Too big to fail – Quando la “mano visibile” dello Stato salvò la grande finanza

Una recensione del libro di Andrew Ross Sorkin che ci racconta la crisi finanziaria del 2008. Molto utile anche in tempi di battaglia per accaparrarsi le risorse stanziate per uscire dall’emergenza economica causata dal Covid.

Nella crisi del 2008, quando il peggio doveva ancora arrivare, qualcuno si affannava per sopravvivere al crollo imminente mentre pochi economisti come Nouriel Roubini e Robert Shiller avevano già pronosticato che tutte le impalcature finanziarie sarebbero finite male.

Quando il 15 marzo 2008, Timothy Geithner, presidente della Federal Reserve di New York, aveva deciso di erigere una barriera protettiva di 30 miliardi attorno alla pericolante banca d’affari Bear Stearns, molti commentatori e politici avevano pensato alla fine della crisi. Jamie Dimon, chairman e Ceo della JP Morgan Chase, con una tipica azione di soccorso finanziario aveva acquisito la Bear Stearns per pochi dollari ad azione.

Nel mese di luglio Fannie Mae e Freddie Mac, due colossi del credito ipotecario, avevano subito una forte discesa delle loro azioni e avevano bisogno di almeno 80 miliardi di nuovo capitale. Entrambe erano impaludate nel disastro dei mutui subprime e per sanare le loro difficoltà si ventilava già un intervento dello Stato.

Ben Bernanke, chairman della Federal Reserve, per alleviare la situazione critica dei mercati e delle banche aveva deciso di tagliare di mezzo punto il tasso di sconto. Intanto in una conferenza al Time Warner Center, David M. Einhorn co-fondatore di Greenlight Capital, metteva in luce i rischi in cui si trovava Lehman Brothers, insistendo sulla sua contabilità opaca. Nel secondo trimestre dell’anno le perdite della Lehman ammontavano a 2,8 miliardi di dollari. Merrill Lynch aveva calcolato perdite per quasi 8 miliardi ed American International Group aveva annunciato perdite fino a 5 miliardi.

Alcuni giornalisti cominciavano a scrivere di una probabile vendita di Lehman Brothers, altri scrivevano di un salvataggio da parte del governo come quello effettuato nei confronti dei due colossi Freddie Mae e Fannie Mac. In un susseguirsi di giornate tumultuose Bank of America riusciva ad acquisire Merrill Lynch mentre Lehman Brothers dichiarava fallimento. Il Dipartimento del Tesoro e la Federal Reserve avevano deciso di non intervenire in suo soccorso secondo il principio che non si doveva salvare una banca privata con i soldi pubblici.

Nel frattempo la situazione di Aig si era aggravata a tal punto da costringere il suo Ceo Robert Willumstad a pensare di ricorrere alle linee di garanzia supplementare prima di dichiarare la bancarotta. La società era diventata un rischio sistemico, e la sua caduta avrebbe comportato un terremoto su tutti i mercati finanziari. Timothy Geithner per restaurare la fiducia sui mercati meditava di giungere ad un accordo in sostegno di Aig. Veniva concessa una linea di credito di 85 miliardi di dollari, e con questo atto lo Stato entrava a far parte della proprietà.

La sfiducia aumentava tra le istituzioni finanziarie incrementando il caos dei mercati. Le azioni dei giganti di Wall Street stavano scendendo in picchiata. Henry Paulson, Segretario del Tesoro, si era convinto che fosse arrivato il momento di impedire il tracollo del sistema approvando così il progetto per l’acquizione degli asset tossici che ingolfavano le grandi banche.

Nel mese di ottobre 2008 il Senato e poi la Camera approvarono la proposta di Henry Paulson; un piano da 700 miliardi di dollari in aiuto ai mercati finanziari, Le misure forti e decisive consistevano anche nell’acquisto di 250 miliardi di titoli previlegiati di banche e istituzioni di risparmio. Le maggiori banche del paese vennero coinvolte in quello che appariva come una speciale nazionalizzazione. Così miliardi di dollari passavano da Washington a Wall Street.

Un libro prezioso per chi vuole conoscere il circolo di intrecci e conflitti, gli uomini ed i fatti che hanno agito sulla grande crisi finanziaria, che esplosa negli USA si è poi propagata nel resto del mondo. L’alta finanza dopo aver sempre invocato come un comandamento divino il libero mercato alla fine si rende conto di non poter fronteggiare la crisi con le sue sole forze. Prima del crollo finale ha invocato la salvezza del sistema finanziario affidandosi alla mano visibile dello Stato, ai soldi dei contribuenti.

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