Proposte di coprifuoco, ressa sui mezzi e code per i tamponi – Vicini a nuovi lockdown?
Di ieri la notizia che la Lombardia ha chiesto il coprifuoco dalle 23 alle 5 al Governo centrale.
Qualcuno ricorda la figura mitologica di Cassandra? Durante la guerra di Troia rivelò a tutti che il celebre cavallo di legno portato all’interno della città conteneva i soldati greci. Non fu ascoltata e le conseguenze sono note a tutti: Troia rasa al suolo e i suoi abitanti sterminati.
Ebbene, la storia, in questi mesi, è sembrata ripetersi. Chi durante l’estate ci metteva in guardia da una possibile seconda ondata di contagi da Covid-19 per ottobre e da un certo livello di impreparazione e sottovalutazione, nonostante la drammatica esperienza di marzo e aprile, veniva additato come menagramo, apostrofato con alzate di spalle, sorrisetti, occhi al cielo e sbuffi.
Noi di MiM, già ad agosto scrivevamo come la gestione dei tamponi e della tracciatura, qui in Lombardia, lasciasse molto a desiderare e come le varie discussioni su discotecari, vacanzieri e migranti nuovi untori lasciassero un po’ il tempo che trovavano distraendoci dai veri problemi.
Da fine settembre la situazione ha iniziato a farsi preoccupante con un aumento costante e sempre più sostenuto di infettati (tantissimi asintomatici, capaci quanto gli altri, è bene ricordarlo, di trasmettere la malattia) e ricoverati. Nell’ultima settimana, il ritmo di avanzata del Covid è diventato serratissimo. Del resto, bastava guardare cosa stava succedendo attorno a noi nel resto d’Europa per capire che il ciclone sarebbe tornato anche nel nostro Paese. In qualche modo, si era invertito lo scenario di marzo. Se allora era l’Italia a trovarsi in ginocchio mentre gli altri Paesi, Gran Bretagna in primis, ci osservava con aria di supponenza e superiorità, ora le posizioni si sono invertite. Come a dire che gli errori del passato non insegnano nulla. Ma, del resto, la negazione è uno dei più grandi strumenti di difesa dell’essere umano…
Nell’ultima settimana sono morte a causa del Covid-19 450 persone. E basta guardare i grafici per rendersi conto di come tutti gli indicatori siano in costante impennata.
Certo, negli ultimi mesi i posti di terapia intensiva sono aumentati sensibilmente. Sono state fatte nuove assunzioni (a tempo determinato, per non rischiare troppo…). Ma quello è l’ultimo anello di una catena che si sta dimostrando debole in altri elementi fondamentali. Quelli della prevenzione, del tracciamento e della territorialità.
Non è necessario Crisanti per capire che il sistema della tracciatura sta collassando. Basta essersi messi in coda in questi giorni per il tampone. Code sempre più lunghe. Di ore e ore, documentate anche da MiM. Con gente inferocita, liti frequenti e personale medico sottoposto a uno stress gigantesco.
La medicina territoriale (con l’assistenza diffusa e casa per casa), la vera barricata che avrebbe potuto contenere l’infezione, versa nello stessa, drammatica, condizione di questa primavera. Nessuna seria discussione è stata messa in cantiere sulla sanità lombarda, i cui due limiti principali sono una forsennata ospedalizzazione e la commistione tossica tra pubblico e privato.
In una situazione del genere, stendendo un velo pietoso sulla destra che continua a dire tutto e il contrario di tutto, i vari medici ottimisti hanno iniziato a balbettare e riposizionarsi in quello sport di cui gli italiani sono indiscussi campioni, il cambio volante della barricata.
Lo stesso Governo Conte non sa che pesci pigliare, e con l’ultimo DPCM di ieri che decide di non decidere. Ma potrebbe anche trattarsi di una strategia studiata a tavolino con un doppio scopo: convincere progressivamente gli italiani dell’inevitabilità di nuovi lockdown (“Noi abbiamo fatto il possibile e l’impossibile, ma lo vedete, la situazione è tragica!”) e demandare alle amministrazioni locali, in primis le regioni del Nord governate dalla Lega con le quali negli ultimi mesi è stato uno stillicidio di tensioni, l’onere di richiedere interventi più duri e impopolari.
In tutto questo, noi comuni mortali veniamo costantemente bombardati da informazioni contraddittorie. Come sempre, il primo aspetto della nostra esistenza che sarà sacrificato sarà la vita sociale, il tempo libero. Di fermare la produzione di profitti neanche a parlarne. Sono lì a testimoniarlo le scene impietose del trasporto locale nelle ore di punta, con le persone ammassate come su carri bestiame.
In qualche modo siamo tutti posti di fronte alla sciagurata scelta che devono compiere quotidianamente gli operai dell’Ilva di Taranto: salvaguardare la salute o il posto di lavoro? Sì, perché è evidente a tutti che un nuovo lockdown, senza un adeguato sostegno economico, sarebbe un colpo mortale per tantissimi posti di lavoro e piccole attività. E altrettanto evidente sembra essere la totale mancanza di volontà di prendere in considerazione un cambiamento del paradigma fondante della nostra società (il profitto a ogni costo), che si è dimostrata assolutamente non all’altezza di gestire la nuova sfida rappresentata dal virus.
Nel frattempo assistiamo al precipitare della situazione.
Aspettando un Godot che non arriverà.
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