e da Torino portando in piazza, ognuno, un pezzetto in più di confitto, contro le Grandi Navi, il Fico, la fabbrica italiana contadina e la Pedemontana, il progetto autostradale di 50 anni fa, ora rispolverato.
Oggi si riparte con l’assemblea pubblica in zona Bonola — alle 11 al Parco Pertini. Nel pomeriggio, il dibattito su Sovranità alimentare e sociale dei territori. Una tavola rotonda con la Terra Trema, Mondeggi, Sos Rosarno, Socrate Occupato di Bari e la Via campesina Asia. A far gli onori di casa la Rimaflow, la fabbrica senza padroni di Trezzano sul Naviglio, alle porte di Milano.
Una risposta dal basso alla crisi che ha portato gli operai licenziati nel 2012 ha recuperare la fabbrica convertendola in un’officina di riuso e riciclo.
http://youtu.be/HeVUCwIY1wE
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Articolo di Sabato 11/10/2014
Milano la città «capitale» della protesta: ieri gli studenti, oggi i «NoExpo».
A Milano sembra proprio che sia arrivato l’autunno. E non solo per i desideri espressi con le prime castagne della stagione e per la scighera del mattino ma anche per le rivendicazioni che, puntuali come l’ora legale, attraversano le strade in questo periodo.
Lo scorso mercoledi la rabbia di Landini ha aperto le danze. Ieri il primo corteo dell’anno ha portato in piazza oltre 6 mila studenti medi e universitari che, come in altre 80 città d’Italia, hanno manifestato contro la riforma dell’istruzione contenuta nella «buona scuola» che fa il paio con il Job Act. «Lavoro pagato istruzione gratuita». Lo striscione di apertura condensava in uno slogan tutta la frustazione di chi vive sui banchi e di chi non ha mai visto un centesimo per il suo lavoro.
Il diritto allo studio– gratuito e di qualità– e il ritiro delle linee guida del provvedimento a firma Renzi– Giannini, erano fra le richieste del corteo che dopo aver contestato la vetrina dell’Expo Gate di Piazza Cairoli — dove era fissato il concentramento– si è mosso per le strade del centro fino davanti ai cancelli del Provveditorato. La polizia non ha impedito agli studenti di scavalcarli e di improvvisare un’assemblea spontanea nel cortile dell’edificio di via Soderini.
A un certo punto si è presentato anche il Provveditore provinciale, Marco Buccetti che, nonostante l’apertura al dialogo, ha comunque bocciato come contraria alla legge la richiesta di pubblicare sul sito del Provveditorato le richieste dal basso degli studenti. Gli universitari hanno denunciato il gioco delle 3 carte, quello che si vede nelle metropolitane, con i fondi per l’istruzione che, come una coperta troppo corta, lasciano scoperti i piedi per coprire la testa. Le rivendicazioni dei milanesi si univano al coro degli 80 mila colleghi di tutta Italia con, in più, un paio di contestazioni nostrane: il buono scuola per le private e il lavoro volontario per Expo che, al posto della tanto declamata occupazione ha finito per offrire un’opportunità di non guadagnare una lira.
La giornata di ieri ha preparato il terreno per «#Expo fa Male» la due giorni contro le grandi opere e i mega eventi. Si parte alle 14 con l’«aperi-attivo» davanti a casa Farinetti. Uno scambio di semi e di cibo genuino per un modo diverso– da quello messo in campo da Eataly– di «nutrire il pianeta», lo slogan dell’Esposizione Universale del 2015. Il concentramento del corteo, convocato per le 15, è alla Stazione Centrale.
L’invito è a presentarsi muniti di ombrello per contribuire a rallentare l’avanzata dei lavori nei cantieri come sta facendo la pioggia. Per non arrivare impreparati il comitato NoExpo ha pensato ad un kit che sembra fare il verso all’armamentario dato in dotazione ai volontari di Expo. Al posto del cappellino, il biglietto del tram e la schiscetta — l’unica forma di retribuzione, insieme alla copertura assicurativa, offerta– adesivi, manifesti e volantini da stampare e diffondere in tutta la città.
Domenica l’assemblea pubblica in zona Bonola anticipa il meeting sulla sovranità alimentare alla Rimaflow, la fabbrica recuperata a Trezzano sul Naviglio dove i lavoratori e le lavoratrici hanno creato una cittadella dell’altra economia in odor di empresas recuperadas argentine e maggio francese. Di debito, cemento e precarietà — fil rouge di queste giornate — si tornerà a parlare anche il 14 novembre nella giornata dello «sciopero sociale» lanciata da precari, disoccupati e studenti contro il livellamento verso il basso dei diritti.
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