Santa Maria Capua Vetere, a vent’anni da Bolzaneto non è cambiato nulla
Resi pubblici i filmati dei pestaggi.
Le immagini dei pestaggi di massa nei confronti dei detenuti ad opera della Polizia Penitenziaria nel carcere di Santa Maria Capua Vetere non avrebbero neppure necessità di essere commentate. Le immagini, come spesso capita, parlano da sole.
Non ci sarebbe bisogno di commento se tra meno di un mese non cadesse il ventesimo anniversario del G8 di Genova e degli orrori perpetrati in quelle giornate dagli uomini dello Stato.
Nella lista degli orrori va a inserirsi la vicenda della Caserma di Bolzaneto, sede del Reparto Mobile di Genova e all’epoca adibita a “punto di raccolta” dei manifestanti fermati.
All’interno di Bolzaneto gli agenti di vari corpi delle Forze dell’Ordine perpetrarono ogni sorta d’abuso nei confronti dei fermati.
La vicenda giudiziaria è stata la tipica “montagna che ha partorito il topolino”. Dei 45 imputati la stragrande maggioranza fu salvata dalla prescrizione perché, giova ricordarlo, all’epoca l’ordinamento italiano non recepiva il reato di tortura. Nel 2013 la Cassazione, pur confermando la gravità delle violenze perpetrate, si trovò a condannare per via definitiva solo 7 imputati e ad assolverne altri 4.
Tra le violenze provate e citate nella sentenza di primo grado:
-“insulti di ogni tipo, da quelli a sfondo sessuale, diretti in particolare alle donne, a quelli razzisti, a quelli di contenuto politico”.
-“spruzzi di sostanze urticanti o irritanti nelle celle”.
-“percosse in tutte le parti del corpo, compresi i genitali inferte con le mani coperte da pesanti guanti di pelle nera e con i manganelli”.
Nel 2017 l’Italia è stata condannata (come del resto per il massacro della Diaz) dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in una sentenza che ha ribadito come nessuno dei torturatori abbia scontato un solo giorno di carcere.
Ora, a vent’anni di distanza ci risiamo.
Come scritto due giorni fa la Polizia Penitenziaria, dopo la protesta dei detenuti del 6 aprile 2020 a seguito della notizia di un contagio da Covid all’interno del penitenziario campano, ha organizzato una vera e propria spedizione punitiva di massa all’interno della struttura carceraria con un massacro sistematico che le immagini delle telecamere hanno fissato per sempre e reso innegabile. Una vera e propria operazione di rappresaglia insomma.
Tra le varie oscenità cui si assiste nei minuti di girato:
-detenuti messi in ginocchio e faccia al muro.
-detenuti costretti a muoversi in ginocchio.
-detenuti a cui viene praticato il “corridoio”, antica pratica poliziesca per la quale un fermato è costretto a passare lungo due file di uomini in divisa che scaricano la loro frustrazione su di lui con qualsiasi mezzo possibile: calci, pugni, schiaffi, sgambetti, manganellate, colpi di casco…
-schiaffi e pugni a singoli detenuti.
-pestaggi lungo le scale.
Non si tratta qui, della tipica “squadretta” del carcere che si rende responsabile di tanto in tanto, di singoli pestaggi o abusi nei confronti dei detenuti ritenuti più “teste calde” (e già questo sarebbe gravissimo), ma di una vera e propria operazione di polizia di grandi dimensioni.
Ecco perché la Procura ha ritenuto di eseguire 52 misure cautelari.
Matteo Salvini è prontamente scattato in difesa degli uomini in divisa correndo a farsi filmare fuori dal carcere e dichiarando: “Rivolte nelle carceri del 2020, morti, feriti e danni per milioni. 52 agenti della Polizia Penitenziaria arrestati, detenuti tutti assolti. Questa non è “giustizia”. Io sto con le Forze dell’Ordine”. Vediamo se dopo la diffusione delle immagini del massacro avrà il coraggio di proferir parola in modo dignitoso. Noi ne dubitiamo fortemente.
Resta l’amaro in bocca, a vent’anni da Genova, dell’eterno ripetersi dell’uguale tipico del nostro paese.
Ovviamente se non ci fossero stati i filmati degli abusi l’inchiesta, come quasi sempre, sarebbe stata probabilmente archiviata.
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