Pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Misure cautelari contro gli agenti di custodia

52 misure cautelari questa mattina.

E’ passato più di un anno delle rivolte nelle carceri italiane durante il primo lockdown causato dalla pandemia.

Per alcuni quelle rivolte furono semplicemente la naturale conseguenza del micidiale miscuglio tra l’insofferenza già presente nelle carceri da tempo per le condizioni di sovraffollamento e abbandono e la paura che serpeggiava in tutto il paese durante i primi giorni dell’epidemia. L’interruzione dei colloqui e la paura per il contagio tra persone obbligate a vivere in celle sovraffollate avrebbero scatenato l’esplosione. Altri invece sostengono una regia della criminalità organizzata senza che però, al momento, le indagini abbiano portato nessun riscontro a questa tesi.

Questa mattina la magistratura ha emesso 52 misure cautelari di varia misura nei confronti dei vari livelli gerarchici del carcere di Santa Maria Capua Vetere.

L’accusa è quella di aver dato vita a una vera e propria spedizione punitiva di massa dopo la rivolta che era scoppiata nel carcere il 6 aprile 2020 dopo che si era diffusa la notizia di un detenuto contagiato dal Covid.

L’11 giugno dell’anno scorso l’Associazione Antigone che si occupa di diritti dei carcerati scriveva:

“Da quanto ricostruito da Antigone ci si troverebbe di fronte ad episodi di violenza generalizzata, scaturiti dopo la protesta dei detenuti avvenuta a seguito del diffondersi della notizia che uno dei reclusi del reparto “Nilo”, addetto alla distribuzione della spesa, sarebbe stato posto in isolamento con febbre alta, affetto da Covid-19. La notizia generò paura e ansia, e queste generano in una protesta che coinvolse circa 150 reclusi. La protesta si sarebbe spenta alla sera, con la promessa di un colloquio con il Magistrato di Sorveglianza che si tenne effettivamente il giorno successivo. Una volta andato via il Magistrato, però, tra le 15 e le 16, decine di agenti sarebbero entrati nel reparto in tenuta antisommossa, con i volti coperti dai caschi, e lì, in gruppi, sarebbero entrati nelle celle prendendo i detenuti a schiaffi, calci, pugni e colpi di manganello. Altri detenuti sarebbero invece stati fatti uscire dalle celle e denudati per delle perquisizioni. Una volta spogliati sarebbero stati insultati e pestati”.

Inizialmente erano stati iscritti nel registro degli indagati per i pestaggi 44 agenti.

Di oggi le misure cautelari che hanno coinvolto anche il Provveditore alle carceri della Campania e l’ex-comandante della custodia del carcere campano.

La vicenda più tragica e terribile correlata al ciclo di rivolte carcerarie della primavera 2020, le più grosse rivolte di massa nelle carceri dagli anni Settanta, è quella del carcere di Modena dove ben 8 detenuti hanno perso la vita.

Proprio a metà giungo di quest’anno è arrivata la decisione del Gip di Modena di archiviare l’inchiesta su quella vicenda nonostante dubbi e pagine oscure. Il tutto in una assoluzione generalizzata delle custodia con le responsabilità che sarebbero state solo dei detenuti.

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