“Senza respiro” – Un altra sanità è possibile?

Dopo il libro di Francesca Nava “Il focolaio” (Laterza), recensiamo un secondo volume a tema pandemia e sulla sua gestione. Si tratta di “Senza respiro” (Altreconomia) di Vittorio Agnoletto.

Il libro fa il suo ingresso nelle librerie a ottobre 2020 (con un ottimo riscontro di vendite), proprio nel momento in cui l’ottimismo estivo, pompato da tante “star della pandemia” poi scomparse dall’arena mediatica, in meno di un mese sta venendo spazzato via e l’Italia è travolta dalla seconda ondata. Giova ricordare che, al 31 ottobre 2020, i morti ufficiali per Covid erano 38.618.

A gennaio 2021 il Regno Unito ha già superato i 100.000 decessi e, se continua con questo ritmo, l’Italia (arrivata ieri a 88.516 morti) raggiungerà questa quota simbolicamente catastrofica in relativamente poco tempo.

L’opera di Agnoletto ha più di un punto in comune con il libro di Francesca Nava. Contiene infatti alcuni dati e vicende che abbiamo tristemente imparato a conoscere, ma che giova ripetere in continuazione, visto che siamo un Paese dalla memoria corta.

Grazie anche alle testimonianze raccolte da “37e2”, la trasmissione sulla salute condotta dallo stesso Agnoletto su Radio Popolare, il libro ricostruisce nei dettagli e con dovizia di particolari alcuni dei punti salienti della prima ondata e della sua fallimentare gestione, specie in Lombardia.

I punti salenti sono:

  • l’improvvida decisione, presa il 27 gennaio 2020 dal Ministero della Salute, di restringere la definizione di “caso sospetto”. Per ricercare i casi di Covid, da quel giorno, si sarebbe dovuto indagare solo su chi avesse avuto contatti diretti o indiretti con la Cina. E solo violando il protocollo la dottoressa Malara di Codogno riuscirà a identificare il “paziente 1” il 20 febbraio;
  • il rimpallo di responsabilità tra Governo Conte e Regione Lombardia sulla decisione di attuare l’ormai “famigerata” zona rossa nella bergamasca (con relative pressioni da parte dei vari potentati economici). È dato per acclarato il dato che la Regione avrebbe potuto imporre la zona rossa di sua sponte, come altre Regioni hanno fatto in quel periodo;
  • il fatto che per arrivare a un lockdown totale (che poi non sarà mai totale, viste le mille deroghe consentite alle imprese) ci vorrà diverso tempo. Migliaia di persone continuano a lavorare e contagiarsi per giorni e giorni;
  • lo stato di totale abbandono in cui sono stati lasciati per troppo tempo i malati e i loro familiari (personale sanitario compreso);
  • la vera e propria strage avvenuta nelle Rsa, in particolare in quelle lombarde, con la sciagurata delibera regionale dell’8 marzo che sostanzialmente stabilisce che i pazienti degli ospedali possano essere trasferiti nelle Rsa. Questa scelta, in un momento in cui il tracciamento è di fatto impossibile, si dimostrerà un vero e proprio detonatore per la diffusione del virus nelle case di riposo;
  • come, anche in piena pandemia, gli interessi economici e la necessità di fare profitto per i privati non abbia fatto un passo indietro. Anzi.

La parte più interessante e nuova del libro è, a nostro parere, la seconda. In particolare, è presente un paragrafo importante dedicato al mondo dimenticato delle carceri, che ha il merito di contestualizzare le rivolte scoppiate a marzo senza inutili complottismi. Si riporta come la somma di paura per il contagio, impossibilità di mantenere il distanziamento sociale in strutture sovraffollate e limitazione dei colloqui con i familiari (uno degli aspetti che consente, insieme alla posta, ai detenuti di “sopravvivere”) abbia fatto scoppiare l’insofferenza che covava sotto la cenere da tempo.

Vi è poi una lunga ricognizione di come i Paesi europei hanno gestito l’emergenza, con alcuni elementi che balzano subito all’occhio e che citiamo in modo rapido. Si parla della vera e propria nazionalizzazione degli ospedali messa in atto da Spagna e Irlanda, di quanto la Germania spenda in sanità (molto) nonostante sia da sempre un paladino dell’ordoliberismo, di come in Francia, reduce da quello che “Le Monde” definiva “uno dei più importanti conflitti sociali negli ospedali degli ultimi anni”, sia stata proprio la mobilitazione “sociale” delle figure sanitarie a non far tracollare la situazione. Si analizza poi la scelta svedese di evitare il lockdown e il fatto che alcuni Paesi dell’Est, come l’Ungheria e la Polonia, abbiano approfittato dell’emergenza per dare una stretta alle libertà politiche. Sono infine descritti i tre modelli peggiori di gestione dell’epidemia: gli Stati Uniti di Trump, il Brasile di Bolsonaro e il Regno Unito di Johnson. Nei primi due sembra emergere chiaramente una correlazione tra condizione economica (“di classe”, si sarebbe detto un tempo) e possibilità di essere contagiati.

Nella parte finale del libro, dopo aver citato le frasi profetiche alcune delle tante Cassandre inascoltate tra cui David Quammen, che nel suo libro “Spillover” del 2012 aveva previsto il quadro attuale con grande lucidità, Agnoletto compie una vera e propria ricognizione su tutti i passaggi che hanno portato alla progressiva devastazione del Sistema Sanitario Nazionale messo in piedi con tanta fatica nel 1978 e smembrato, pezzo a pezzo, durante l’ubriacatura neoliberista degli ultimi 30 anni.

Si chiude con una riflessione su come le parole “profitto” e “merce” non abbiano nulla a che spartire con “salute” e sul fatto che, parafrasando uno slogan che andava di moda ai tempi del G8 di Genova, di cui proprio quest’anno cadrà il ventesimo anniversario, “Una sanità diversa è possibile”, anche se, con sincerità, presi come siamo dall’attesa quasi messianica dei primi effetti dei vari vaccini ci sembra che nessuno dei nodi emersi con la pandemia globale e che Agnoletto seziona con perizia sia stato ancora affrontato.


Per approfondire questi temi finali invitiamo a seguire il talk organizzato a novembre da Mutuo Soccorso Milano APS su “Dignità, cura e salute ai tempi del Covid” cui partecipò anche l’autore del libro.

 

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