Genova, il G8 e quell’anno che cambiò il mondo
17 anni fa la brutale repressione al G8 di Genova e l’omicidio di Carlo Giuliani.
George W. Bush, Vladimir Putin, Tony Blair, Jacques Chirac, Gerhard Schroder, Junichiro Koizumi, Jean Chretien e l’immancabile Silvio Berlusconi. Questa la lista dei capi di stato che parteciparono al 27° Summit degli 8 grandi tenutosi a Genova il 21 e il 22 Luglio 2001.
A quasi vent’anni da quel vertice, il più contestato della storia, le parabole dei vari governanti presenti in quei giorni infuocati hanno percorso ognuna la propria strada con esiti molto diversi.
Se Putin, che all’epoca era al governo in Russia da pochissimo tempo, ha costruito un vero e proprio sistema di potere capace di mescolare autoritarismo, paternalismo e nazionalismo come da tradizione russa riportando il suo paese a sfidare l’egemonia americana, altri leader sono caduti nel dimenticatoio. Se George Bush jr. all’epoca appena eletto Presidente degli Stati Uniti in una contestatissima elezione passerà alla storia per la disastrosa invasione dell’Iraq e per la destabilizzazione dell’intero Medioriente che n’è seguita, Gerhard Schroder, ultimo leader socialdemocratico della potente Germania prima dell’era-Merkel, dopo esser stato apripista nel suo paese delle famose “riforme” che poi sono state imposte al resto d’Europa è diventato un prestigioso uomo d’affari in contatto proprio con i Russi. Se Tony Blair, che tante speranze aveva generato nel suo paese scalzando i Conservatori dal potere dopo quasi 20 anni di governo, resterà nella storia come l’inventore e propugnatore della fantomatica (e assai nefasta…) “Terza Via” capace di assoggettare le sinistre europee ai dogmi neo-liberisti e come uno dei maggiori responsabili dell’utilizzo delle false prove per giustificare l’invasione e la devastazione dell’Iraq nel 2003, Chirac, dopo aver sconfitto l’ondata lepenista nel 2002 con una vera e propria unione repubblicana, assisterà alla rivolta delle banlieu del 2005 e a quella giovanile del 2006 lanciando al potere Sarkozy e lasciando un paese frammentato e diviso. Rimane Silvio Berlusconi, all’epoca reduce da una potente vittoria elettorale e attore principale della scena italiana per molti altri anni…ora condannato a un lento, ma inesorabile declino che ha portato alle luci della ribalta e al potere la nuova leadership del leghista Matteo Salvini.
Il mondo del 2001 era un mondo molto diverso da quello attuale.
Si veniva dalla sbornia dei successi della new-economy informatica e, le varie leadership europee di sinistra degli anni ’90 dopo aver messo in soffitta conflitto di classe, falce e martello…ma anche solo sincere prospettive socialdemocratiche, ripetevano senza interruzioni i nuovi dogmi. Cercavano di convincerci che il libero mercato e la globalizzazione ci avrebbero accompagnati verso un futuro di benessere e libertà, che il welfare e i diritti del lavoro erano un orpello novecentesco e che la flessibilità (già…all’epoca la precarietà veniva ancora chiamata flessibilità…oggi nessuno si sognerebbe anche solo di pronunciare una parola del genere) era una grande opportunità per una vita avventurosa e dinamica. Ad essere sinceri…anche a destra, tra quelli che oggi reclamano la chiusura delle frontiere e dei mercati e il ritorno alla sovranità erano in tanti a tessere le lodi del libero mercato…
Nel 2001 usavamo ancora le lire. L’euro sarebbe diventato moneta comune solo l’anno successivo. E gli Italiani erano senza dubbio i più europeisti tra i popoli del continente, tanto che Prodi era riuscito nel miracolo di imporre una tassa, l’eurotassa, che ci avrebbe portato nell’euro e che era stata accettata tutto sommato di buon grado…cosa miracolosa per un paese di evasori incalliti come il nostro!
