Blitz in stazione Centrale a Milano: il fallimento della politica della “tolleranza zero”
Il blitz di lunedì 16 gennaio avvenuto nell’area della Stazione Centrale di Milano è un tentativo del governo, che vede l’appoggio e il benestare indiscriminato del Comune di Milano, di criminalizzare un’area definita terra del degrado e dell’illegalità. Infatti, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica ha preposto una maxioperazione di interforze nell’area della Stazione Centrale, un dispiegamento enorme di Forze dell’Ordine in risposta alle linee guida formulate dal Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, per contrastare l’illegalità e il degrado urbano nelle città di Milano, Napoli e Roma. Sono stati 318 gli uomini impegnati tra Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza.
Sei ore in cui 1.255 persone, ma anche veicoli, negozi, licenze commerciale sono state controllate a tappetto, portando a 21 denunce e 4 arresti.
Questo blitz dimostra quanto drammaticamente siano distorte le narrazioni attorno ai temi dell’illegalità e dell’insicurezza in città. Narrazioni, a cui corrispondono azioni di forza, spesso slegate dai fatti, che hanno come principale obiettivo quello di confermare una morale raccontata per decenni in cui le istituzioni instillano nei cittadini la paura e il panico criminalizzando la marginalità e l’immigrazione irregolari, esasperando la retorica dell’illegalità compiuta dagli stranieri e rispondendo con la forza ai problemi connessi al degrado urbano e alla microcriminalità in nome della sicurezza urbana. Il vero obiettivo di queste manifestazioni di forza è quello di usare in maniera strumentale il panico morale.
Le misure di controllo a tappeto mirano a distrarre dai veri problemi che affliggono la città di Milano ogni giorno. Questo dispiegamento massiccio di forze evidenzia come sia ormai irreversibilmente compromessa e distorta la scala dei valori di chi considera Milano come un esempio di città inclusiva e all’avanguardia.
Invece di intervenire concretamente sulla radice del problema, dunque sulle politiche di welfare e abitative, inefficaci, inique ed escludenti e sulle condizioni di povertà e vulnerabilità in cui riversano migliaia di cittadini “invisibili” nella città di Milano, il governo, con l’appoggio del comune, attribuisce alla microcriminalità e all’illegalità compiuta dai migranti la radice di tutti i mali.
I fermi e gli arresti sono strumenti retorici e simbolici della criminalizzazione dell’immigrazione e della marginalità, della limitazione dei diritti fondamentali e dimostrano il fallimento delle politiche comunali e statali in materia di ordine pubblico e di politiche sociali. Occorre dunque invertire la narrazione e le priorità della politica. È necessario guardare all’immigrazione e ai fenomeni associati ad essa come gli effetti di politiche urbane, sociali, legali ed economiche escludenti, inique e deumanizzanti, invece che la matrice di tutti i mali da debellare con la forza.
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