Un paese al contrario – Uno dei condannati per la Diaz nominato ai vertici della DIA
Gilberto Caldarozzi, condannato in via definitiva nel 2012 a 3 anni e 8 mesi per i falsi verbali che coprirono il massacro della Diaz, da qualche settimana è stato nominato vice-direttore tecnico operativo della Direzione Investigativa Antimafia.
Scrivevamo qualche giorno fa, in relazione alla vicenda dell’esposizione del volto di Federico Aldrovandi su alcuni striscioni allo stadio considerata “provocazione alle Forze dell’Ordine” dal giudice sportivo, che l’Italia è spesso e volentieri un paese al contrario.
Nelle ultime ore (se mai ce ne fosse stato bisogno!) abbiamo avuto una nuova, autorevole conferma a questa teoria con la notizia della promozione di Gilberto Caldarozzi a numero due della DIA.
Diffusa per la prima volta a Settembre dal “Sole 24 ore” e rimasta sottotraccia, la notizia è stata da poco ripresa da Repubblica e da altri media mainstream.
La notte del 21 Luglio 2001, dopo due giorni di scontri e feroce repressione di piazza, di fronte all’accusa neanche troppo velata da parte di alcuni ambienti politici (Alleanza Nazionale in primis), di “aver fatto pochi arresti”, le strutture poliziesche italiane misero in campo l’ormai famigerata operazione alla scuola Diaz di Genova, utilizzata in quei giorni come dormitorio (uno dei tanti) dal Genoa Social Forum. L’irruzione, condotta dagli uomini del VII Nucleo Sperimentale guidato da Vincenzo Canterini, si trasformò in un massacro causando decine e decine di feriti, alcuni dei quali gravissimi.
Di fronte al disastro, il giorno dopo, le Forze dell’Ordine organizzarono in fretta e furia una surreale conferenza stampa (molti di noi la ricordano ancora molto nitidamente) alla Questura di Genova dove ai giornalisti non fu consentito fare domande, in cui, oltre a mostrare il presunto “arsenale” sequestrato alla Diaz si sosteneva la tesi che la scuola fosse diventato il quartier generale del Black Bloc.
Questa tesi fantascientifica durò pochissimi giorni. Poi, durante i processi, si scoprì che le prove esibite erano state in gran parte trafugate da un vicino cantiere o portare intenzionalmente da fuori all’interno della scuola come le due bottiglie molotov mostrate trionfalmente in conferenza stampa.
All’epoca Gilberto Caldarozzi era a capo del Servizio Centrale di Polizia, lo SCO e secondo in ordine gerarchico presente a Genova dopo Francesco Gratteri (anche lui condannato in via definitiva).
Il processo per i fatti della Diaz fu lungo e controverso e andò a sentenza definitiva il 5 Luglio 2012 con le condanne per falso contro i vertici della Polizia per i falsi verbali che coprirono la mattanza. Prescritte invece le pene per le violenze vere e proprie.
La condanna prevedeva anche l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. 5 anni scaduti proprio in questo 2017.
In occasione dell’anniversario dei fatti del G8 del 2017 il capo della Polizia Gabrielli sostenne che quell’episodio: “fu semplicemente una catastrofe” e che “se io fossi stato Gianni De Gennaro mi sarei assunto le mie responsabilità senza se e senza ma. Mi sarei dimesso. Per il bene della Polizia”. Qualcuno guardò a queste affermazioni con speranza, qualcuno le vide come una dichiarazione rivolta soprattutto verso l’interno e cioè al corpo e qualcun’altro alzò le spalle dicendo: “Sono solo parole”. Parole appunto.
Se il garantismo vuole che una persona non debba scontare in eterno la sua condanna, decenza vorrebbe che però chi è stato condannato come carnefice quantomeno non torni a ricoprire lo stesso ruolo quando poi, tra i manifestanti condannati a pene allucinanti per i fatti di quei giorni, c’è ancora chi sta scontando…
Ma l’Italia, si sa, è il paese al contrario dove “vale più una vetrina rotta che una vita spezzata”.
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