Nel 2001 c’era però anche chi sosteneva, e non eravamo pochi, che la globalizzazione non era esente da rischi e che il dogma neo-liberista era mortifero e dannoso. All’epoca si veniva additati come pericolose Cassandre…a vedere come sono andati i fatti si può dire che la ragione stesse dalla nostra parte. L’unico, fondamentale errore di allora sta nel fatto che in molti pensavamo che la globalizzazione avrebbe martoriato per l’ennesima volta i paesi più poveri. Anche questo è successo. Ma la grande vittima della globalizzazione neo-liberista sono stati i poveri e i lavoratori dell’Occidente opulento.
La rivolta contro la “nuova religione” neo-liberista era esplosa inaspettata e fragorosa a Seattle (nel ventre della bestia) nel Novembre 1999 durante un vertice del WTO (World Trade Organization) per estendersi velocemente al resto del mondo.
Non c’era un singolo vertice dei potenti che non venisse duramente contestato. Da Davos a Washington, da Quebec City e Praga. La contestazione era arrivata anche in Italia nel 2000 con le manifestazioni di Genova contro la Fiera delle Biotecnologie e a Bologna contro il vertice dell’OSCE.
Che il vertice del G8 di Genova non sarebbe stato una passeggiata lo si era capito nel Marzo del 2001 quando le mobilitazioni contro il Global Forum a Napoli erano state duramente represse lasciando presagire quale sarebbe potuto essere lo scenario repressivo da lì a qualche mese (ricordiamo che durante il Global Forum al governo c’erano ancora Amato e il centro-sinistra…). Proprio in coincidenza con le giornate di Napoli i media mainstream avevano cambiato il nome del movimento e da “Popolo di Seattle” si era passati a “Movimento No-Global”.
La situazione era diventata ancora più cupa a Giugno quando, durante le contestazione al vertice dell’Unione Europea a Goteborg in Svezia, per la prima volta la Polizia aveva fatto ricorso alle armi da fuoco ferendo gravemente un giovane dimostrante.
Da lì l’inizio di una forsennata campagna di terrorismo e criminalizzazione che annunciava per le giornate di Luglio a Genova una situazione apocalittica. Il tutto condito da continue veline dei servizi segreti e articoli sensazionalistici sulla stampa.
Questo però non aveva demoralizzato il Genoa Social Forum, il cartello capace di tenere insieme ben 1.187 soggetti politici, sociali e associativi i più diversi l’uno dall’altro. A 17 anni dai fatti fa impressione andare a leggere l’elenco dei firmatari del “Patto di Lavoro” del Social Forum sia per l’ampiezza della rappresentanza sociale che portava in piazza che per la ricchezza e diversità di posizioni. Si andava dall’ARCI alla FIOM, dai centri sociali a Pax Christi, da Mani Tese a Rifondazione Comunista, dalla Sinistra Giovanile (e addirittura da alcune coraggiose sezioni dei DS) ai sindacati di base più combattivi passando per decine di associazioni e così via. Un fronte ampio e composito, mai più ricostituitosi, che dopo aver retto in qualche modo la repressione del G8, nei due anni seguenti sarebbe stato capace di portare in piazza milioni di persone nelle battaglie sociali come quella per la difesa dell’articolo 18 e in quelle di opposizione alla “guerra globale al terrorismo” voluta da Bush e soci. Mobilitazioni che hanno lasciato intravedere quello che avrebbe potuto essere e non è stato.
Arriviamo alle giornate del Luglio 2001.
La zona del vertice viene blindata da una vera e propria Zona Rossa. Schierati a sua difesa quasi 20.000 uomini di tutti gli apparati repressivi dello Stato. Uno schieramento mai più rivisto da allora. Schierati con nuovi mezzi e nuove divise. Aggressivi ed arroganti. Pronti a ribadire le ragioni e la forza dei potenti.
