Lambretta – Autogestione nella metropoli capitalista

Mutualismo, cooperazione e risposta ai bisogni, queste le esigenze primarie espresse nel contributo dallo Spazio Autogestito di Quartiere Lambretta al dibattito sulla metropoli aperto da MiM.

“Dovremmo essere arrivati, Piazza Ferravilla è questa”. “Ah ecco, dall’altra parte della strada, all’angolo. Sarà quello sicuramente”. Io e la mia amica attraversammo le strisce pedonali. “Dai apri il cancello!”. “Ci sto provando ma non riesco!”. Una voce femminile al di là della porta d’accesso ci gridò di spingere in modo più energico. “Spingi più forte!”. “Non vedi che ci sto provando!?”. “Ma guarda te che figure che facciamo sempre noi due!”. La ragazza che aveva provato a darci le istruzioni d’uso per quella porta, venne ad aprirci: un cortile, delle palazzine e tanti, tantissimi giovani. Da quel momento in poi, io e la mia amica fummo catapultate in un mondo parallelo che in seguito divenne la nostra seconda casa. All’epoca andavo in prima superiore, ero piccola e incosciente, non sapevo nemmeno cosa fosse un centro sociale. Mi ricordo ancora che per spiegare a mia madre, eterna sostenitrice di CL, dove avrei passato il mio pomeriggio, avevo iniziato una scalata himalayana sugli specchi, scivolando rovinosamente. Dissi addirittura che in verità era un ex centro sociale che noi andavamo a ripulire, in quanto vecchia sede di tossicodipendenti. Bene ma non benissimo.

L’apertura difficoltosa di quel cancello, e dei molti cancelli che si aprirono negli anni successivi, sono foto da incorniciare nella memoria, perché proprio dietro a quelle mura si erge l’universo alternativo del mondo antagonista.

Ciò non significa che si entra nel regno dell’anarchia (intesa nel modo più sbagliato possibile: in senso prettamente legislativo anziché politico). Valicata quella porta, le regole della società infatti non vengono abolite e negate, ma anzi vengono elaborate in base alla realtà. Non viene stroncata la teorica funzione della legge, ovvero di far vivere tutti i cittadini che sottostanno a essa in modo paritario e pacifico, ma ne viene sicuramente rivisitato il codice. Il motivo principale per cui avviene questa ricostruzione è l’ingiustizia che si viene a creare nella società moderna al momento dell’applicazione scrupolosa di queste leggi, che molto spesso non permettono atti benevoli e altruisti a causa di una malfunzionante burocrazia. Così diventa illegale chi trova un tetto sotto cui ripararsi senza aspettare lo scorrere delle liste d’attesa ALER, o chi apre palestre a prezzi popolari accessibili a tutti. Strumento primario, incisivo e lampante di questa opposizione radicale diventa quindi l’occupazione, utilizzata non solo per entrare fisicamente nel luogo che diventerà poi il fortino di questi ideali, ma per rispondere in maniera concreta e alternativa allo spazio inaccessibile della politica istituzionale, che preclude ai giovani la possibilità di partecipare a qualsiasi dibattito e di costruire un futuro diverso, non solo per loro stessi ma per la società tutta.

In tutta la penisola, e soprattutto nella città meneghina, si sta sviluppando un ammodernamento fortemente capitalista, a discapito delle periferie, lasciate oramai al loro destino di ammassi di case popolari. La città vetrina contestata nel 2015 durante le manifestazioni NoExpo ha rappresentato solo uno dei tanti passaggi di questo cambiamento. La replica degli studenti e dei lavoratori precari è quindi quella di creare delle isole franche dove il sistema capitalista viene abbandonato, presentando invece un lavoro di autogestione collettiva e mutualismo. Qui le logiche del mercato moderno, basato su speculazione e consumismo, lasciano il posto a eventi di autofinanziamento, necessari per migliorare la struttura in sé del centro sociale e la qualità dei progetti che prendono forma in esso, non di certo a riempire le tasche di chi le ha già piene. Il capitalismo ormai ha talmente tanta influenza nelle nostre vite, che condiziona non solo l’economia mondiale, il commercio e il giro di soldi, ma anche e prima di tutto la nostra socialità, il nostro modo di rapportarci agli altri e con il mondo circostante. I rapporti tra colleghi, e ormai persino quelli amicali e familiari, si basano sulla competitività, sul cercare di essere sempre il primo, il più bello, il più bravo, l’eccellenza. Ciò comporta che le persone appartenenti a una cerchia privilegiata in vari sensi tendono a prevaricare chi ha meno possibilità di avere successo, in quanto non è in possesso degli stessi strumenti. Questo deriva da una logica del profitto che trova radici in tutti gli ambienti istituzionali e non, attraverso i quali una persona si forma, lavora, si cura, mette al sicuro i suoi risparmi ecc.

Gli spazi occupati si basano invece su modelli di cooperazione: il tentativo è quello di creare luoghi in cui le decisioni non sono prese da singoli ma da assemblee orizzontali, alle quali tutti possono partecipare portando il proprio punto di vista. Luoghi in cui non conta chi ha lo stipendio più alto, chi è bianco, maschio e italiano: nel collettivo tutti sono uguali. Un luogo in cui i problemi vengono esposti, le opinioni di tutti sono ascoltate e discusse, e le soluzioni vengono trovate insieme.

È chiaro come in questi luoghi non possa esserci posto per il modello verticista che propone la società. Questo è il tentativo dei centri sociali, tra cui lo Spazio Autogestito di Quartiere Lambretta, di proporre una risposta autorganizzata al nostro sistema deteriorante. Gli unici e gli ultimi capaci ancora di dare risposte che partano dal basso, combattendo non solo lo Stato sempre più incline al fascismo ma anche la sinistra parlamentare che finge di opporsi al Governo prendendo posizioni farlocche. Nessun’altra realtà si pone come obiettivo un ribaltamento così profondo nelle dinamiche sociali ed economiche. È chiaro che questo mette paura a chi ha il potere e non vuole perderlo, per questo il mondo antagonista è sempre sotto attacco. Più volte si è cercato di distruggere anni di lavoro con sgomberi e denunce. La replica è da sempre la stessa: occupare di nuovo e ricominciare tutto da capo, perché la gente come noi non molla mai.

Spazio Autogestito di Quartiere Lambretta

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Una risposta a “Lambretta – Autogestione nella metropoli capitalista”

  1. Michele Lorenzini ha detto:

    Penso che ridefinire il valore e concetti base… della realtà della”cooperativa sociale di lavoro”di fare una analisi approfondita della attuale concezione di cooperative di lavoro.espropiare le attuali formazioni di lavoro… dalla mano della destra… speculazioni finanziarie gestite da potere bancario.. usuranti ritmi di produzione.. deprime l attività del lavoro.saluti michele Verona

    X csoa lambretta

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