Il “rimpasto” non basta: la piazza vuole la caduta del Governo Erdogan

1527106_636436989745994_1998094948_nSconvolgimenti nei piani alti e nuove esplosioni di rabbia sociale dal basso caratterizzano la Turchia in questi giorni. Lo scandalo-corruzione, bollato come “Tangentopoli” turca dal mainstream nostrano, tiene banco nelle ultime settimane sia nelle agende di un sempre più schizofrenico Erdogan che in quelle dei movimenti di opposizione. Nella tarda serata di ieri l’annuncio del Governo ha confermato la scelta del premier di sostituire in blocco dieci ministri, dopo che già i ministri dell’Economia, della Giustizia e dei rapporti con l’Unione Europea si erano dimessi, travolti dall’inchiesta che sta facendo venire a galla pubblicamente parte di quella rete di favoritismi, clientelismi e privilegi che di certo non rappresentavano una novità per la piazza anti-governativa.

Di fatto, sono ore concitatissime queste nei palazzi del potere di Ankara, accentuate dalle dichiarazioni esplosive di uno dei ministri “rimossi”, il Ministro dell’ambiente Bayraktar, che ha caldeggiato pubblicamente le dimissioni dello stesso Erdogan.
Alla maxi-retata che ha portato allo sconvolgimento interno all’AKP, e che a breve potrebbe portare ad ulteriori eclatanti risvolti giudiziari, si accompagna il congedamento di diverse centinaia tra ufficiali ed agenti di polizia
Questo ulteriore giro di vite nella crisi governativa rischia di avere uno strascico indesiderato anche nei mercati finanziari, tant’è che la banca centrale ha già predisposto misure di protezione per la debole lira turca.

In questo scenario di forte incertezza, il movimento sta esercitando la sua pressione scendendo in piazza praticamente ogni giorno in diverse città del paese. Il rimpasto voluto da Erdogan, corollato dalle dichiarazioni di quest’ultimo riguardo ad un complotto ordito dall’estero, non ha placato la tensione nelle piazze che pretendono la caduta del premier protagonista degli ultimi 11 anni di ristrutturazione in chiave neoliberista del Paese.
Ieri migliaia di persone sono scese in piazza, dopo le proteste di domenica, scandendo slogan come “Tre ministri non sono abbastanza, dimettetevi tutti!”, “La corruzione è dappertutto, la resistenza è dappertutto!”. Le mete della maggior parte dei cortei di ieri erano le sedi del partito AKP. A Istanbul, non appena i manifestanti hanno tentato di avvicinarsi alla sede del partito, la polizia ha iniziato a sparare gas lacrimogeni, pallottole di gomma e ha azionato gli idranti. I manifestanti hanno eretto barricate e risposto con fuochi d’artificio; i fronteggiamenti sono durati fino a tarda notte, almeno 4 persone sono state arrestate.

In attesa degli sviluppi di queste ore, un grosso concentramento che si prefigge di convergere verso Taksim sta rimbalzando nelle reti di movimento per domani alle 7 di sera ore locali: un ulteriore spartiacque nella storia conflittuale degli ultimi anni?

 

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