La triste Milano degli sgomberi
“Non vorrete mica lasciare la città alla destra!!??”.
“Se vince Parisi torna De Corato…e in più Salvini!”.
“E’ la Giunta che conta!”.
“Guardate che se vince la destra sarà per colpa vostra!”.
“Guardate che in questi 5 anni non ci sono stati solo gli sgomberi dei centri sociali! Cercate di ragionare a livello più ampio!”.
Questo il leit-motiv che ci ha accompagnato tra i due turni elettorali delle comunali della Primavera scorsa.
Il centro-sinistra meneghino, convinto che Sala avrebbe vinto a mani basse, dopo un primo turno deludente in cui la distanza col candidato del centro-destra era minima (qualche migliaio di voti) sfoderò tutte le migliori armi dialettiche (tra cui l’invincibile senso di colpa) per convincere chi non aveva votato e gli indecisi ad andare alle urne.
Missione compiuta!
Due settimane dopo Sala vinse abbastanza agevolmente il secondo turno.
Dopo Formentini, Albertini e Moratti dunque il centro-destra non sarebbe tornato al potere in città.
Quei tempi di promesse e sinistrismo sono ovviamente morti e sepolti. E ampiamente dimenticati.
La settimana appena terminata ci ha proposto uno scenario carico di amarezza.
Giovedì si è assistito allo sgombero di Via Fortezza dove un gruppo di migranti aveva occupato uno stabile abbandonato da tempo cercando un luogo dove cercare di avere un’esistenza migliore è stato buttato in strada (tra loro una mamma con un bimbo di 9 mesi).
Ieri si è invece assistito all’ennesimo sgombero nelle case popolari della Barona dove, a finire in strada è stata una signora di 69 anni con gravi problemi di salute e che da due anni aveva già fatto richiesta per la casa popolare in lista d’emergenza.
Nulla di nuovo direte voi!
E in effetti, in città, gli sgomberi si susseguono con un ritmo sostenuto ormai abbastanza noto complice probabilmente anche il momento di “bassa” delle mobilitazioni di movimento.
Però qualcosa di nuovo e triste c’è.
Si tratta della rivendicazione orgogliosa della svolta “law and order”.
Sì perché andando sui profili FB di alcuni esponenti dello schieramento politico che amministra la metropoli (leggi PD) si può assistere alla soddisfazione per la politica dei caschi e dei manganelli.
Neanche fossero i profili social di un Rudy Giuliani, di un Victor Orban o di una Marine Le Pen!
Lo slogan di fondo è questo: “Quel che la destra abbaia…noi facciamo!”.
Insomma, ormai lo sport di moda al momento è quello di superare a destra Salvini. Ovviamente tutta questa “grinta” quando si tratta di fronteggiare le mobilitazioni naziste stempera in impercettibili balbettii.
Che poi, se uno si ferma un attimo a riflettere, purtroppo lo slogan trova pezze d’appoggio molto concrete.
La precarizzazione del mercato del lavoro fu introdotta dal Pacchetto Treu negli anni ‘90 sotto il primo governo di centro-sinistra di Romano Prodi.
L’articolo 18 non è stato cancellato da Berlusconi nel 2002, ma da Renzi nel 2014.
La terribile riforma delle pensioni che ha fatto piangere tanti lavoratori non è stata approvata da Maroni e Tremonti, ma dalla Fornero con l’appoggio del PD.
E si potrebbe andare avanti.
Come a dire…la sinistra apre i varchi in cui la destra dilaga…
Peccato però che se poi le persone devono scegliere tra l’originale e la copia scelgono sempre l’originale.
Ci sentiamo di citare un’attivista che ha espresso la situazione attuale in modo esemplare:
“Milano, anno domini 2017.
Primo mondo (dicitura da leggersi con un numero di virgolette a piacimento).
Il numero dei senzatetto cresce in maniera esponenziale, complice una crisi sistemica che ormai ha portato il 7,6% della popolazione a vivere sotto la soglia di povertà (dati Istat 2016, che parla di “record”), un’emergenza abitativa che lascia 24mila nuclei familiari in lista d’attesa solo a Milano mentre oltre 10mila sono gli appartamenti di edilizia popolare vuoti su un totale di 70 mila e un'”emergenza migranti” (termine patetico, considerata la sistematicità del fenomeno ormai stabile da anni).
Come abbiamo già detto nei mesi precedenti Milano non è solo la città efficienze e autocompiaciuta raccontata dai media.
Oltre la circonvallazione esterna si apre un buco nero non indagato fatto di povertà e disagio sociale, ma anche di eccezionali esperienze di lotta e organizzazione dal basso.
Noi sappiamo ancora da che parte stare!
“Finalmente la pioggia”, una tavola di Paolo Castaldi sui fatti di Via Fortezza
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