La crisi dei valori e l’incapacità politica: la Camusso è una faccia da Tav.

L’Italia è un paese davvero strano, e negli anni 2000 lo è ancora di più.
50 anni fa regnavano le ideologie,che, nonostante a volte si trasformassero in demagogia,  per lo meno offrivano la possibilità di sentirsi rappresentati, almeno in parte, da una forza istituzionale.
Certo, il partito non ha mai davvero portato fino in fondo le istanze che il movimento rivendicava in piazza, ma le persone, anche quelle che non avevano un’intensa vita politica, sapevano da che parte stare e chi scegliere.

L’arrivo di Craxi stravolse il sistema di valori su cui si basava l’agire politico.

Iniziò il culto della persona che soppiantò l’importanza dell’ideologia. Ci fu di fatto uno sgretolamento effettivo dei valori della socialità e un’affermazione ostinata dell’ individualismo.
Erano gli anni in cui gli ideali vennero sostituiti dalle mode nel processo di auto – identificazione e riconoscimento. L’aggregazione giovanile non si basava più sulle idee ma sull’ “ultimo grido” del mercato libero.

Al Craxismo successe la sua naturale prosecuzione: il Berlusconismo.

Il culto della persona e del personaggio hanno toccato così l’estremo e si è di fatto creata una confusione di idee, valori e principi che è solo l’inizio del caos che regna oggi. Berlusconi manager capitalista, Berlusconi papà e nonno modello, Berlusconi “l’uomo che s’è fatto da solo”, Berlusconi l’operaio, Berlusconi il burlone sipmaticone, Berlusconi, il macho a cui piacciono le donne, e la discesa, Berlusconi corrotto, mafioso, e quel che l’Italia ha ritenuto “il peggio”, Berlusconi puttaniere.
Con il berlusconismo si è arrivati ad un punto buio. La parabola discendente, partita in un tempo in cui scegliere certi valori di vita distingueva una persona da un’altra che ne adottava di differenti, porta oggi ad un contesto in cui coloro che dovrebbero rappresentare certe idee, in parte le “tue” idee, esprimono delle opinioni che lasciano quantomeno disarmati se non fosse per la pericolosa superficialità che esprimono.

Susanno Camusso è oggi la rappresentante emblematica di questo processo di banalizzazione che porta “il personaggio” a delegare la propria funzione politica al nulla, alla mancanza totale di riferimenti, di ideali a cui ambire, di posizioni chiare da adottare: la Cgil è si Tav. Le dichiarazioni della segretaria appaiono come l’ennesimo slogan istituzionale contro i No Tav, e vanno intese in quel moto di opinioni senza fondamenta, di menzogne date ai cittadini per seminare l’illusione di trovarsi di fronte a quello che Bersani ha chiamato un processo decisionale democratico, ma che in realtà altro non è che un’imposizione dall’alto, l’ennesimo trucco tutto italiano per rubare i soldi pubblici e portarseli a casa. E tutto sotto i riflettori.

Non si spiegherebbe altrimenti, come sottolinea il segretario della Fiom, dato che nessuna delle comunità interessate alla grande opera è stata ufficialmente interpellata. La democrazia di Bersani è costruita da lobbies e poteri forti. Grande assente il popolo, che si trova a combattere battaglie legittime senza avere sponde istituzionali a cui fare affidamento.

La natura della democrazia è cambiata, o meglio la democrazia è diventata contenitore vuoto di giustificazioni imbarazzate ed imbarazzanti, così lontana dalla vita delle persone, così smostrata nel suo nuovo trucco tutto pecuniario.

Ci si trova davanti a un muro. Un muro che mattone dopo mattone tenta di diventare impenetrabile nella speranza di poter bloccare il passaggio di chi vuole cambiarne il colore o modificarne la forma, di chi vuole creare una porta che lo attraversi e lo modifichi, fino a farlo diventare accessibile, compenetrabile, “a misura di persona”. Oggi le persone sono escluse da qualsiasi iter decisionale.
Non solo la Val Susa, ma il lavoro, la riforma del lavoro che oggi soffia sul fuoco e propone l’eliminazione del reintegro obbligatorio in caso di licenziamenti di tipo economico.

Una riforma che la Camusso non combatte a fianco dei lavoratori, una riforma che verrà fatta passare facendo leva sul nuovo clima istituzionale in cui tutto “si deve” fare per mandato finanziario e niente si deve spiegare, in cui tutto è già deciso e nulla è democratico.Tra articolo 18 e una politica non chiara sugli ammortizzatori sociali, quello di cui si può stare certi è che il prezzo, in un modo o nell’altro, lo pagheremo noi.

Rimangono comunque dei quesiti, quelli che nel caos più totale che viviamo dovrebbero aiutarci ad avere un orientamento.

Come mai tutte le forze che han deciso, sebbene in ritardo, di portare la bandiera dell’importanza della tutela dei beni comuni quando si parlava di privatizzazione dell’acqua ora girano le spalle al territorio, primo tra i beni da preservare?

Come mai non c’è una fermezza incontrastata sulla riforma del lavoro da parte della Cgil? Come mai la Cgil stenta a portare avanti le lotte dei lavoratori?

Una premessa da cui partire è il sistema unico attualmente vigente, una griglia che dall’annullamento dei valori iniziato negli anni ’80 e cristallizzatosi nei 20 anni di governo Berlusconi, ora agisce facendo tesoro del vuoto politico che si è creato e permette di realizzare opere e riforme quanto mai impopolari, ma attuabili grazie all’imbarbarimento delle menti, delle speranze, degli ideali.

Grazie a questo contesto la classe dirigente odierna riesce, mattone dopo mattone, a costruire quel muro che non deve dare spiegazioni perché tutto viene ricondotto all’ emergenza ed alla necessità.Davanti a queste pareti ci si aspetterebbe di trovare grandi personaggi a cui fare riferimento ed a cui affidare le proprie istanze e principi. La segretaria del sindacato più potente d’Italia, difensora dei lavoratori e delle lavoratrici, detentrice di un potere non indifferente, potrebbe essere una di queste persone.

Peccato che invece di prendere sul serio le rivendicazione degli abitanti e lavoratori della valle preferisca prendere in giro chiunque e dare vaghe risposte di consenso al tav chiamando in causa l’effimera ragione dei “nuovi posti di lavoro”.
Peccato che invece di prendere coscienza che c’è l’occasione per buttare giù quel muro e aprire un vero tavolo con le lotte che attraversano l’Italia, preferisca avvallare i poteri forti e le loro inesistenti ragioni.
Peccato che non appoggi una lotta che parla di vita e posti di lavoro reali che già esistono e che verranno eliminati.
Peccato che non si possa più fare riferimento a nessuno, e che le lotte che parlano di esistenza siano condotte senza l’appoggio della politica istituzionale.
I politici hanno scelto di non scegliere, ossia di non fare politica, convinti che la situazione di emergenza perenne li aiuti a poter di fatto non affrontare le questione e lasciare lo scettro alla finanza e ai propri interessi.

Tutto ciò non era per asserire che dalla Camusso ci si aspetti qualcosa.

Non possiamo però tralasciare il fatto che coloro che dovrebbero rappresentare il giusto inteso come equo si stanno sottraendo così come tutti al confronto con la società per l’avvio di un reale sviluppo, partendo dalla base.

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