Francia – Il muro più alto d’Europa (da Meltingpot)
A 7 mesi dall’elezione, il governo Macron erige una barriera amministrativa e repressiva senza precedenti.
Parigi – Sul campo e nelle circolari ministeriali non ci sono mai stati dubbi, anche se in campagna elettorale l’attuale presidente aveva assunto una posizione di apertura in particolare nei confronti dei rifugiati. Ma poi dallo scorso autunno, in previsione della discussione sul progetto di legge “immigrazione” nella primavera 2018, la linea dura si è presentata sempre più netta.
La “dissuasione migratoria” è il perno del discorso politico che ha sostituito la parola “accoglienza” con “allontanamento“. Il 20 novembre il ministro dell’interno, Gérard Collomb, ha chiesto ai prefetti di elaborare un “piano di guerra“: l’apparato amministrativo si è di conseguenza integralmente appropriato della volontà politica sacralizzata di Macron e dell’Eliseo, che decide di optare per l’espulsione di massa.
Per realizzare questo piano le prefetture respingono massivamente – in particolare i minori (che già non venivano riconosciuti come tali per mancanza di posti nelle strutture d’alloggio), i “dublinati” e le famiglie – ed entrano per decreto del ministero anche nelle strutture di gestione e luoghi dell’emergenza abitativa per individuare e registrare i sans-papiers.
Il 12 dicembre sono state istituite le “brigate mobili” per controllare gli ospiti degli alberghi e residenze gestiti dal ministero degli affari sociali. La dissuasione poliziesca a ricostruire i campi distruggendo ogni giorno, ripari, tende, sequestrando coperte e beni personali destinandoli alla quotidiana raccolta rifiuti, non sono che la più evidente e criminale manifestazione di un piano politico che intende costruire un perimetro nazionale inespugnabile all’interno di una fortezza geografica europea.
Dalla creazione del ministero dell’Identità nazionale nel 2007, con Sarkozy, le politiche sull’immigrazione scivolano precipitosamente nella rete sicuritaria e repressiva del ministero dell’Interno. Hollande non aveva frenato l’interventismo del dispositivo militare ma non aveva posto misure legislative drastiche quanto quelle attuali. Macron che come candidato En marche! parlava di storico “onore della Francia nell’accogliere i rifugiati” invece ha superato tutti. Contraddittorio anche nell’annunciare che entro la fine dell’anno “nessuno avrebbe dormito in strada o nei boschi“… in effetti aprendo la stagione di caccia ai migranti!
Il 31 ottobre davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo il presidente francese era stato esplicito: “lo statuto di rifugiato deve essere dato nel paese di origine” e diventa “intransigente con chi non ottiene il diritto all’asilo“; vuole accelerare a 6 mesi massimo le procedure di espulsione, ricorsi e decisioni inclusi per “respingere efficacemente chi non ha alcun titolo per restare sul territorio europeo“, a cominciare dalla Francia.
Mentre fa la distinzione tra “richiedenti asilo” e “immigrati economici“, l’insieme della misure prese negli ultimi mesi mirano nella realtà a respingere sia gli uni che gli altri. Questa è la priorità del governo Macron che considera l’accordo UE con la Turchia, “paese esterno sicuro“, concluso a marzo 2016 come un ’modello’ di gestione off-shore. Ma altri paesi “sicuri” potrebbero diventare la Tunisia e il Marocco, forse l’ Algeria, il Niger e il Mali?
L’amplificazione politica del rigetto e dell’allontanamento attraverso la violazione pura e semplice dei diritti fondamentali delle persone immigrate non ha confini.
Con Macron, la politica migratoria europea ha fatto un significativo passo in avanti spostandosi dalla questione sicuritaria alla questione territoriale. Da affrontare in tre tempi: il primo, limitando l’arrivo in Francia, il che spiega la politica franco-africana in particolare quella con la Libia e la militarizzazione esasperata ai confini con l’Italia. Poi, il doppio braccio destro, il ministro dell’Interno Collomb, opera innalzando una frontiera legislativa e poliziesca per allontanare massivamente gli immigrati richiedenti asilo che si trovano sul territorio nazionale. Infine, forti dell’applicazione rigorosa dei due precedenti dispositivi, le prefetture gestirebbero i pochi immigrati che resteranno.
Quanto alla “riammissione dei migranti alla frontiera franco-italiana“, ci pensa la legge “antiterrorismo” adottata lo scorso 18 ottobre che autorizza all’art. 10 l’estensione dei controlli d’identità alle frontiere (118 punti di passaggio identificati in Francia). Questi controlli permettono alle forze dell’ordine di moltiplicare le identificazioni senza motivo e senza autorizzazione giudiziaria.
Nella regione delle Alpes-Maritimes piovono denunce contro la polizia, che usa la legislazione antiterrorismo per respingere in Italia e impedire ai migranti la richiesta di asilo in Francia, da parte della Cimade e delle associazioni locali.
Altri aspetti tragici di questa morsa infernale riguardano il rimpatrio dei rifugiati afgani, triplicato in un anno grazie agli accordi UE-Afghanistan, e l’espulsionesempre più frequente degli immigrati che arrivano in Francia per motivi di salute, ma vengono ostacolati e poi respinti nonostante esista una protezione specifica che individua i rischi mortali, per esempio per le persone con il virus VIH espulse verso la Costa d’Avorio, l’Angola e la Guinea. Gravi episodi mai successi fino al 2013.
Questa terribile regressione delle politiche migratorie, inedita, va peraltro considerata corollario all’amalgama tra immigrazione irregolare e delinquenza presentato dal presidente francese in un intervento televisivo il 15 ottobre : “intendo espellere ogni straniero in situazione irregolare che commette un delitto“.
A un anno dalla distruzione della “jungle” a Calais, l’ONU ha richiamato la Francia che deve ancora assicurare l’accesso all’acqua potabile ai migranti [1]. A fronte dei maltrattamenti organizzati e del rifiuto di assistenza per garantire il minimo vitale, il mondo associativo e le organizzazioni che si occupano di aiuto ai migranti si sono visti ridurre i già limitati margini di manovra per intervenire sul campo [2].
Emmaüs Solidarité e il Sécours catholique non credono alla realizzazione del piano migratorio di Macron, valutano che l’assenza di pragmatismo come nel caso del censimento nelle strutture dell’emergenza abitativa si risolverà in uno studio “caso per caso” da parte delle prefetture e una possibile “regolarizzazione” per i migranti che non possono essere espulsi e aspettano un permesso di soggiorno per poter lavorare o studiare.
Il 16 dicembre a Menton, territorio nel quale è ampiamente praticata la strategia del confine chiuso e della criminalizzazione della solidarietà, vi è stata una prima risposta al pugno di ferro di Macron. E il 18 dicembre, giornata internazionale dei migranti, circa 500 organizzazioni, associazioni e collettivi locali e nazionali come Amnesty International, hanno ricordato al governo che la Francia resta, per i migranti, terra d’accoglienza a prescindere dal loro status amministrativo, e che esigono leggi che proteggano la dignità e diritti umani delle persone.
Entendez-nous Monsieur le Président ! from La Cimade on Vimeo.
di Marina Nebbiolo
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