[DallaRete] “Profugo” coatto dalla sua Bologna
Repressione. Divieto di dimora, provvedimento da codice Rocco per l’attivista Tpo che si opponeva allo sgombero. A Gianmarco De Pieri la solidarietà di Paglia (Sel) e della Fiom.
Spintonato fuori: «profugo» coatto dalla sua Bologna. Il giudice Letizio Magliaro e il pm Antonello Gustapane applicano il codice Rocco: divieto di dimora.
Espulso dalla città, allontanato dalla famiglia, privato del lavoro perché il 18 giugno si era opposto allosgombero della villetta Liberty in viale Aldini, di proprietà di Unifica Holding.
Gianmarco De Pieri, attivista storico del Tpo, è diventato un «caso» giusto prima dell’inizio della lunga campagna elettorale. Il «buongoverno» formato Virginio Merola sotto le Due Torri non prevede alternative, men che meno conflitti.
Ma già ieri sera in piazza san Francesco è arrivata la prima risposta: «A Gianmarco e a molti di noi viene imputata la resistenza al vile sgombero di Villa Adelante, dove per nove mesi trovarono casa famiglie, pensionati, giovani precari e disoccupati che hanno deciso di non piegarsi alla crisi» spiega chi ha organizzato la manifestazione.
Il divieto di dimora impedisce a De Pieri di restare in città. Di conseguenza, non può più vivere a Bologna con la compagna Gloria e il piccolo Leonardo né proseguire l’attività commerciale. Diventa, appunto, un «profugo» ai confini del territorio comunale. Una sorta di confino «democratico», grazie alla normativa del ventennio. È un provvedimento ben mirato, sull’onda dei fogli di via rispolverati a Treviso all’inizio dell’estate.
Giovanni Paglia, deputato di Sinistra ecologia libertà, parla di insulto al buon senso: «Tutta la mia solidarietà a Gianmarco De Pieri, cui è stato notificato un divieto di dimora a Bologna, per aver partecipato al presidio contro lo sgombero della riappropriazione abitativa di Villa Adelante». E confessa candidamente: «Quel giorno avrei voluto e dovuto esserci anch’io e soltanto gli impegni parlamentari me l’hanno impedito. Che Gianmarco non possa risiedere a Bologna è un’assurdità sotto ogni punto di vista, che solo una sopravvivenza del codice fascista può motivare. A Bologna la parola “legalità” sta diventando un insulto al buon senso».
Sintetico quanto efficace il commento di Wu Ming 4: «Siamo di fronte ad un atto di sabotaggio della vita di una persona». Il collettivo di scrittori bolognesi, per altro, si conferma la punta di diamante della resistenza non solo bolognese. Il sito internet continua a mappare le fughe di Matteo Renzi, offre il racconto no border delle Ventimiglia d’Italia edocumenta le Grandi Opere Dannose Inutili e Imposte.
Sulla stessa lunghezza d’onda la Fiom-Cgil. Il segretario generale dell’Emilia Romagna Bruno Papignani esprime solidarietà e vicinanza: «Quella che va ad un amico e ad un compagno. A una persona libera che in questi 20 anni si è sempre battuto alla luce del sole, anche quando le sue battaglie non sono state le stesse che abbiamo combattuto noi».
E Valerio Bondi, responsabile regionale dell’organizzazione Fiom, aggiunge: «Bisogna ripristinare un elemento di senso di fronte a casi come questo e alla enormità delle conseguenze che sta generando. Bisogna cioè avere la forza di ribadire che il conflitto sociale produce democrazia sostanziale, aiuta lo sviluppo della città, rappresenta e dà voce spesso a chi non c’è l’ha e non può essere trattato come un atto criminale».
Torna così d’attualità il convegno «Diritto al dissenso, azione giudiziaria, libertà di movimento» che a Padova aveva ospitato contributi e relazioni di Giovanni Palombarini, ex segretario di Magistratura democratica, del sociologo Giuseppe Mosconi, dell’avvocata Annamaria Alborghetti e di Luigi Manconi, senatore del Pd.
«La facilità con cui si procede all’irrogazione di misure discrezionali contra personam come arresti preventivi, obblighi di firma, fogli di via, obblighi di dimora, non può non inquietare. Questi provvedimenti dovrebbero servire nelle prime fasi dei procedimenti laddove sussiste il pericolo di reiterazione o di fuga. Il modo ed i tempi, invece, in cui vengono attuati sembrano tesi a bloccare chi solleva in prima persona istanze sociali generando la paura della punizione inappellabile» si segnalava fin da marzo.
A Bologna da ieri riparte la campagna «Libertà di movimento», che non misura solo le forzature della magistratura votata al codice Rocco. In gioco, c’è il futuro della città.
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