Le mobilitazioni erano iniziate il 19 Luglio con il corteo dei migranti. Anche in quello si era capito come il tema delle migrazioni sarebbe stato fondamentale negli anni successivi. In città avevano sfilato 50.000 persone.
Il 20 Luglio era la giornata delle tante piazza diffuse sul territorio, ognuna con la sua pratica di lotta, ma unite nel tentativo di contestare il vertice.
Sin dalla mattina si era capito quali fossero le intenzioni degli uomini in divisa (e di chi li comandava politicamente).
Cariche indiscriminate e sistematiche a TUTTE le piazze.
Caricata Piazza Paolo Da Novi, caricata Via Tolemaide, caricata Piazza Dante, caricata Piazza Manin…
Gli scontri più duri scoppiavano dopo la carica immotivata portata da un reparto del Battaglione Lombardia dei Carabinieri al corteo della Disobbedienza che, forte di 20.000 persone, scendeva verso la Zona Rossa per Via Tolemaide. Una carica immotivata in un tratto di corteo ancora autorizzato che avrebbe condotto a ore di scontri che sarebbero culminati alle 17,27 in Piazza Alimonda con l’omicidio di Carlo Giuliani per mano dei Carabinieri.
La repressione non aveva scoraggiato la mobilitazione e sabato 21 Luglio più di 300.000 persone sarebbero sfilate a Genova subendo violente cariche e una durissima caccia all’uomo che avrebbe spezzato il corteo internazionale in zona Foce.
La giornata non era finita e quello che accadde quella notte è ormai storia.
L’irruzione e il massacro alla scuola Diaz giustificata dagli alti gradi delle Forze dell’Ordine italiane perché sarebbe stato il fantomatico quartier generale del Black Bloc… Le torture di Bolzaneto. Il numero incredibile di fermati e arrestati (240 e 184) di gran lunga superiore a quello delle giornate insurrezionali del Marzo ’77. I 6.000 e più lacrimogeni sparati in poco più di 24 ore. E così via.
Poi, negli anni successivi, si misero in moto i Tribunali…col risultato, abbastanza scontato, che alcuni manifestanti scelti come capri espiatori per quelle giornate furono condannati a pene spropositate applicando l’ormai famigerato articolo 419 del Codice Penale “Devastazione e saccheggio” e gli appartenenti alle Forze dell’Ordine, pur venendo condannati per la Diaz e Bolzaneto, godettero di una sostanziale impunità. Dei manifestanti condannati due, a quasi vent’anni dai fatti, sono ancora in carcere e per loro, che stanno pagando per tutti, servono ancora fondi.
Il G8 divise profondamente la società italiana spaccandola in due e riaccendendo ancora oggi, quando se ne parla, durissimi dibattiti. Quei dibattiti ci svelarono una parte consistente di popolazione più preoccupata per le vetrine che per le torture e il massacro di vite umane mostrando, forse per la prima volta dopo anni, un sentire comune che oggi è quello dominante di chi ironizza sui migranti morti in mare e se non ironizza dice “colpa loro” e se non li incolpa alza le spalle.
Dicevamo che il mondo è molto cambiato in questi 17 anni.
53 giorni dopo il G8, l’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York ci portava diritti allo scenario della guerra globale permanente.
Il crack finanziario del 2008 ci portava invece allo scenario della crisi globale permanente.
Crisi e guerra dunque. Un’abbinata infernale.
Le politiche di austerità hanno fatto il resto aprendo la strada all’attuale ondata sovranista e xenofoba.
Nonostante tutto rimane una parte di popolazione, in questo momento dispersa e impotente, irriducibilmente nemica della dittatura neo-liberista e delle spinte sovraniste e nazionaliste.
A loro è dedicato questo ricordo.
E a Carlo.
Due racconti sul G8 di Genova del Luglio 2001
“A piazza Carlo Giuliani, ragazzo” di Rosario Dello Iacovo
“Dire Genova vuol dire ferite profondo” di Fede
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