Questione tornelli, il dito e la luna

Nei primi giorni milanesi di questo nuovo anno un tema di forte discussione, sui social e non solo, è stata l’installazione da parte di ATM di nuovi tornelli anti-scavalco alti 2,30 metri e forniti di sensori in grado di rilevare i passeggeri che entrano senza pagare.

I nuovi sensori sono stati installati, tra squilli di fanfare e rullo di tamburi, alla fermata di San Donato della M3 e ATM annuncia che entro fine anno saranno installati 174 varchi di nuovo tipo. Lo scopo, secondo quanto dichiara l’Azienda Trasporti Milanesi, è quello di stroncare il fenomeno del salto del tornello per viaggiare gratuitamente in metropolitana  che però, giova ricordarlo, è inferiore al 3%, uno dei tassi più bassi al mondo.

Molti politici del centrosinistra governativo milanese hanno usato i consueti toni tra l’arrogante e l’enfatico per celebrare l’esplosione del primo colpo di cannone di questa battaglia allo scrocco. Toni sembrati a molti talmente esagerati da obbligare altri politici dell’area politica che governa Milano da ormai più di 10 anni a prendere parola per riposizionarsi. Tra questi, per esempio, c’è Majorino che ha dichiarato: “Per me il punto corretto è quello sollevato da alcuni: ok ai tornelli (io aggiungo: finalmente) e però facciamo più politiche per rendere sostenibile e/o gratuito l’uso dei mezzi pubblici per quelli che non se li possono permettere perché non hanno un soldo in tasca. A Milano ci sono gli abbonamenti a 50 euro per i disoccupati. Magari si deve fare di più”.

Lo scrittore Jonathan Bazzi ha invece postato una considerazione che ha avuto ampia diffusione sui social per allargare l’orizzonte a una riflessione più ampia e, a nostro modo di vedere, condivisibile sulla crisi in corso del cosiddetto “Modello Milano”:

Bazzi riesce a porre il focus del suo ragionamento su quello che è il vero problema della nostra metropoli: l’aumento continuo e indiscriminato dei prezzi (dalla casa ai trasporti, passando per la sanità) che rende la vita impossibile per una quota sempre più consistente della cittadinanza. Una metropoli che negli ultimi anni ha visto un turnover altissimo con una consistente fuga di cittadini sostituiti da fasce di popolazione con un reddito più alto. Un dato preoccupante sul quale la politica non sembra minimamente intenzionata a interrogarsi, anche perché probabilmente, per una fetta consistente della governance cittadina, avere abitanti con un reddito più elevato è un dato positivo.

E mentre le idee per rendere Milano più accessibile e meno costosa rimangono ormai da anni solo vuote parole, il processo di sussunzione, gentrificazione e messa a profitto di qualsiasi aspetto del vivere sociale va a gonfie vele. Un esempio clamoroso è quello relativo alle scarsissime risposte date alle/agli studenti che l’anno scorso, con l’acampada in piazza Leonardo Da Vinci, hanno iniziato a protestare contro il caro affitti.

Per una fetta della popolazione milanese c’è poi la mancanza di scelta tra due modelli altrettanto deleteri: quello della destra securtaria e reazionaria e quello della sinistra liberale per cui viviamo nel migliore dei mondi  possibili o quasi, per cui la sola idea di redistribuire la ricchezza o disturbare i grandi appetiti economici e finanziari suona o come una bestemmia, o come qualcosa di assolutamente irrealizzabile.

E allora, non sapendo cosa fare o non volendo farlo, si mettono in campo le varie armi di distrazione di massa per cui i capri espiatori sono sempre e comunque coloro che vivono negli strati più bassi della nostra società, come se avessero una qualche forma di potere decisionale nel determinare le condizioni sempre più precarie nelle quali si trovano a vivere. Da qui le campagne feroci e sprezzanti contro i percettori del reddito di cittadinanza, gli occupanti di case, i giovani teppisti, i migranti che turbano il decoro, i lavoratori garantiti e scansafatiche e chi più ne ha più ne metta.

Unica certezza: prendersela sempre e comunque con chi sta sotto e mai con chi sta sopra.

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