Imminente via libera Usa all’annessione della Cisgiordania
L’annessione unilaterale a Israele di una buona porzione della Cisgiordania distruggerà, tra le altre cose, il trattato di pace israelo-giordano del 1994 e minerà le fondamenta del regno hashemita? La possibilità è concreta, spiega l’ammiraglio in pensione Ami Ayalon, ex capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza, che assieme ad altri 220 ex alti ufficiali delle forze armate israeliane ha avviato una campagna contro l’annessione prevista dal piano dell’Amministrazione Trump concepito per assegnare a Israele gran parte dei Territori del 1967 e negare uno Stato sovrano ai palestinesi. «L’annessione danneggerà la stabilità in Medio Oriente» avverte Ayalon. «Il trattato di pace con l’Egitto e quello con la Giordania sono i due cardini della nostra politica (regionale) e della nostra sicurezza negli ultimi 30 o 40 anni», aggiunge alludendo a rischi anche per Israele. Ma Benyamin Netanyahu non ha i dubbi di Ayalon. La partita con i palestinesi, pensa il premier, è ormai vinta grazie ai colpi inferti dagli Stati uniti al diritto internazionale. E la Giordania, ne è convinto, si adeguerà.
Netanyahu, pronto ad assumere la guida del governo in via di formazione, grazie al via libera ricevuto dal suo ex avversario irriducibile Benny Gantz, non bada alle condanne al progetto di annessione. Dei palestinesi e quelle, ribadite ad ogni occasione, dalla Giordania. Stretta alleata di Israele nelle questioni di sicurezza, Amman ha bocciato il piano Trump e insiste per la nascita di uno Stato palestinese sovrano, garanzia per la sua stabilità. La popolazione della Giordania è in buona parte di origine palestinese e re Abdallah sa che a Washington e Tel Aviv qualcuno sta rispolverando la vecchia «Opzione giordana»: il regno hashemita come Stato palestinese in modo che Israele possa conservare il controllo di tutta la Palestina storica. Ad Amman perciò sono in allerta da quando, lo scorso 28 gennaio, Trump ha annunciato il suo piano, l’Accordo del secolo.
I media israeliani riferiscono che dal Dipartimento di Stato fanno sapere che gli Stati uniti sono pronti a riconoscere l’annessione a Israele della Valle del Giordano e delle parti di Cisgiordania dove sono situate le circa 150 colonie ebraiche costruite dopo il 1967 in violazione del diritto internazionale. «Abbiamo già chiarito che siamo pronti a riconoscere l’estensione della sovranità israeliana e l’applicazione della legge israeliana alle aree della Cisgiordania che (il piano Trump) indica come parte dello Stato di Israele», spiega un funzionario americano citato dal Times of Israel. E una settimana fa il segretario di Stato Mike Pompeo aveva affermato che l’annessione è solo «una decisione di Israele, noi lavoreremo a stretto contatto con gli israeliani per condividere con loro le nostre opinioni». Quindi Netanyahu si è detto fiducioso di ottenere al più presto dagli Usa la luce verde ufficiale per l’annessione.
Il 1 luglio è la data che con ogni probabilità Netanyahu sceglierà per avviare alla Knesset l’iter legislativo per «l’estensione della sovranità» di Israele. Intanto in casa i suoi guai politici e giudiziari si stanno risolvendo. Certo, tra un mese, dovrà presentarsi in tribunale per rispondere delle accuse di corruzione, frode e abuso di potere. Ma i tempi del processo si prevedono molto lunghi e nel frattempo godrà dell’appoggio di Gantz. Ieri Blu Bianco, il partito del suo nuovo alleato, ha chiesto alla Corte Suprema di respingere le sette petizioni presentate da varie organizzazioni contro Netanyahu premier. Blu Bianco appena qualche settimana fa ripeteva che Israele non può essere guidato da un primo ministro «corrotto e nemico della democrazia». Ora ritiene che le «circostanze speciali di profonda crisi politica, economica e sanitaria (coronavirus) impongono la formazione di un governo di emergenza» con a capo l’uomo che Gantz descriveva come l’incarnazione del male.
di Michele Giorgio
da il Manifesto del 30 aprile 2020
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